Si potrebbe ricorrere all’aforisma di Flaiano del titolo, per descrivere la situazione della politica italiana, con speciale riguardo al governo di centro destra.
Contraddittoria la vulgata sullo stato dell’economia e del mondo del lavoro. con la presidente del consiglio che dichiara: “mai così tanti occupati dai tempi di Garibaldi”, nel giorno stesso in cui Eurostat evidenzia come il reddito disponibile delle famiglie italiane sia in calo dal 2023 rispetto nell’UE dove sale. Il carovita si fa sentire in tutte le famiglie del ceto medio e delle classi popolari, con casa, bollette e trasporti che incidono pesantemente nei bilanci familiari, trattandosi di spese, che del budget disponibile sono obbligate con inevitabile riduzione alla propensione al risparmio e ai consumi. In contemporanea, il ventiquattresimo Global Wealth Report di Boston Consulting Group sottolinea che la ricchezza finanziaria italiana nel 2023 vale l’11,4% del totale dell’Europa occidentale, registrando una crescita del 4,4% annuo dal 2018 e si stima che ci siano 457mila milionari nei quali 2300 hanno più di 100 milioni. Il debito, intanto, è salito verso i 3000 miliardi e i dati della Banca d’Italia evidenziano come aumentare le entrate non sia stato sufficiente a frenare l’emorragia.
Se l’economia finanziaria possiede le dimensioni citate dal GWR, diversa é la situazione dell’economia reale, il costo della vita, la crescita dei posti di lavoro, che è soprattutto legata all’aumento del lavoro autonomo e di posti di lavoro “ poveri”.
Giorgetti è alle prese con il prossimo bilancio 2025, con l’Italia che ha due mesi per presentare il rientro dal deficit in eccesso, consapevole che senza crescita si dovrà necessariamente procedere ai tagli nella spesa. Si prevedono riduzioni della spesa sino al 2031 e si paventa l’ennesimo nuovo risparmio sulle pensioni, contrariamente agli impegni e propositi annunciati in campagna elettorale.
La Ragioneria generale dello Stato, infine, a proposito di PNRR, che nella narrazione del governo è considerata una delle stelle al merito come “prima nazione d’Europa”, denuncia che sono stati messi in cantiere reale solo 49,5 dei 102,5 miliardi incassati fino ad oggi.
Anche sul fronte sindacale le cose non vanno meglio, con 60.000 lavoratori interessati da crisi aziendali divisi tra 55 aziende. Il settore più a rischio, l’automotive, la cui situazione si è aggravata a causa della crisi tedesca; un settore, l’automotive italiano, nel quale sono in ballo circa 70000 persone.
Se questa è, in sintesi, la situazione socioeconomica dell’Italia, non meno agitata è quella sul fronte politico istituzionale. Presidenzialismo, autonomia differenziata, legge elettorale, sono i settori nei quali più evidenti sono le divergenze esistenti nella stessa maggioranza e gli oggetti di scontro politico più forte con le opposizioni, compresa la nostra di area cattolica DC e Popolare. Spiace che un caro amico, come l’On Rotondi, dopo il tentativo di snaturare il tradizionale convegno estivo di St Vincent che, per noi della sinistra sociale DC di Forze Nuove era l’occasione per una seria riflessione sui casi della politica italiana, lo ha voluto trasformare nel luogo in cui ostentare la sua appartenenza alla destra italiana di Fratelli d’Italia, si sia spinto in una recente intervista a paragonare il partito della Meloni, alla nuova DC 4.0. Va bene il funambolismo utilizzato allo scopo del galleggiamento politico personale, ma alle acrobazie anche del “ miglior fico del bigoncio” c’è un limite. Quello della coerenza alla propria storia politico personale e al rispetto di quanti di quella storia furono, a diverso titolo: attori, protagonisti o anche solo partecipanti.
In questi giorni Giorgia Meloni in una riunione dell’esecutivo del suo partito ha dichiarato: 'facciamo la storia, errori non sono consentiti', ma i casi Santanché, Sgarbi, Del Mastro, Lollobrigida e quest’ultimo, degno di una farsa, del ministro Sangiuliano, dimostrano quanto questa storia sia lastricata di errori e cadute rovinose.
Un presidente del consiglio forte nella sua guida avrebbe già posto fine da un pezzo al caso Santanché e risolto senza indugi la sceneggiata boccaccesca del ministro Sangiuliano.
Con Raffaele Fitto lanciato all’esecutivo dell’UE, cui auguriamo ogni miglior successo per lui e per il nostro Paese, e altre sostituzioni, servirebbe un rimpasto. Il guaio è che, stante i rapporti tesi nella maggioranza su tante questioni, comprese le prossime candidature regionali, un semplice rimpasto potrebbe sfociare in una crisi di governo. Eventualità che Meloni e soci respingono senza riserve.
La verità è che, anche avessimo il sistema del cancellierato alla tedesca con l’istituto della sfiducia costruttiva, attualmente in parlamento un’alternativa politica a questo centro destra non c’è. Credo che chi, da molte parti, discetta di un centro nuovo della politica italiana, debba seriamente considerare il fatto che esso può nascere solo dalla collaborazione politica tra partiti di area cattolica popolare, liberale e riformista. Se si insiste a voler procedere da soli, come nel caso Renzi-Calenda, non si va da nessuna parte. Resta il problema, su cui scrivo da molto tempo, che anche da parte nostra, si tratta di superare definitivamente la diaspora suicida e di procedere senza indugi, partendo dalla base, alla nostra ricomposizione politica.
Ettore Bonalberti