La destra di governo, per un’incollatura, ha perso le elezioni in Sardegna. Succede. In politica si va e viene, come in piazza e la politica è l’agorà del Paese.
Però…qualche riflessione va fatta.
Il balletto sulle candidature alla Presidenza da parte delle Destre non è piaciuto a nessuno, anche perché non si è capito che giochi c’erano dietro. Il cambio di Presidente dovrebbe rispondere a una regola precisa. Ha fatto bene o male nel corso del suo mandato? Se ha fatto male se ne va, se ha fatto bene resta. Non era questo il principio del merito solennemente enunciato dalla Presidente, nel discorso del suo insediamento.
Ora, che il presidente uscente abbia fatto male nessuno lo ha detto. Forse l’hanno pensato, ma comunque: promoveatur ut amoveatur. Questo è un problema che ritorna a proposito del cosiddetto terzo mandato che tanto appassiona i nostri politici. Non lo capisco. Se uno è bravo ed ha consensi e vuole restare, perché cambiare?
Capisco che sempre le stesse facce possono venire a noia e che ci siano tanti aspiranti al soglio, ma allora il merito non vale nulla?
Tra l’altro, mettere in giro uno Zaia o un Fredriga significa piantare un chiodo al collo di Salvini. Di Presidenti capaci che hanno fatto il biennio ce ne sono diversi sul mercato, a destra come a sinistra. Bisognerà sistemarli. Può essere un problema.
Il terzo mandato, poi, ammesso che sia da respingere, si applica solo alle amministrazioni locali? E perché non anche ai partiti? Salvini quanti mandati ha? Insomma, diciamolo pure, è un falso problema.
Torniamo al caso sardo.
Al primo punto: la confusione a destra sul candidato e la pretesa della Meloni di mettercene uno suo. Errore, perché ha puntato sul cavallo perdente, sia pure per una manciata di voti. Un Presidente, anche se è un Capo di partito, non deve esporsi a livello regionale e, tanto meno, imporre un suo candidato. Tra l’altro, questa sconfitta può determinarne altre, a catena, in Abruzzo, in Basilicata e così via.
Al secondo punto: chiacchiere e dissidi che poi rientrano, fanno male alla Destra. Già di per sé è un po’ pasticciona (e s’è visto), ma queste continue punzecchiature di spillo della Lega portano vantaggio a Forza Italia e nessuno al governo, che è la risultante dell’accordo fra i tre partiti. La Meloni dovrebbe stringere un po’ i freni, magari senza i manganelli del Ministro dell’Interno.
Terzo punto: la vittoria della Todde è una vittoria per Conte e per 5Stelle. A furia di sfangare, l’avvocato c’è riuscito ad avere un governatore, e per di più donna, il che non guasta. Inoltre, l’accoppiata 5Stelle e PD ha vinto, il che consolida un po’ la Schlein. Non molto, perché la questione del “campo largo” è tutta da affrontare. Troppe sono le questioni che dividono i due schieramenti, e sono questioni importanti, come l’Ucraina e il Medioriente.
Il PD non è felice di andare a rimorchio di 5Stelle. Chiacchiere, come a Destra, se ne fanno poche nel partito, ma di mugugni molti.
Far digerire un’alleanza strutturale con 5Stelle, dopo gli insulti da loro ricevuti per dieci anni, è difficile. Il PD, in fondo, ha una tradizione nobile. Non ha un protettore come Grillo, da un po’ di tempo silenzioso. Hanno sempre sostenuto che non potevano accoppiarsi con beceri e parvenu. Ora, con la Schlein, le cose sembrano diverse. Ma accoppiarsi con un concorrente simile è molto pericoloso.
Stringersi tutti a sinistra radicalizza lo schieramento politico e allontana da quel centro elettorale sul quale vorrebbero tutti mettere le mani. Gruppi come quelli di Calenda e di Renzi non vedono l’ora d’avere il campo libero. Difficilmente accetterebbero di fare corpo con un PD associato a Conte.
La questione non è da poco. Passata la febbre sarda, ora sono all’orizzonte non solo altre elezioni regionali ma quelle europee e gli assetti che ne conseguiranno.
Le variazioni nella composizione dei gruppi parlamentari europei saranno decisive per il futuro governo dell’Europa e per la scelta dei Commissari. La ricandidatura della von der Layen è certa, ma chi l’appoggerà? È dubbio che la vecchia cordata possa ripresentarsi di nuovo sulla scena.
Quale sarà l’atteggiamento della Schlein si può capire, ma quello di Conte?
In sostanza, molte sono le ombre e le luci sono poche. Quello della Sardegna è stato solo un test, non una rivoluzione.
Stelio W. Venceslai