Umberto Merlin (1885-1964) fu personaggio di spicco prima nel movimento cattolico polesano e veneto e poi, dopo la Prima guerra mondiale, nel Partito popolare, di cui era stato uno dei fondatori, firmando l’ “Appello ai liberi e forti” di Luigi Sturzo.

Fu consigliere provinciale e comunale di Rovigo e poi deputato del partito sturziano, eletto nel 1919, 1921 e 1924. Nei governi Bonomi, Facta e nel primo governo Mussolini fu sottosegretario alle Terre liberate.

In quegli anni la carriera politica di Merlin fu parallela a quella del suo coetaneo Giacomo Matteotti, del quale era stato compagno di liceo. Gli scontri politici fra i due, al Parlamento e in una provincia come il Polesine, dominata dai socialisti, fanno parte ormai della storia travagliata di quegli anni.

Nei suoi lucidi interventi – discorsi parlamentari e articoli – colse perfettamente il nodo centrale della politica italiana del tempo: l’impossibilità pratica dell’intesa fra cattolici e socialisti, che impedì la formazione di una maggioranza democratica e riformatrice e spianò la strada alla vittoria del fascismo.

Durante il ventennio si dedicò esclusivamente alla professione forense, che esercitò con successo a Rovigo e a Padova. Lo stesso Matteotti aveva consigliato sua mamma di farsi assistere da Merlin in alcune controversie legali.

Dopo la Seconda guerra mondiale fece parte della Consulta nazionale e ritornò al Parlamento come senatore dal 1946 fino alla morte. Per brevi periodi fu ministro delle Poste e dei Lavori Pubblici nei governi a formula centrista.

Ma la stagione politica di Umberto Merlin era ormai tramontata. Suo figlio Luigi, pure avvocato, fu sindaco di Padova dal 1977 al 1980.

Sulla figura di Umberto Merlin, ampiamente ricordata negli studi sul popolarismo, manca uno studio adeguato.

 

Gianpaolo Romanato