Il governo è stanco. La Meloni dice che durerà per tutta la legislatura. Sarà così, ma comincia un po’ a sbarellare. Benissimo la grinta, ottima l’esposizione mediatica, vivace la presenza internazionale. Tutto bene, ma fino a un certo punto.
Sull’emigrazione i decreti si accumulano, privi di senso comune. È evidente che manca una strategia. Non ce l’ha neppure l’opposizione, intendiamoci, ma si va a tentoni, fra piagnistei e sciocchezze. Le nuove misure previste per gli irregolari fanno acqua da tutte le parti. Quelli fuggono per stare meglio e noi li mettiamo in campo di concentramento? Fa differenza con i campi esistenti in Libia? Non tanto.
Poi, l’idea peregrina di far loro pagare 5.000 euro per non andarci è davvero una perla. Ma a chi è venuta questa idea cretina? Vogliamo mangiarci sopra pure noi come i trafficanti di carne umana? Come si può ragionevolmente pensare che un disgraziato che attraversa un continente ed un mare, rischiando la vita, arrivi con 5.000 euro in tasca? Se li avesse avuti, se ne sarebbe stato a casa sua. Hanno ragione sindaci e governatori a protestare, sia per i campi sia per i 5.000 euro. Ma chi la consiglia la Meloni?
Ecco, questo è un punto di riflessione importante. Prendiamo il caso dell’idea di tassare gli extraprofitti delle banche. Perché solo le banche? Le imprese del web, le multinazionali (ad esempio, quelle farmaceutiche), le assicurazioni, tanto per citarne qualcuna, non fanno extraprofitti? Risposta: forse non ci hanno pensato.
Ma perché tassarli? Solo per far quattrini oppure per rispondere all’opinione comune che il sistema bancario è un sistema di rapina e va colpito? Il populismo potrebbe portare anche a questo, tant’è vero che tutti si sono stupiti di una simile decisione commentando, ma sottovoce: era ora.
Le banche non hanno reagito. Una tradizione secolare di riservatezza, ma sanno agire dietro le quinte.
Via via, infatti, il decreto è stato spennato come un pollo da arrostire: non le piccole banche, non le cooperative, una tantum, ma non subito, ma è solo un’anticipazione e così via. Il pollo arrosto è diventato magrissimo, con le coscette rinsecchite. Manco 30 calorie. E allora, a che è servito fare la faccia feroce e allarmare il sistema finanziario? Solo a by-passare la tradizionale avversione al capitale della Sinistra? Un po’ poco. Tanto rumore per nulla.
Dov’è l’intrepido cavaliere che lancia in resta si batte contro il monopolio delle banche? Nello stanzino delle scope. Ma chi ha consigliato alla Meloni questa sciocchezza?
Serve a far rumore? Il governo non ha bisogno d fare la guerra a qualcuno. Ha già i suoi guai dentro, con il PNNR che è uno scatolone sempre più misterioso, con il debito pubblico che sale sempre di più, con la finanziaria dove tutti mettono le mani per strappare qualcosa ma non trovano nulla, con lo spread, incontrollabile, ma che segna gli umori degli investitori. Quanti miliardi mancano all’appello?
A proposito di miliardi e di debito pubblico, a quanto ammonta il debito pubblico mondiale? A 300 mila miliardi di dollari.
Il pianeta è avvolto da un oceano di debiti. Chi mai li pagherà in denaro reale? Altro che bolla finanziaria! Se, prima o poi, qualcuno si stufa e non paga gli interessi, salterà tutto in aria. Si fa presto a dire il Paese è in bancarotta, ma se è così, attenzione, perché il Paese siamo noi. A catena diventa il gioco del telefono. A quel punto si azzera tutto, tanto i creditori, con i tassi d’interesse che crescono ad ogni sospiro, certo non ci hanno rimesso, ma chi ha portato i soldi in banca resta con un pugno di mosche in mano. Alla fine, sono sempre le famiglie che pagano, cioè noi.
In un’altra parte del mondo le transazioni si stanno facendo in yuan. Putin, che in fondo è un invidioso, vorrebbe farle in rubli, ma nessuno gli dà retta. Però, dollari, rubli o yuan, attenzione, è solo carta colorata. Se il debito scoppia, scoppia tutto. Magari si ricomincia da capo. Almeno i Paesi più poveri tirerebbero il fiato, ma sempre poveri resterebbero e bisognosi d’aiuto.
Ma torniamo a noi, agli sconosciuti consigliori della Meloni. Parliamo del Piano Mattei, tanto ora, con la finanziaria, non se ne parla più. È come l’ombrello. Si tiene in casa perché non si sa mai quando pioverà.
Nessuno sa cosa sia e, probabilmente, non ci pensava neppure lui. Era un grande imprenditore, un innovatore. Mica faceva i piani, come alla Cassa del Mezzogiorno. Operava seguendo il suo istinto. Tutt’altra cosa.
Che significa, oggi, distanza di mezzo secolo, proporre come panacea di tutti i mali dell’Africa, il piano Mattei? Di che parliamo? Quale piano? Con quali soldi? Per fare quello che i Paesi interessati non hanno fatto mai e che farebbero (forse) solo se glielo dice la Meloni? Sono chiacchiere da comizio o divagazioni diplomatiche da corridoio.
Possibile che nessuno abbia cervello, ma solo slogan d’effetto?
Il bello è che l’opposizione, che di cervello ne ha anche meno, naturalmente si oppone al Piano perché viene dalla Destra. Due ombre che si combattono sul nulla ,al buio, magari ombre cinesi.
Cambiamo consigliori, signora Presidente e, comunque, che parlino meno.
Stelio W. Venceslai