La decisione del 4 marzo scorso del Congresso nazionale francese - l’equivalente delle nostre Camere riunite in seduta comune - di mettere in Costituzione il diritto all’aborto, si pone in aperto contrasto con la universale tutela del diritto all’esistenza e alla vita, con l’effetto di comprimerne l’estensione nel conflitto che la tutela tout cour di questa nuova libertà, resa al pari degli altri diritti fondamentali, genera con il paradosso di soverchiarne quello che da tutti è considerato il diritto supremo.

Per i governanti francesi, Macron in primis, questa decisione eleva la tutela di questo diritto al livello più alto della giustizia.

Di certo non fa gioire quanti, e non sono pochi, trattandosi di un confine che va oltre l’area del mondo cattolico, hanno a cuore la tutela del nascituro e il suo diritto all’esistenza, tanto quanto può compararsi ad esso il diritto alla vita di ciascuna persona.

Come era immaginabile, la scelta del Parlamento francese non poteva non imbattersi nella legittima critica da parte dell’Episcopato d’Oltralpe che in un articolato documento si è così espresso: “Proprio nell’epoca dei diritti umani universali, non può esserci un ‘diritto’ a sopprimere una vita umana”.

Anche il presidente della Pontificia Accademia per la vita, Mons. Paglia, ha così commentato la decisione del Parlamento francese: “..credo che non sia questo il metodo o queste le parole con le quali possiamo tutelare e difendere le donne e i loro bambini..

Parole in cui si colgono tutte le asperità di una scelta che va oltre il diritto naturale ad esistere.

Un salto etico e giuridico troppo sbilanciato che finisce per trasformare una decisione(quella della donna) sofferta, esercitabile a determinate condizioni, secondo le leggi ordinarie dei diversi paesi del mondo occidentale - ma i cui effetti investono direttamente un altro essere ed il suo diritto ad esistere - in un potere senza freni etici e giuridici, soverchiati dalla valenza costituzionale che lo liberalizza.

Tanto da essere innegabile il fatto che questa scelta di campo fa assumere al sistema costituzionale francese una connotazione irragionevole ed antitetica, nel versante dei principi fondamentali, rendendo legittima la libertà (che è cosa diversa di una potere a determinate condizioni poste da una normativa ordinaria) di sopprimere una vita che si è formata in grembo e che attende di vedere la luce come essere, altro da sé, rispetto alla mamma e al padre.

Ma è soprattutto la sconfitta del diritto alla vita che subisce così una forte compressione, mentre si fortifica un divisivo e inaccettabile diritto a sopprimere un essere umano( tranne i casi in cui sia la mamma a rischiare la vita o nei casi di stupro)la cui tutela a nascere si radica fortemente proprio su quel diritto alla vita che la stessa Costituzione francese solennemente riconosce, con l’effetto che in questo groviglio di contraddizioni e di opposte tutele è il diritto ad esistere che finisce per soccombere fino ad una sua totale vanificazione.

E a nulla vale il fatto che il diritto alla vita sia di per sé diritto supremo ed universale di ogni essere umano( principio che dobbiamo proprio alla prima Costituzione universale dei diritti in Europa, scaturita dalla Rivoluzione francese del 1789).

Concetto che da tempo la scienza( e con essa la scienza giuridica)ha riconosciuto come meritevole di tutela normativa sin dal suo concepimento.

Del resto non poteva essere diversamente essendo il diritto alla vita il fondamento naturale dell’esistenza del genere umano e del suo divenire( sia che lo si guardi in una prospettiva laica, sia sotto il profilo religioso)

E non c’è ordinamento che non riconosca nel diritto all’esistenza ed alla vita la sua natura pre-giuridica, ed in quanto tale, preesistente all’invenzione del diritto come strumento regolatore della convivenza e perseguimento degli obiettivi di conservazione, di sviluppo e di benessere di una società.

In questo quadro si costruirono le tutele costituzionali con cui si delineò la scala di valori del consorzio umano che ogni Stato assume, nella sua funzione suprema, di tutelare con i suoi ordinamenti.

L’impressione che se ne ricava da così inopinata scelta è che non sia altro che il segno di una nuova e inedita declinazione dei diritti, di cui la Francia se ne fa capofila, ma foriera di un quadro di antinomie nei principi, generate dalla confliggenza delle rispettive tutele, nel cui guazzabuglio l’esercizio dell’uno esige inevitabilmente la soppressione del suo opposto.

È un’antinomia, inedita, che questa recente decisione del parlamento francese viene a creare, introducendo un aporia nel sistema dei diritti senza vie d’uscita.

Oltre ad inficiare la stretta coerenza del sistema dei principi.

Così ci si dovrà rassegnare, nel caso si attivi una pura libertà di abortire - non tollerando alcun argine o condizione, in quanto reso alla stregua di un diritto fondamentale - a non trovare alcuna tutela con riguardo al concomitante diritto del nascituro ad esistere e a nascere, con l’ovvia conseguenza di una inaccettabile distorsione dei principi di civiltà.

Ma davvero l’aborto merita un pari accostamento ai diritti fondamentali che ogni Costituzione liberale sancisce?

L’interrogativo ci conduce ineludibilmente a considerare quale valore giuridico abbia nel confronto con i diritti fondamentali la tutela della donna di voler abortire e, ancor prima, se l’aborto sia da considerare un vero e proprio diritto.

La breve analisi della questione rende non incongruo un confronto con il cammino tormentato della nostra giurisprudenza costituzionale: dì tutt’altro avviso, come possiamo leggere nelle mirabili argomentazioni di una sentenza degli anni ‘90, redatta da Giuliano Vassalli, in qualità di giudice costituzionale, ove si riconosce che:” Il diritto alla vita, inteso nella sua estensione più alta..è tra quei diritti che occupano, nell’Ordinamento, una posizione, per così dire, privilegiata in quanto appartengono all’essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana”.

L’argomentazione di questa pronuncia costituzionale, pietra miliare nel determinare gli ambiti della gerarchia dei valori di cui sono espressione i diritti, rende evidente come non sia immotivato rilevare la dismisura nella nuova gerarchia dei diritti attribuita a questa particolare fattispecie dalle istituzioni rappresentative francesi.

Peraltro la sentenza della nostra Corte costituzionale, riconoscendone il fondamento pre-giuridico, trova il suo caposaldo nella nostra realtà ordinamentale partendo dal riconoscimento che la nostra legge 194 sancisce che: “ Lo Stato tutela la vita umana dal suo inizio..”.

Ciò esclude che il rapporto tra la mamma ed il nascituro possa essere inquadrato in una sorta di assimilazione a disporre a proprio piacimento come fosse un diritto di proprietà.

Principio corroborato dalla successiva Legge 40 del 2004 che riconosce il concepito tra i soggetti di diritto.

Guardando altrove non va trascurata la Statuizione nel 2021, della Corte suprema degli Stati Uniti (continente artefice della prima Carta costituzionale dei diritti) che ha negato al diritto di aborto il carattere di diritto

fondamentale.

Insomma un'inversione dei principi universali che la rivoluzione del 1789 radicò nelle culture liberali dell’Occidente.

 

Luigi Rapisarda