La rinnovata sala trentina della Cooperazione, in via Segantini, ha ospitato in questi giorni – per iniziativa di Comunione e liberazione del capoluogo e del centro culturale “Il mosaico” - un incontro di presentazione del libro di don Luigi Giussani “Una rivoluzione di sé”, curato da Davide Prosperi ed edito dalla milanese Rizzoli.

Il volume raccoglie, per la prima volta, le trascrizioni delle lezioni tenute da don Giussani ai giovani del Centro Péguy dal 1968 al 1970, nell’arco di tre anni di incontri e riflessioni intorno a un’ intuizione che sarà gravida di conseguenze: che solo nella comunione cristiana possiamo sperimentare la liberazione, cioè l’avvento di un mondo più umano. Attento osservatore della società, don Giussani guarda al sommovimento politico, sociale e culturale portato dal Sessantotto cogliendo l’istanza profonda che sta alla base del fenomeno – ossia il risveglio del desiderio di autenticità nella vita e di cambiamento nel mondo – e leggendo gli anni della contestazione giovanile come il crinale di un “cambiamento d’epoca” che si stava preparando già da tempo. Così in breve la presentazione editoriale del volume rizzoliano, ma torniamo al convegno di Trento.

Qui Monica Scholz Zappa, professoressa di scienze linguistiche e culturali all’università Albert Ludwig di Friburgo, ha illustrato la “proposta giussaniana” (come la definisce Davide Prosperi) soffermandosi sulla necessaria relazione con la storia ed indicando comunione e storia come due apici, due attori che continuamente dialogano. C’è differenza – ha voluto precisare - tra cristianità e cristianesimo, tra attivismo e testimonianza, tra ideologia e giudizio. Importante anche non censurare il dramma storico, quello del ‘68 e quello personale del fondatore di Cielle. “Leggere don Giussani – ha detto la Scholz – è un’attività che toglie il fiato, la sua è una posizione vertiginosa”.

Dal canto suo Federico Puppo, professore di filosofia del diritto all’università di Trento, ha sottolineato l’attualità del pensiero di don Giussani: un pensiero che giudica, ma non censura. “Mentre il tempo presente – ha detto - ha paura del giudizio perché è relativista. E il relativismo non aiuta il dialogo”.

In sala, amici vecchi e nuovi. Tra essi Mariano Gasperi, storico sacrista del Duomo, e Francesco Agnoli coll’ultimo suo libro sottobraccio. Tra i ritorni più graditi quello di don Matteo Graziola, che ricordiamo giovanissimo contestatore dell’abate Franzoni, allora icona incontrastata del dissenso cattolico, e Bianca Filosi, una delle prime voci (in senso letterale) del movimento in Trentino. 

Ora lei fa un po’l’eremita, seppure – ammette – col marito al seguito, ma ai tempi dei tempi frequentava a Milano la casa di don Giussani in via Martinengo 16, ov’era anche la sede del Centro studi Russia Cristiana. Quando si faceva sera il Gius la invitata a parlare piano per non disturbare – diceva – “il superiore”: e il superiore era il capo di “Russia Cristiana” don Romano Scalfi, che abitava al piano di sopra dopo aver abitato colla sua famiglia proprio nella casa della Filosi nella trentina val del Chiese, precisamente a Strada.

 

 Ruggero Morghen