Per carità – diceva – facciamoci sante, ma sante da paradiso, non da altare”. E ancora: “Oggi non voglio disporre proprio di niente, neanche di un ago e di un bicchier d’acqua”. Quella suora dorotea dalla testa storta, che passava per essere anche un po’baucheta, se non proprio un oco o – come diceva lei – ‘na pora grama, passava bianchissima in mezzo ad ogni dolore ed aveva scelto di andare per la “via dei carri”: vale a dire il sentiero spirituale più nascosto e appartato, rivela Antonio Chiades in Tutto è niente: vita di santa Maria Bertilla, edito da Gribaudi. 

“El tenta sior dotor”, diceva la religiosa veneta rivolta ad Antoniutti, il medico di guardia. Lei che veniva soprannominata “suor Comodino” (viene in mente il cardinal Camomilla con cui Testori appellava mons. Martini) ed era considerata a volte un intrigo, anche se non era di Rovigo. L’ostetrica Costa, bellunese di Taibon, restava come incantata davanti alla sua appartata bellezza, “al contrasto – scrive Chiades – fra gli abiti logori e un’interiorità che traspariva sempre nuovissima”.

La suora di Brendola andava, per la via dei carri, verso la semplicità della perfezione. 

 

Ruggero Morghen