Diviene sempre più interessante il dibattito apertosi attorno al (che fare?) che tanti amici hanno avanzato in questi frangenti nei quali grande interesse ma anche grande tormento sembra suscitare il fermento attorno ad una rinnovata identità centrista.

Registriamo oggi un prezioso intervento di Giorgio Merlo su “Il domani d’Italia”.

 

Eccone alcuni passaggi:”..

Ma è del tutto evidente che, seppur di fronte ad un quadro politico confuso, frastagliato e in  continua evoluzione, un “partito di centro” o una “politica di centro” che veda anche l’apporto  decisivo della “nostra” cultura popolare e cattolico sociale, non si intravede ancora all’orizzonte..E, malgrado ciò, molti amici continuano simpaticamente a riproporre le proprie sigle o ad  avanzarne di nuove come se nulla fosse. Pensando che così facendo, prima o poi tutti gli altri  confluiscano passivamente e silenziosamente nella propria. Come ovvio, si tratta di una pura  illusione se non di una vera e propria utopia,.. si dovrebbe cominciare a pensare ad una  “Assemblea Costituente” che sia in grado di aggregare le varie e molteplici esperienze  disseminate in tutta la periferia italiana e, soprattutto, di darle una veste politica ed organizzativa  seria e credibile. Una iniziativa che abbia un solo e grande obiettivo: superare la frammentazione e  la polverizzazione e gettare le premesse per ricostruire una presenza politica e culturale il più  possibile aggregante, laica e capace di porre fine a questa singolare e persino grottesca divisione  fra centinaia di sigle”.

Considerazioni che partono appunto dalla presa d’atto di una non più tollerabile frammentazione dell’area cattolica e popolare e di una perniciosa tendenza a esiziali superfetazioni personalistiche, a dir poco surreali.

Ma che trova la non condivisione dell’amico Bonalberti per il quale, invece, con immediata risposta su “Il Popolo“: ”..per non far fallire l’impresa.. sia indispensabile partire prima dal programma con cui ci si dovrà necessariamente confrontare..”

 Insomma una questione che si profila come un nodo gordiano che, come si legge in Treccani : “stringeva il giogo al timone del carro consacrato da Gordio a Zeus nel suo tempio, e che Alessandro Magno nel 334 a. C. troncò con un colpo di spada, ottenendo così il dominio dell’Asia, come prediceva l’oracolo a chi avesse saputo sciogliere quel nodo”, e che, fuor di metafora, mi consente di sottolineare “la difficoltà inestricabile per cui una questione non può essere risolta se non agendo con decisione ed energia”.

A ciò si aggiungano le delusioni per l'inerzia in cui sembra essersi adagiato il percorso  di ricomposizione della galassia DC avviato dalla Federazione dei democratici cristiani, costituita a questo scopo, lo scorso anno, nel centenario dell’Appello ai liberi e forti di Don Luigi Sturzo.

L’identica preoccupazione mi aveva indotto a lanciare un appello, in un mio articolo di gennaio scorso sul quotidiano on-line “Politicamente corretto” dal titolo “La Democrazia Cristiana non perda l’iniziativa: subito una conferenza per una nuova costituente di centro” affinché fosse la DC, rinata, a promuovere, senza indugio, appunto, una conferenza per una nuova “Costituente di centro” perché (avviasse) un serio processo di confronto e di aggregazione delle tante formazioni moderate,cattoliche e popolari nel paese, animate da quegli ideali e valori che si riconducono ancora al modello di sviluppo e di governo che fu della Democrazia cristiana nei suoi  cinquant’anni di vita politica.

“Un processo di ricomposizione, non più rinviabile, della galassia democristiana nella sua naturale collocazione,distinta e distante da ogni velleitarismo populista, sovranista, giustizialista e pauperista, sotto l’egida di quel simbolo e di quel nome, che riattivi,in piena continuità storica, un rinnovato percorso politico, nell’intento di recuperare tutte quelle potenzialità, tutti quei filoni, tradotti, taluni, in apprezzabili esperimenti, in questi anni, e quelle capacità di rappresentare i territori, i bisogni e le diverse  aspirazioni dei ceti sociali, di cui fu artefice fino ai primi anni ‘90”.

Sono convinto che anche l’amico Bonalberti convenga nel ritenere,a questo punto, compito ineludibile della DC guidare questo processo di ricomposizione se non vogliamo ritrovarci come il Senato di Roma durante l’assedio di Sagunto ad opera di Annibale, di cui ce ne da conto l’amaro commento di Tito Livio: “Dum Romae consulitur Saguntum expugnatur”.

 

Luigi Rapisarda