Nel quarto capitolo dell'esortazione, Francesco passa in rassegna i vertici ambientali che si sono svolti, quali sono stati i loro obiettivi, i successi e i fallimenti, da Rio de Janeiro (1992) a Sharm El Sheikh (2022). “Gli accordi hanno avuto un basso livello di attuazione perché non sono stati stabiliti adeguati meccanismi di controllo, revisione periodica e sanzioni in caso di inosservanza”, denuncia il Papa.

Da decenni rappresentanti di oltre 190 Paesi, si incontrano periodicamente per discutere la questione climatica. Da allora parlano della crisi si sono conosciuti a Rio de Janeiro nel 1992. Queste riunioni sono chiamate Conferenza delle Parti. (COP).

Il loro obiettivo è che tutte queste nazioni accettino impegni concreti rispetto al problema climatico.

Una riunione assai importante è stata celebrata in Kyoto 1997 che ha stabilito un protocollo per la riduzione emissioni di gas serra del 5%.

Un altro impegno è stato quello di fornire un aiuto sostanziale al fine di coprire i costi di queste misure nei paesi in via di sviluppo.

Tuttavia, molti paesi non li hanno rispettati nonostante l’impegno dichiarato previamente. Un'altra proposta fu quella di un meccanismo relativo a perdite e danni derivanti dal cambiamento climatico e promettere di risarcire maggiormente i paesi vulnerabile.

Si è discusso molto, ma poco si è deciso. Riconoscendo che molti COP lo avevano fatto fallito, a Parigi nel 2015 si tentò di farlo ricominciare. L’ accordo è entrato in vigore nel novembre 2016, ma “pur essendo un accordo vincolante, non tutte le prescrizioni sono obblighi in senso stretto e alcune di esse danno luogo ad un’ampia discrezionalità” (47), non sono previste sanzioni per inosservanza e mancano mezzi efficaci per far rispettare la legge, non prevede sanzioni reali e non esistono strumenti efficaci per garantirne l’osservanza. E«si sta ancora lavorando per consolidare pratiche specifiche di monitoraggio e fornire criteri generali che consentano di confrontare gli obiettivi dei diversi paesi» (48).

Cercavano accordi vincolanti, ma le decisioni non sono state presentate, come uno degli accordi a lungo termine stipulati nel Parigi continuava a far salire la temperatura media globale inferiore a due gradi Celsius, e se possibile provare a scendere fino a 1,5 gradi.

È necessario un sistema di monitoraggio al fin e di confrontare gli obiettivi di tutti i Paesi. Alla COP del 2021 di Glasgow si è cercato di rilanciare l’accordo di Parigi che era stato indebolito a causa delle condizioni ed effetti della pandemia da Covid 19.

Infatti tale assemblea non è riuscita a garantire una transizione efficace verso forme alternative di energia meno inquinante.

Nel 2022, l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia ha minacciato la COP 27 in Egitto a causa della crisi economica e energia di quella guerra, soprattutto, perché i paesi volevano rifornirsi di carbone. I combustibili fossili forniscono l’80% dell’energia in tutto il mondo e il suo utilizzo continua ad aumentare.

La COP27 in Egitto nel 2022 «è stata un altro esempio della difficoltà dei negoziati» e sebbene abbia prodotto «almeno progressi nel consolidamento del sistema di finanziamento delle “perdite e danni” nei paesi più colpiti dai disastri climatici» (51) qui troppi punti sono rimasti «imprecisi». I negoziati internazionali “non possono avanzare in modo significativo a causa delle posizioni dei paesi che privilegiano i propri interessi nazionali rispetto al bene comune globale. Coloro che subiranno le conseguenze che cerchiamo di nascondere si ricorderanno di questa mancanza di consapevolezza e di responsabilità» (52).

Gli accordi hanno avuto un basso livello di attuazione perché non sono stati istituiti adeguati meccanismi di controllo.

Il problema di fondo, come sempre, è quello per cui i Paesi privilegiano i propri interessi nazionali rispetto al bene comune globale.

 

Teofilo