In queste prime settimane di settembre stiamo assistendo a un crescente dinamismo da parte delle diverse forze politiche in vista del prossimo appuntamento elettorale tra maggio e giugno 2024 nel quale i diversi paesi dell’Ue saranno chiamati a rinnovare i rappresentanti del parlamento europeo.
Tra le tante dichiarazioni incrociate e proposte non poteva non fare eco la recente sortita di Matteo Renzi con cui ha messo in campo una sua proposta di massima nell'intenzione di trovare dei partner per la proposizione di una lista comune di area centrista.
Una proposta che mira a rafforzare l’alleanza tra popolari, socialisti e liberal-democratici europei, facendo argine a destra verso tutte le formazioni populiste e sovraniste (e ovviamente in contrasto con l’insidiosa linea espressa dal presidente del Ppe Manfred Weber per uno spostamento dell’asse politico con l’idea di un esecutivo Ue costruito su una nuova alleanza Ppe Conservatori) e a sinistra verso le forze radicali e massimaliste.
Proposta che di certo non appare caduta nel vuoto almeno stando ai primi commenti.
Nel suo articolo:”Il centro, Renzi, l’Europa e i popolari” su Il Domani d’Italia del 6 settembre scorso, G. Davicino così scrive: “..Ma perché il progetto della lista Il Centro possa assumere le caratteristiche di un progetto di ampio respiro, politico e culturale, e non esser solo un brand da adottare per l’occasione, occorre che il processo di costruzione del nuovo soggetto politico sia il più possibile plurale e partecipato, con una democrazia interna affermata e praticata, giusto per non ripetere gli errori che si sono visti fare nella costruzione del Partito Democratico.”.
C’è in questa pregevole osservazione tutta la consapevolezza della cruciale importanza di queste elezioni e del compito arduo di cui dovrà farsi carico il nuovo esecutivo dell’Unione Europea in vista delle crescenti sfide che ci pone il quadro internazionale e lo spazio politico sempre più emergente che sta assumendo l’India nel reticolo multilaterale che vede come area strategica la regione indocinese.
Tanto che non appare un compito agevole attualizzare le tante ambizioni di un’Europa più autonoma e solidale, come delineato dal nostro Capo dello Stato, dove al ruolo subalterno nell’Alleanza Atlantica deve sostituire un protagonismo per la sicurezza, un equilibrato sviluppo dell’area comunitaria e una maggiore attenzione al quadrante sud del mediterraneo.
Non si vede altra via migliore per provare ad agire in un quadro di obiettivi che renda compatibili e sostenibili, in una visione di autentica sussidiarietà regionale - leva insostituibile per realizzare i necessari cambiamenti, come di recente proposta da Mario Draghi dalle colonne dell’Economist - autorevolezza, sviluppo, solidarietà, giustizia sociale ed eco-tutela del pianeta.
Ancora una volta Mario Draghi esorta le Istituzioni europee e i singoli Stati a mettere in campo un nuovo metodo di lavoro nel segno del fare insieme per rendere compatibile ogni obiettivo in modo che non trovi ostacolo da differenti normative di settore, a cominciare da quelle fiscali che finiscono per creare divari, disparità e differenti appetibilità negli investimenti, condizionando il futuro della moneta comune.
Considerazioni che hanno tutto il sapore di un chiaro monito a non continuare a vivacchiare sui vecchi schemi che pur hanno assicurato prosperità all’Ue, ma anche tanti nodi irrisolti.
Tanti appare ineludibile affrontare al piu presto un reale processo di adeguamento ai cambiamenti epocali che stanno interessando tante aree geopolitiche anche in direzione di nuovi assetti delle governance economiche che stanno proiettando nuovi paesi come interlocutori insostituibili nel nuovo assetto multilaterale che sta assumendo la geografia politica dei diversi continenti.
Sarebbe davvero improvvido, da parte del partito, anziché vagheggiare accordi di cartello con Tajani che continua a fare bellamente il caudatario di una destra sempre più versata su “Legge e Ordine” ancor peggio verso i minori, quando di leggi ce ne sono già più del dovuto.
Basterebbe sfogliare un qualsiasi manuale di sociologia per rendersi conto che non è di certo l’aumento delle pene ad assicurare una maggiore deterrenza verso il crimine, ma fronteggiare, ad ampio raggio le degenerazioni malavitose minorili, partendo da una attenta e capillare sorveglianza del rispetto dell’obbligo scolastico, una più incidente vigilanza dei territori e una adeguata presenza dei servizi essenziali nelle zone di maggior degrado per sottrarre tanta manovalanza minorile alle organizzazioni criminali.
Insomma una maggiore presenza dello Stato in certi territori assicurerebbe di certo una sensibile riduzione del fenomeno.
Per contro sembra del tutto dimenticata, a dispetto di tutte le gratuite promesse fatte durante la campagna elettorale dello scorso anno, ogni misura che valorizzi nel modo che oggi si richiede, la scuola, anche come luogo di aggregazioni sociali nel pomeridiano e le famiglie.
Non meno di qualche mese fa in occasione del suo XX Congresso, il neo segretario Cuffaro ebbe a ribadire, richiamando l’insegnamento sturziano e il suo manifesto, aggiornato alle realtà e ai bisogni attuali delle comunità, la netta distanza dalla destra e dalla sinistra.
Tutto questo rende oltremodo naturale intravedere in questa iniziativa tesa ad aggregare attorno a una lista federata (ovviamente, qualora si dovesse dare corso a tale decisione, saranno poi i tavoli tra i partiti federati a congegnare il modo più conforme come presentare graficamente la lista) forze di area centrista e popolare, alternativa alla destra populista e sovranista di FdI e Lega e dei loro scudieri, FI in primis, e alla sinistra radicale, demagogica e massimalista della Schlein, lanciata da M.Renzi, pur con tutte le sue personali contraddizioni e ovviamente senza subalternità verso nessuno dei partner.
Oltre al fatto che consentirebbe di superare quell’angusto regionalismo in cui il segretario politico sembra riesca solamente a muoversi con grande disinvoltura.
Faccio appello pertanto al segretario Cuffaro, e al presidente del C.N., augurandomi che questa istanza non si impigli nel porto delle nebbie, visto che questa segreteria sembra più abituata a decidere che a confrontarsi, affinché questa insostituibile opportunità possa essere valutata dal partito, attraverso i suoi organi di indirizzo, unitamente ad eventuali altre ipotesi, affinché sulla scia di un comune patrimonio culturale e di un coerente e sostenibile progetto, si possa elaborare una proposta per una Europa più vicina alle comunità, e meno suggestionata dalle élite finanziarie e dai potentati economici, e riformando i propri regolamenti per essere meno condizionata dalle derive sovraniste di alcuni paesi membri, capaci di sabotare con il proprio veto decisioni rilevanti.
Insomma senza una maggiore autonomia e autorevolezza (e quale occasione migliore per il partito per mettere a frutto il proprio patrimonio di ideali e di valori sperimentato per ben cinquant’anni di vita politica e promotore e fondatore con De Gasperi, assieme a Adenauer, Schuman e Monnet) l’Ue non potrebbe svolgere alcun ruolo incisivo nei tavoli internazionali e nelle mediazioni per la pace tra i popoli.
Luigi Rapisarda