di Ruggero Morghen
Nel 1851 il santo di Gambellara scriveva in una circolare intesa a raccomandare l’abbonamento alla Civiltà Cattolica: “Se ci fu mai tempo in cui il clero avesse necessità di essere istruito e rafforzato nella sana dottrina, per conoscere gli attacchi che gli empi fanno alla Religione ed allo Stato e poterli validamente contrastare, è certamente questo tristissimo in cui viviamo. È necessario prepararci a combattere e ad anteporre una forte barriera con l’energica fermezza di idee solide, morali, indeclinabili”.
Curatrice del volume “Il vescovo Giovanni Antonio Farina e il suo Istituto nell’Ottocento veneto”, pubblicato nel 1988 dalle Edizioni di storia e letteratura nella collana “Biblioteca di storia sociale”, suor Albarosa Bassani confessa: “Lo sento come una mia creatura anche se l’ho conosciuto da padre. L’ho tolto dal fango e adesso è nella luce”. Intervistata da Romina Gobbo, l’anziana religiosa parla appunto di Giovanni Antonio Farina (1803-1888), vescovo di Treviso e poi di Vicenza, quindi fondatore della congregazione delle Suore maestre di santa Dorotea – Figlie dei Sacri Cuori, congregazione cui la stessa suor Albarosa appartiene. Interpellata in merito, lei volentieri ne parla e riferisce di avere la libertà del cuore di non sentirlo come proprietà, ed essere anzi felice della possibilità che altri scrivano di lui.
La Bassani rivela: “Ho sempre avuto la passione per le grafie complicate e il Farina scriveva in maniera incomprensibile”. Incominciò dunque a studiarlo e a scriverne. “Era nota la mia passione di cercare di leggere quello che per gli altri era quasi impossibile. Le consorelle mi chiesero così aiuto per le lettere del fondatore, che nessuno aveva mai letto a causa della grafia incomprensibile. Non mi sono però limitata a trascriverle: forte dei miei studi ho cominciato ad applicare ad esse il metodo scientifico della ricerca, del rigore, cercando di capire a chi erano rivolte e la datazione”. All’Archivio segreto vaticano conobbe poi lo storico Gabriele De Rosa, che l’aiutò a far cadere tutte le polemiche che circondavano la figura del presule tanto da poterlo vedere, di lì a qualche tempo, assurto agli onori degli altari: beato nel 2001 e canonizzato nel 2014.
“Quando vidi la mole dei documenti – rievoca la religiosa vicentina -, mi resi conto che noi suore non saremmo state in grado di gestire un lavoro così impegnativo. De Rosa accettò di prendere in carico la causa, riuscendo attraverso un importante convegno nazionale a sradicare tutte le polemiche che avevano circondato la figura del Farina e che rappresentavano ostacoli alla causa”. Il presule era stato infatti liquidato come austriacante. Poi Farina da giovane aveva insegnato al seminario di Vicenza, che diplomava l’élite cittadina. “Solo che, poiché uscivano tanti bravi letterati, ma un po’ meno preti, lui aveva appoggiato la riforma voluta da vescovo e rettore per diminuire un po’ l’aspetto letterario e introdurre più materie specifiche di formazione dei preti. Questo venne letto dall’intellighenzia del clero vicentino come il segno di una regressione culturale”. Com’era prevedibile non mancarono neppure le discussioni relative al potere temporale del Papa.
Discussioni ampiamente superate oggi che monsignor Farina è riconosciuto come santo, ossia – spiega suor Albarosa - “uomo chino sui bisogni della gente”. Lei lo documenta bene nel monumentale libro succitato ma anche in ricerche specifiche. Sugli studi e la formazione spirituale di Giovanni Antonio Farina nel seminario di Vicenza (1808-1827) ad esempio, sul suo trasferimento da Treviso a Vicenza (1860), sulla sua profezia caritativa e pastoralità.