Giulio Andreotti è nato il 14 gennaio 1919 a Roma, dove è morto il 6 maggio 2013.

Dopo gli studi classici, conseguì la laurea in giurisprudenza all’università La Sapienza nel 1941 con una tesi in Diritto Canonico. Si distinse nella Federazione degli universitari cattolici (FUCI) e, su incarico del presidente Aldo Moro, assunse la direzione del periodico «Azione fucina». Nel 1942, quando Moro lasciò la presidenza, Andreotti gli subentrò su indicazione di Pio XII.

Nel 1943 partecipò con Alcide De Gasperi, Guido Gonella, Giuseppe Spataro e altri esponenti del vecchio Partito popolare all'attività clandestina che avrebbe portato alla nascita della Democrazia Cristiana.

Nel 1944 fondò «La Punta», organo della gioventù democristiana e al Congresso nazionale di Napoli venne nominato delegato nazionale dei Gruppi giovanili democristiani e membro del Consiglio nazionale della Democrazia cristiana; nello stesso anno lasciò la presidenza della FUCI.

Scelto da Alcide De Gasperi come suo strettissimo collaboratore, membro della Consulta nazionale e dell'Assemblea costituente, venne eletto ininterrottamente alla Camera dei deputati, nella circoscrizione di Roma-Latina-Frosinone-Viterbo, dal 1946 al 1991 (Legislature I-IX) quando il presidente della Repubblica Francesco Cossiga, lo nominò senatore a vita.

È stato uno dei principali protagonisti della politica italiana del secondo Novecento: sette volte presidente del Consiglio e ventuno volte ministro (della Difesa otto volte, degli Esteri cinque volte, delle Finanze, del Bilancio e dell'Industria due volte, del Tesoro e dell'Interno). Personalità complessa e poliedrica, alle capacità di statista associò doti di scrittore e di giornalista, accompagnate da una proverbiale vena ironica che lo ha reso autore di celebri aforismi, alcuni dei quali sono entrati nel linguaggio corrente.

L'attività di governo iniziò a 28 anni come sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel quarto governo De Gasperi. Ricopri tale carica fino all'ottavo governo De Gasperi tra il 1947 e il 1953 e poi nel successivo governo Pella, sino al gennaio 1954.

Diventò per la prima volta presidente del Consiglio nel 1972 (il governo più breve della Repubblica solo 9 giorni di durata) per guidare successivamente, dopo le elezioni, un esecutivo formato da DC e PLI (governo “Andreotti-Malagodi”).

L'incarico gli venne affidato di nuovo nel luglio del 1976 in una stagione particolarmente tormentata della vita nazionale, segnata oltre che da una estrema precarietà del quadro politico, da una grave crisi economica e da una drammatica minaccia del terrorismo che sarebbe culminata con il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro.

All’emergenza, la politica rispose con la “solidarietà” nazionale fra DC e PCI: dopo un monocolore di minoranza democristiano basato sull’astensione di tutti gli altri partiti (governo della “non sfiducia”) Andreotti dette vita a un governo con l’appoggio esterno dei comunisti al quale, venute meno le condizioni per la collaborazione DC-PCI, ne fece seguito un altro, insieme con PRI e PSDI, fino alle elezioni anticipate.

Andreotti tornerà presidente del Consiglio fra il luglio 1989 e il giugno 1992 alla guida due governi di coalizione fra Dc, PSI, PSDI, PRI e PLI nel quadro di una rilanciata collaborazione fra democristiani e socialisti che venne contrassegnata dalla stampa con la sigla CAF (Craxi, Andreotti, Forlani).

In precedenza, Andreotti era stato ministro degli Esteri fra l’agosto 1983 e il luglio 1989 (governi Craxi I e II, Fanfani VI, Goria e De Mita).

Linee-guida della sua azione: decisa scelta filo-occidentale, ma in un atteggiamento di dignità e autonomia nei confronti degli USA (“amici, ma non sugli attenti”), convinto europeismo, cura per la vocazione mediterranea dell’Italia.

E poi, impegno per la pace e la tutela dei diritti umani a cominciare da quelli religiosi, impegno nel quale Andreotti troverà particolare collaborazione da parte della Chiesa e della diplomazia vaticana.

