Non ci vuole grande saggezza per comprendere che, un partito non può contemporaneamente presentarsi all'opinione pubblica con un numero esponenziale di segretari nazionali e, con riferimento a ciascuno di essi, di rappresentanti territoriali,frutto di partenogenesi infinite con Congressi svolti senza un preventivo iter procedurale ,come invece previsto dallo Statuto, o fatti al ristorante o con qualche dozzina di persone.
Il tutto, sotto lo stesso nome e lo stesso simbolo (figuriamoci come ci si può presentare,in questo guazzabuglio,agli elettori, anche se in tal caso l'Ufficio elettorale del Ministero dell'interno non resterebbe inerte,in fase di prima verifica)
Un aporia davvero inestricabile.
Come giustamente si recepisce dalle tante precedenti sentenze "la DC è una" e pertanto, appare ovvio che non ci possono essere tante DC.
Ora, dal momento in cui si è avuta la forte determinazione da parte dei tanti protagonisti, ora in contesa l'un contro l'altro, di farla rinascere, non si capisce poi il tanto adoperarsi per decuplicarne, in mille sembianze, il medesimo nome e il medesimo simbolo, così creando, consapevolmente o meno, il terreno per vanificare qualsiasi buona aspettativa di successo del ritorno in campo del glorioso partito.
Perciò mi pare ineludibile che questo processo di ricomposizione, se si intende avviare sotto quel nome e sotto quel simbolo, non può che passare necessariamente per il riconoscimento del XIX Congresso, svolto, in conformità con le prescrizioni del Decreto del giudice Romano, all'Ergife, in Roma il 13-14 ottobre 2018, e mai dichiarato nullo, ne' da organismi di garanzia interni del partito, ne' da alcuna magistratura, ad oggi.
Un passaggio che consentirebbe di organizzare le condizioni comuni per la preparazione e lo svolgimento del XX Congresso nazionale.
Luigi Rapisarda