Passa il treno con la salma di De Gasperi. Guido Gonella ricorda così quel momento: “Le donne facevano il segno della croce, gli uomini si irrigidivano sull’attenti, o levavano il pugno chiuso o alzavano il braccio nel segno del saluto romano”. “È la grande famiglia degli italiani – commenta lo stesso Gonella – che saluta come sa, come può, come vuole”.

Ai gerarchi fascisti che lo interrogano a Vicenza nel 1926 De Gasperi ribatte che “vi sono diritti naturali che lo Stato non può conculcare” e che non può accettare il vigente disciplinamento (“come lo chiamano adesso”) della libertà. Nel suo saggio sul Centro germanico egli prospetta temi che interessano da vicino la situazione dei cattolici italiani. “Così solamente – confida De Gasperi – potevamo operare pubblicamente, scrivendo di storia e proiettando – all’indietro – negli anni lontani la nostra ansia e la nostra disperata speranza”. In lui – rileva Gonella – vi era una singolare capacità di sintesi storica ma della Storia d’Europa di Benedetto Croce egli scrisse che aveva “carattere nettamente anticattolico”. Maritain e Mounier, coi loro libri ed articoli, erano i filosofi prediletti nel gruppo. “Eravamo ben lieti – ricorda Gonella – di vedere tradotta da mons. Montini l’opera di Maritain sui Tre riformatori”.

Circa poi i Patti Lateranensi, ne erano soddisfatti quegli ambienti che non piacevano a De Gasperi: i suoi avversari politici e, nel mondo cattolico, coloro da cui dissentiva. “Contenti – scriveva – i clerico-papalini, contenti i fascisti, contenti i massoni”. Gonella ricorda che Maria Romana De Gasperi pubblicò al riguardo dieci lettere scritte dal padre a due sacerdoti trentini: don Giulio Delugan, esponente dell’Azione cattolica e direttore del settimanale diocesano Vita trentina, e Simone Weber, direttore della Voce cattolica e storiografo. Il Concordato è una cosa – teneva a precisare in quei documenti -, la concordanza un’altra, comunque se Sturzo fosse stato papa li avrebbe firmati anche lui i Patti. Quanto a Mussolini, è “uomo di Stato che fa politica positiva mettendosi in serie dopo Cavour e Crispi”. Del Partito d’azione, invece, De Gasperi apprezzava la sottile dialettica di una preparata élite la quale, però, - nota Gonella – “non saprà avere un’influenza determinante nelle successive vicende del post-fascismo”.

Gonella mette infine in guardia (“Con De Gasperi nella fondazione della Dc: 1930-1940”) da una possibile deformazione del degasperismo, con errate anzi “infondate e faziose interpretazioni critiche del degasperismo”, che è peraltro materia di contesa fra gli storici. Di sicuro però lo statista trentino fu un patriota, per dirla con una parola gradita alla Meloni, che a quanto sembra l’ha rimessa in onore.

 

Ruggero Morghen