Ho letto con interesse l’intervista su La Repubblica a Rosi Bindi del 5 gennaio scorso, nella quale l’esponente PD ricorda gli avvenimenti che concorsero alle drammatiche vicende di Moro, Bachelet e di Piersanti Mattarella, quest’ultimo considerato come l’erede predestinato di Moro, continuatore della politica dell’attenzione sino al compimento dell’alternanza alla guida del governo. Rosi Bindi non manca di collegare quegli avvenimenti alla svolta del XIV congresso nazionale della DC, quello del “ preambolo Donat Cattin” su cui abbiamo avuto modo di discutere molte volte all’interno del partito democratico cristiano.
Con Emerenzio Barbieri e Carla Tanzi, credo di essere uno degli ultimi testimoni viventi che erano presenti attorno al leader piemontese, che, sull’altare sconsacrato della chiesetta del convento della Minerva, scrisse di suo pugno il testo che cambiò le sorti di quel congresso. Gli altri amici erano i compianti Sandro Fontana, Luciano Faraguti e Pino Leccisi. Ecco perché sento il dovere di ricordare come giungemmo noi della corrente di Forze Nuove a quella scelta.
Ho descritto analiticamente quelle vicende nel mio “ Il Caso Forze Nuove”, ultimo libro editato dalla casa editrice Cinque Lune della Democrazia Cristiana (1993) in un capitolo: Dal Preambolo alla Quarta Fase (1980-1992), nel quale scrivevo e ripropongo: …. Con la morte di Aldo Moro tutta la fragile costruzione politica della “Solidarietà nazionale” si era andata progressivamente lacerando. Il PCI non aveva saputo reggere all’urto che dalla sua sinistra gli veniva portato dalle composite forze della variegata galassia extra parlamentare, dell’Autonomia e, in maniera assai più drammatica, dal partito armato.
La stessa lungimirante battaglia berlingueriana per il rigore e la serietà, mal si conciliava con una base assai più disponibile per il “partito di lotta” che per quello di “ governo”. Una crisi economica caratterizzata da un’inflazione a due cifre e dolorosissime ferite aperte dal terrorismo e dalla violenza politica che, dopo l’assassinio di Moro, come ha ben ricordato l’On Bindi, vedranno il sacrificio di Mattarella, Bachelet e La Torre, continueranno a pesare sul clima politico.
Alla violenza del partito armato fa riscontro, sull’altro fronte, la ripresa del terrorismo “ nero” che, proprio nell’estate dell’80 insanguinerà ancora il Paese con la bomba alla stazione di Bologna. Anche sul piano internazionale la tensione di aggravava con l’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Unione Sovietica, che finirà solo dopo otto anni e milioni di morti e feriti.
Liquidata la “ solidarietà nazionale”, la situazione appariva senza vie d’uscita. Dopo le elezioni politiche anticipate del giugno 1979, il PSI di Craxi dimostra una diversa disponibilità rispetto a quella di De Martino che aveva determinato nel 1976 la fine del centro-sinistra- E fu così che al 14° Congresso della DC, convocato a Roma nel febbraio 1980, venne a costituirsi la nuova maggioranza del preambolo e quel documento sarà destinato, con alterne fortune e complesse vicissitudini a caratterizzare i successivi 12 anni della vita politica nazionale. Anni durante i quali si verificheranno:
- la nascita di una doppia centralità nello schieramento dei partiti storici tradizionali, con una forte concorrenzialità tra la DC e il PSI alla ricerca del consenso in quell’area;
- la rottura dell’unità tradizionale della sinistra democratico-cristiana per la divisione irrimediabile tra chi, come gli amici dell’area ZAC (il nuovo raggruppamento formatosi al Convegno del Parco dei Principi nel 1979 e che raccoglierà il gruppo degli ex morotei, la sinistra di Base, spezzoni di ex dorotei e gli amici di Nuove Forze raccolti attorno a Guido Bodrato, già appartenenti al gruppo di Forze Nuove) intendeva proporre al 14 Congresso, con la candidatura di Zaccagnini, l’apertura del governo al PCI, mentre la sinistra sociale dì Forze Nuove, che a quella apertura si opponeva, raccogliendo la nuova disponibilità alla ripresa del dialogo politico con la DC da parte del PSI di Craxi, raccolse l’adesione al preambolo dei dorotei di Piccoli e Bisaglia e quella del gruppo di Arnaldo Forlani con i quali vinse il congresso.
- Il passaggio per la prima volta dal tempo del governo Parri, della guida di governo a esponenti non democratico cristiani ( Spadolini dal giugno 1981 al novembre 1982 e Craxi, con i suoi due governi: il primo dall’agosto 1984 al giugno 1986 e il secondo dall’agosto 1986 al marzo 1987).
Furono quei dodici anni, seppur di precaria stabilità, il risultato politico di quel “preambolo”, mai condiviso dagli amici dell’area Zac. Di fatto, essi coincisero con quella “ Terza Fase” morotea di ricerca di possibili soluzioni al problema politico italiano, tanto in termini di individuazione delle soluzioni istituzionali più adeguate, che in quelle di strategia da parte delle diverse forze politiche. Soluzioni come quelle indicate dagli amici dell’area Zac, al congresso furono considerate, allo stato, non perseguibili, per dirla con il testo del tanto vituperato “preambolo”, che permise alle componenti tradizionali dell’alleanza di centrosinistra di governare l’Italia sino al 1992.
Ettore Bonalberti
P.S. Ecco il testo integrale del preambolo Donat-Cattin: “Il Congresso, pur rilevando, l’evoluzione compiuta dal PCI, constata che le contrastanti posizioni esistenti sui problemi non consentono alla Democrazia Cristiana corresponsabilità di gestione con quello stesso partito e demanda al Consiglio Nazionale il compito di promuovere una iniziativa politico-programmatica che, previa aperta verifica tra i partiti costituzionali nelle opportune sedi, tenda a rendere più stabile e sicuro il governo del Paese, nello spirito della solidarietà nazionale e nel riconoscimento della pari dignità delle forze politiche che intendono collaborare”.