La questione del centro nuovo della politica italiana sta caratterizzando il dibattito tra diverse testate giornalistiche, tra le quali, in maniera particolare, quella de Il Domani d’Italia, diretta dall’On. Lucio D’Ubaldo. Con la scomparsa politica della DC e l’avvento della legge elettorale maggioritaria si è andato consolidando un sistema bipartitico forzato, che costringe a scegliere le alleanze a destra o a sinistra, con Fratelli d’Italia e il PD, dominus nel dare e controllare le carte, indisponibili a cedere a quel sistema elettorale proporzionale che i padri costituenti avevano posto alla base del sistema su cui si fonda la nostra repubblica parlamentare.
Comprensibile l’atteggiamento della Meloni e del suo partito, da sempre sostenitori del premierato, anche se nella formulazione ambigua attuale, prefiguri un sistema che non ha alcun modello similare nel mondo e che costituisce un grimaldello efficace per il superamento della repubblica parlamentare verso forme di autocrazia di tipo ungherese.
Meno comprensibile quello del PD che, solo da un’alleanza con un centro forte può pensare di porsi seriamente in alternativa alla destra nazionalista e sovranista a dominanza degli eredi almirantiani, ma, nel PD “ è sempre il cane che muove la coda”, al di là delle velleitarie speranze dei neo margheritini.
In tale contesto politico istituzionale la tradizione del cattolicesimo politico, nelle sue tre principali espressioni: democratica, liberale e cristiano sociale, lungi dal porsi unitariamente continua a perpetuare la suicida divisione avviata con la lunga stagione della diaspora post DC (1992-2024) di cui ho scritto nel mio libro DEMODISSEA (ALEF Edizioni-Il Mio libro- 2020).
Non è, dunque un caso, che, da un lato, si pongono gli amici come Prodi, Del Rio, Tabacci, D’Ubaldo, che puntano sul nuovo federatore Ernesto Maria Ruffini, mentre, dall’altro, amici come Giorgio Merlo, ipotizzano una federazione con Forza Italia, nel tentativo meritevole di attivare in Italia la sezione del PPE, cui Forza Italia appartiene dal giorno in cui Sandro Fontana e Gianni Baget Bozzo convinsero il Cavaliere a compiere la scelta di aderire alla famiglia dei Popolari europei.
Non mancano le iniziative di quanti come la DC di Cuffaro, l’UDC di Cesa, Noi moderati di Lupi hanno già scelto di collocarsi stabilmente a destra, come accadde nella lunga storia dei cattolici moderati, alternativa a quella popolare di Sturzo prima e della DC di Gasperi poi, sino alla fine di quel partito. Trattasi di iniziative dimostratesi sin qui di corto respiro, funzionali alla mera sopravvivenza politica di pochi interessati, incapaci di promuovere quel processo di ricomposizione politica che, a mio parere, dovrebbe rappresentare l’obiettivo più urgente, se si intende riportare in campo la cultura politica dei cattolici italiani.
Assai interessante è quanto è scaturito dal recente convegno degli amministratori cattolici di Trieste, così come quella degli amici di Iniziativa Popolare, che hanno posto come precondizione per avviare il progetto, la raccolta delle firme per una legge di iniziativa popolare per il ritorno alla legge elettorale proporzionale e un comitato per il cancellierato, in alternativa al premierato meloniano.
Un cancellierato sul modello tedesco, in grado di garantire con la legge elettorale proporzionale, la repubblica parlamentare e, insieme, con l’istituto della sfiducia costruttiva, la governabilità del sistema. Iniziativa Popolare, tra la ricerca del federatore degli amici di Tempi Nuovi e degli ex margherita o la federazione con Forza Italia, ha scelto di stare ben collocata al centro, alternativa alla destra e distinta e distante dalla sinistra, ridotta a quel “partito radicale di massa”, di cui alla celebre connotazione del prof Augusto Del Noce.
Da parte mia, ritengo che la scelta di Iniziativa popolare sia la più efficace sul piano tattico, se si intende perseguire il progetto di ricomposizione politica dell’area culturale e sociale di ispirazione cattolica, tenendo presente che servirà un’azione che, partendo dai vertici, dovrà essere sostenuta da un’ampia condivisione alla base, nelle diverse realtà territoriali, dove esponenti di partiti, movimenti, associazioni, gruppi e persone di questa area dovrebbero incontrarsi in assemblee costituenti provinciali e regionali, al fine di definire programmi ispirati dai nostri valori e finalizzati agli interessi delle comunità locali e a quelli più generali che attengono alle attese dei ceti medi produttivi e della povera gente.
Programmi autenticamente democratici e popolari, dai quali far emergere un progetto generale per la società italiana e una nuova classe dirigente, diversa da quella dei soliti noti che, galleggiando a destra e a sinistra, hanno solo pensato alla loro sopravvivenza politica, riducendosi al ruolo di vassalli acritici del principe di turno.
Vedremo cosa produrrà l’incontro del 18 Gennaio a Milano per dar vita all’associazione Comunità Democratica e cosa potrà emergere di concreto nel rapporto federativo perseguito dagli amici di Giorgio Merlo nelle diverse realtà territoriali. Credo, però, che, intanto, sarebbe essenziale ritrovarsi su alcuni obiettivi politici concreti e immediati:
- difesa della legge elettorale proporzionale;
- NO al premierato e SI alla repubblica parlamentare anche nella versione del cancellierato;
- attuazione integrale della Costituzione a partire dagli articoli 49, sulla democraticità nei partiti e 53, sul sistema fiscale progressivo nel nostro Paese.
Un incontro tra le diverse realtà citate, che concordasse su questi tre obbiettivi politici sarebbe quanto mai opportuno e urgente per riprendere il cammino dopo la lunga stagione della diaspora democristiana.
Ettore Bonalberti