Sindacalista e politico, deputato nel 1919 e nel 1948 e fondatore della Federazione italiana dei lavoratori del mare, Giuseppe Giulietti (1879-1953) è stato ricordato a Rimini dalla Cgil in occasione del 120. anniversario della locale Camera del Lavoro. “Figura di grande riminese” lo ha definito l’assessore comunale Francesco Bragagni, figura che – aggiunge Gianluca Calbucci – ha incrociato e fatto la storia d’Italia. Isabella Pavolucci lo indica quale personaggio complesso, “precursore delle unioni di fatto e dell’articolo 18”, mentre Andrea Montemaggi evidenzia la sua fede repubblicana, anzi mazziniana. Scriveva a Mussolini “Caro Benito”, ma solo perché lo conosceva dal 1911. Proprio a Rimini la Marineria italiana aveva dedicato nel 1962 al capitano Giulietti, autore di Pax Mundi. La Federazione Marinara nella bufera fascista (Rispoli, Napoli, s.d.), un monumento che riproduce le seguenti scritte: “Dal comandante al mozzo” (a significare l’unità dei lavoratori del mare), “Viribus unitis” e “Marinaro da Rimini redense gli schiavi del mare”.
Del capitano Giulietti, comandante del piroscafo Persia, s’è occupato anche Guglielmo Salotti in Giuseppe Giulietti. Il Sindacato dei marittimi dal 1910 al 1953 (Bonacci, Roma, 1982). Antonio Scurati nel suo M, il figlio del secolo ne parla come del “potente capo della Federazione della gente del mare, alleato di D’Annunzio in nome della libertà dei popoli e di un complicato braccio di ferro con il governo italiano mirato a ottenere concessioni ai lavoratori del suo sindacato”. “Era stato – aggiunge Renzo De Felice in Mussolini il rivoluzionario: 1883-1920 – un fervente sostenitore della causa fiumana. L’aveva aiutata economicamente e moralmente”.
Ricorda Italo Rossignoli: “Prima della marcia su Roma, fatta dal Cav. Benito Mussolini, venne stabilito un patto a tre per la difesa dei Lavoratori del Mare e della Garibaldi. Divenuto Mussolini Capo del Governo, a difendere la federazione rimasero d’Annunzio e Giulietti”. L’11 ottobre del 1922 d’Annunzio e Mussolini stringono sul sindacato marittimo, protetto personalmente dal poeta, un patto segreto, mentre dopo la marcia su Roma il poeta continuerà a difendere la federazione marinara contro le mire degli armatori. Del 21 luglio 1923 è il nuovo Patto marino, che d’Annunzio volle scrivere a penna ed inizia con la frase: “Noi siamo oggi convenuti per restaurare, nella ferma pacificazione degli animi e nella cooperazione leale delle volontà le fortune della Marina mercantile italiana”. Emilio Mariano definisce il patto un “duello tra il potere politico e il potere della parola”, non mancando di rilevare che “la politica ha un linguaggio proprio che non è trasformabile in linguaggio apollineo”.
All’inizio del ‘24, però, d’Annunzio scarica capitan Giulietti. Infastidito dalla presenza questuante del suo vecchio sodale fiumano, scrive al commissario Rizzo addetto alla sua sorveglianza, chiedendo protezione contro “un mascalzone mille volte da me beneficato” e, nel caso la sua richiesta non fosse esaudita, minaccia: “Farò giustizia da me, come un fascista qualunque”. Frase che -notiamo tra parentesi - difficilmente vedrete citata dalla nuova vulgata sul d’Annunzio libertario e sessantottino ormai in auge al Vittoriale.
Ruggero Morghen