di Ruggero Morghen
“Uno lo chiamavano lo Sceriffo – si legge in un volumetto curato da Paolo Nori per Marcos y Marcos -; nessuno sa il perché di questo soprannome, visto che era un signore mite e gioviale, con dolci occhi azzurri e una battuta in dialetto sempre pronta”.
Dal canto suo il generale Oreste Baratieri viene descritto come uomo basso, sgraziato, occhialuto ma anche - scrivono Fruttero e Gramellini - “ometto pingue e palesemente inadeguato al ruolo di condottiero”. Grasso e sgraziato egli è pure per Indro Montanelli, che lo dipinge inoltre come “ambiziosissimo e assetato di gloria militare”: accusa, peraltro, condivisa da Aldo A. Mola, che facendo esplicito riferimento a Baratieri allude a “generali inetti o avventati, ancorché 33.:.”. Il caporal maggiore Domenico Rubeo, reduce della battaglia di Adua e prigioniero di Menelik, lo ricorda invece “leggermente basso, con il busto piuttosto lungo e le gambe in proporzione piuttosto corte”; inoltre “aveva il viso rossiccio e i baffi lunghi egualmente rossi”.
Probabilmente a tali caratteristiche fisiche deve il nomignolo di “Baratieri” un personaggio, tuttora ricordato, che viveva ai margini della comunità altogardesana ricorrendo più volte per cibarsi all’aiuto dei buoni padri francescani delle Grazie. Viveva solo ed ai margini ma non faceva del male a nessuno il “Baratieri” – si chiamava Giovanni, o Giovannino – che nel secondo dopoguerra abitava a Massone ed aveva – ricorda Angela Maino – una casa piena di stracci, da lui raccolti in giro qua e là.
Anche Gubbio però aveva, legato alla tradizionale Corsa dei ceri, il suo “Baratieri”. Si tratta di Bruno Capannelli (1920-2016), che difendendo vigorosamente un coetaneo vittima di nonnismo ne avrebbe poi avuto il soprannome di “Baratieri”, rimastogli per tutta la vita. Troviamo anche a Rimini un Baratieri: un marinaio che si diceva somigliasse al generale trentino. O forse – ipotizza Giovanni Vezzelli – “il soprannome era nato dal modo di dire riminese i pass ad Baratieri. “Baratieri – spiega - era un marinaio di bassa statura ed essendo e’ pass l’unità di misura della profondità in mare pari all’ampiezza delle braccia allargate a croce, ne derivava che la misurazione fatta da Baratieri era sempre minore di quella reale”.
Il nome del generale è stato, a quanto pare, ripreso anche in una filastrocca di quelle ripetute dai bambini. Ce ne rimane questo frammento: “…Baratieri, roti scudele e spaca bicèri”. Di grande interesse, inoltre, l’espressione “Sei un Baratieri” che la figlia Liliana ricorda in bocca al padre Celestino Zanoni (1915-2007), rivano, col significato di “scapestrato”, “avventuriero”, “sopra le righe”. L’espressione era nota anche a Lasino, dove Ivana Danielli, che è del 1938, la sentì bambina pronunciata dalla mamma e dalla nonna col significato – spiega – di persona un po’stramba, che non dà molto affidamento.
Il detto “Te sei proprio en Baratieri” fa parte poi dei ricordi d’infanzia dell’arcense Walter Angelini. Anche le rivane Maria Cattoi (1935) ed Annamaria Torboli (1938) ricordano la locuzione, con “Baratieri” nel significato di “tramisér” (che s’immischia in tutto – spiegano – che vuol sapere tutto), ma anche di “poco di buono”. Nel suo “Vocabolario della parlata dialettale contemporanea della Città di Trento”, Elio Fox riporta la voce “tramissér” col significato di “faccendiere, trafficante”. Non molto lontano concettualmente è quel “barattare, permutare” – in dialetto trentino “baratar” – da cui probabilmente trae origine il cognome Barattèr, ossia il cognome originario del generale condinese.
Nella nativa Val del Chiese, peraltro, l’espressione “Sei un Baratieri” non risulta, a quanto riferisce l’amico Giacomo Radoani, il quale ragionevolmente ipotizza che qui “Baratieri” stia per “fallito”, incarnando perfettamente il generale dopo Adua proprio la figura del perdente, del vinto.