Qualche mese fa, per ragioni di studio, ho svolto varie ricerche sulla situazione in cui riversa il Venezuela. Il paese, che fino agli anni 70’ era una tra le più floride nazioni dell’America Latina, fonte inesauribile di giacimenti petroliferi e paese di esodo per gente in cerca di fortuna da tutto il mondo, si trova oggi sull’orlo del baratro.

Per capire le ragioni profonde che hanno costretto oltre 5,4 milioni di persone a fuggire dal paese dal 2013 ad oggi, sono necessarie alcune precisazioni sociali, politiche ed economiche. In seguito alla morte di Chavez (presidente dal 98’, a capo del partito Socialista Unito del Venezuela, il quale portò avanti una linea marxista e dichiaratamente ostile al capitalismo), avvenuta nell’inverno del 2013, il paese cadde nelle mani del suo delfino Nicolas Maduro, da lui stesso designato come suo successore; egli si avvicina al Chavismo come militante alla Liga Socialista, nel 2000 viene eletto deputato all’Assemblea Nazionale e in cinque anni ne diventa il presidente.

Nel 2006, lascia l’incarico per mettersi alla guida del ministero degli Affari esteri. Nell’ottobre del 2012, dopo essere stato eletto per un quarto mandato, Chávez nomina Maduro vicepresidente esecutivo, indicandolo nel dicembre dello stesso anno suo successore designato. 

Già al suo secondo mandato( disposto fino al 2025), il criticato presidente ha fatto sprofondare il paese in una grave crisi economica, che si e’ tradotta in un incremento dei prezzi a ritmi preoccupanti, nel calo delle riserve valutarie - tanto da passare in un solo quinquennio da 30 a 8,5 miliardi di dollari, - oltre che nel tracollo delle quotazioni petrolifere. I prezzi massimi imposti dal regime disincentivano le imprese a produrre,mentre il petrolio fa entrare nel paese sempre meno dollari e le estrazioni intanto diminuiscono,come anche le esportazioni, ormai in larga parte destinate a soddisfare i creditori cinesi e russi e una dozzina di alleati di Petrocaribe, nonché a sussidiare i consumi domestici di carburante ed elettrici (in epoca chavista gli investimenti sono stati quasi nulli, dal momento che i proventi del petrolio venivano impiegati per finalità pubbliche). Intanto il cambio sul mercato nero collassa,sempre più distante da quello fisso ufficiale, i pochi beni prodotti e venduti registrano prezzi sempre più in crescita e la sfiducia verso la moneta spinge le famiglie a correre ad acquistare i pochi dollari offerti sul mercato nero a tassi penalizzanti.

Ecco che si inizia a delineare un quadro paese a dir poco agghiacciante: stremato da una crisi contemporaneamente sociale, politica ed economica, emigrare appare davvero l’unica soluzione possibile per cercare di sopravvivere.

Questo excursus dimostra come la crisi venezuelana sia una crisi senza classe sociale, una crisi che ha colpito il paese in modo verticale coinvolgendo tutti gli strati della popolazione di ogni classe e provenienza, permettendo perciò’ di essere definita una crisi umanitaria multidimensionale.

oggi, l’UNHCR e L’OIM contano che siano 5000 le persone che lasciano il Venezuela ogni giorno.

Il Presidente Maduro non ammette l’emergenza umanitaria, ed incolpa gli USA dei problemi economici del Venezuela a causa delle sanzioni impostagli per ripagare il debito pubblico, sanzioni che difficilmente potrà ripagare, trovandosi il paese in un buco nero paragonabile alla grande depressione e al crollo dell’unione sovietica.

Maduro tratta i suoi concittadini che fuggono dal paese come “traidores”, un atteggiamento che si palesa soprattutto in questo periodo di emergenza covid-19 in cui la Colombia sta mandando indietro moltissimi migranti per contenere i contagi; ad attenderli al varco delle frontiere sono pronti gruppi di militari fedeli al regime, pronti a condurli in centri d’isolamento adibiti allo svolgimento del periodo di quarantena, in condizioni inumane e degradanti, rendendo queste strutture dei focolai senza le adeguate attrezzature medico-sanitarie.

Riassumendo i push factors dell’esodo venezuelano, la lista inizia circa così: 

-iperinflazione del Bolivar con livelli che raggiungono il 2.000.000%; 

-disoccupazione dilagante (45%);

-87% popolazione in estrema povertà’(stipendio medio mensile 3 dollari);

-la caduta della produzione petrolifera in seguito alla nazionalizzazione di tutte le imprese;

-la scarsità’alimentare e medicinale, il collasso del sistema dell’acqua ed elettricità;

- l’autoritarismo crescente del regime, la paura dilagante, l’assenza totale di welfare sociale ed il continuo negazionismo di Maduro sullo stato del paese.

C’è stato un aumento dell'8.000 per cento del numero di venezuelani che chiedono lo status di rifugiato in tutto il mondo dal 2014, principalmente nelle Americhe; la maggior parte dei rifugiati e dei migranti venezuelani che arrivano nei paesi vicini (in primis Colombia, che per prossimità geografica ne ospita ben 1,7 milioni tutti recentemente legalizzati per un periodo di 10 anni dall’attuale Presidente Duque; Peru’, Ecuador,Brasile, Guyana, Chile,Argentina) sono famiglie con bambini, donne incinte, anziani e persone con disabilità. 

Spesso costretti a percorrere strade irregolari per raggirare i controlli lungo i punti d’accesso nel paese, possono cadere preda di contrabbandieri, trafficanti e gruppi armati irregolari. 

Poiché sempre più famiglie arrivano con sempre meno risorse, hanno bisogno immediato di documentazione, protezione, riparo, cibo e medicine. La maggior parte di loro ha venduto tutto ciò’ che aveva per poter affrontare il viaggio, ma i problemi seri iniziano proprio all’arrivo nel paese ospitante, complici la stigmatizzazione sociale cui il “diverso” e’ per antonomasia esposto, lo scontro con un mercato del lavoro ostile o respingente, l’insicurezza abitativa e lo scarso accesso ai diritti di base. 

Da questa totalizzante insicurezza scaturiscono situazioni di abuso e sfruttamento nei confronti del migrante venezuelano, soprattutto con riguardo a donne sole o con uno o più figli a carico, spesso costrette alla prostituzione per sopravvivere e dare da mangiare ai propri figli, ma inevitabilmente cadendo in reti criminali che le rendono vittime di una tratta dalla quale diventa difficile affrancarsi.

La piattaforma regionale R4V e’ stata disposta dietro richiesta del segretario Generale delle Nazioni Unite ad Unhcr ed Oim, al fine di affrontare le esigenze di protezione, assistenza ed integrazione di rifugiati e migranti dal Venezuela negli stati dell’America Latina e Caraibi colpiti dal flusso.

A livello paese la piattaforma viene replicata attraverso meccanismi di coordinamento locale, in stretta collaborazione coi governi ospitanti e numerosi attori privati e della società civile in coordinamento coi 41 membri istitutivi ufficiali della piattaforma( 17 agenzie Onu, 15 Ong, 5 Donors, 2 Istituzioni finanziarie internazionali, Croce Rossa Internazionale).

La pronta risposta da parte di un’istituzione come quella sopra citata, insieme al crescente interesse della comunità internazionale, possono rappresentare un barlume di speranza all’interno di una situazione tutt’ora critica che necessita interventi concreti e tempestivi. La posta in gioco e’ la vita di milioni di persone. 

 

                                                                                                                     Carlotta Biggi