Da qui le sue forti iniziative per il rafforzamento dell’unità europea che porteranno al trattato di Maastricht e successivamente al varo della moneta unica; lo sforzo di mediazione fra Washington e Mosca nel quadro del clima di distensione e di riduzione degli armamenti che si andava sviluppando; l’azione di pacificazione svolta in Medio Oriente basata sull’ apertura al mondo arabo e islamico pur nella piena solidarietà a Israele, che Andreotti definì “trialogo”.

Da qui anche situazioni di tensione delle quali Andreotti fu protagonista: fra tutte, la crisi di Sigonella affrontata insieme con il presidente del Consiglio Craxi e causa per i due statisti di non poche inimicizie negli Stati Uniti.

Andreotti è stato, inoltre, presidente del Gruppo italiano dell'Unione interparlamentare (1979-1994). Membro permanente del Consiglio nazionale e della Direzione centrale della Democrazia cristiana, partecipò attivamente al dibattito, agli orientamenti e alle politiche del partito, dando vita negli anni '50 alla corrente Primavera, confluita successivamente nella corrente di Impegno democratico; è stato, inoltre, presidente del Gruppo parlamentare della DC alla Camera dei deputati da dicembre 1968 a febbraio 1972.

Convinto europeista, è stato componente della rappresentanza al Parlamento europeo dal 28 febbraio 1974 al 4 luglio 1976 ed eletto in occasione delle elezioni europee del 1989. Presidente dell'Unione europea democratico-cristiana dal 1983 al 1985, ha esercitato, inoltre, la presidenza di turno del Consiglio europeo dal 1° luglio al 31 dicembre 1990.

Giornalista professionista, ha collaborato con quotidiani e riviste italiani e esteri; ha fondato e diretto periodici politici e culturali, quali «Concretezza» e «30 Giorni».

Ha pubblicato 37 libri oltre a un numero difficilmente calcolabile di racconti, saggi, opuscoli. In particolare la biografia dedicata ad Alcide De Gasperi (“De Gasperi e il suo tempo”) considerata un testo essenziale per la conoscenza del quadro politico italiano del dopoguerra e pubblicata in numerose successive edizioni; al tema degasperiano tornerà poi con “Intervista a De Gasperi” e “De Gasperi visto da vicino”.

Fondatore e presidente del Centro studi ciceroniani, ha ricevuto la laurea Honoris Causa delle Università di Parigi, Chicago, Toruń (Polonia), South Bend (Indiana), La Plata, Salamanca, New York, Varsavia, Pechino, Sofia, Washington, Toronto, Buenos Aires, Cracovia, Mosca e della Pontificia università lateranense.

Giulio Andreotti fu anche protagonista di due vicende giudiziarie: quella per mafia e quella sul caso Pecorelli.

Il 26 settembre 1999 iniziò il processo che vide Andreotti accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il 23 ottobre dello stesso anno il processo di primo grado si concluse con una sentenza di assoluzione con formula piena, ma  la Corte di Appello nel 2003 modificò tale sentenza assolvendo Andreotti per le accuse relative a fatti successivi al 1980 e dichiarando invece il non luogo a procedere per prescrizione relativamente ai fatti anteriori. Nel 2004 la Corte Cassazione ha confermato la legittimità della sentenza di appello, con la precisazione tuttavia che alle ricostruzioni e alle valutazioni dell’accusa “sono contrapponibili altre dotate di uguale forza logica”.

Contemporaneamente, Andreotti fu accusato dal pentito Tommaso Buscetta di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, avvenuto il 20 marzo 1979, per una campagna di stampa sui finanziamenti illegali alla Dc e su alcuni segreti sul rapimento di Aldo Moro. Andreotti fu assolto "per non aver commesso il fatto" in primo grado nel 1999, mentre nel 2002 la Corte d'appello ribaltò il verdetto condannandolo a 24 anni di carcere. L'anno successivo, però, la Cassazione annullò senza rinvio la sentenza di secondo grado, rendendo definitiva l'assoluzione.

 

Per gentile concessione dell’Archivio Andreotti presso l'Istituo Sturzo in Roma

Anche: www.giulioandreotti.org