Il 4 ottobre, festa di San Francesco d'Assisi, la Santa Sede ha pubblicato la nuova Esortazione Apostolica di Papa Francesco sulla crisi climatica Laudate Deum.
Il Santo Padre, a seguito dell'Enciclica Laudato si' promulgata nella Solennità di Pentecoste 2015, affronta la situazione del cambiamento climatico nella Laudate Deum ("Lodate Dio") "perché l'uomo che cerca di sostituirsi a Dio diventa il più grande pericolo per sé stesso" (LD 73).
L'Esortazione Apostolica Laudate Deum, rivolta a tutte le persone di buona volontà, si sviluppa in sei capitoli.
«“Lode a Dio” è il nome di questa lettera. Perché un essere umano che cerca di sostituirsi a Dio diventa per se stesso il pericolo peggiore. Con queste parole si conclude la nuova esortazione apostolica di Papa Francesco, pubblicata il 4 ottobre, festa del Santo di Assisi. Un testo in continuità con la più ampia enciclica Laudato si' del 2015. In 6 capitoli e 73 paragrafi, il Successore di Pietro intende precisare e completare quanto già affermato nel testo precedente sull'ecologia integrale, e allo stesso tempo alzare una voce di allarme e un appello alla corresponsabilità di fronte alla emergenza del cambiamento climatico, prima che sia troppo tardi. L'appello guarda in particolare alla COP28 che si terrà a Dubai tra la fine di novembre e l'inizio di dicembre. Il Pontefice scrive: "Con il passare del tempo noto che non abbiamo abbastanza reazioni mentre il mondo che ci accoglie si sgretola e forse si avvicina a un punto di rottura" e "non c'è dubbio che l'impatto del cambiamento climatico danneggerà sempre più la vita e le famiglie dei molte persone” (2). Si tratta di una “delle principali sfide che la società e la comunità globale devono affrontare” e “gli effetti del cambiamento climatico ricadono sulle persone più vulnerabili, sia in patria che nel mondo” (3).
I segnali del cambiamento climatico, sempre più evidenti
Il primo capitolo è dedicato alla crisi climatica globale. “Non importa quanto si cerchi di negare, nascondere, dissimulare o relativizzare, i segni del cambiamento climatico sono lì, sempre più evidenti”, spiega il Papa. Che osserva come “negli ultimi anni abbiamo assistito a fenomeni estremi, frequenti periodi di caldo insolito, siccità e altri disturbi della terra”, una “malattia silenziosa che colpisce tutti noi”. Inoltre, Francesco afferma: "è verificabile che alcuni cambiamenti climatici causati dall'uomo aumentano significativamente la probabilità di fenomeni estremi sempre più frequenti e intensi". Il Pontefice, dopo aver ricordato che se l'aumento della temperatura superasse i 2 gradi “le calotte glaciali della Groenlandia e gran parte dell'Antartide si scioglierebbero completamente, con conseguenze enormi e gravissime per tutti" (5), nei confronti di chi minimizza il cambiamento climatico, risponde: "quello che stiamo verificando ora è un'insolita accelerazione del riscaldamento, con una velocità tale che è sufficiente una sola generazione - non secoli o millenni - per verificarlo. "Probabilmente tra qualche anno molte popolazioni saranno costrette a cambiare casa a causa di questi eventi" (6). Il freddo estremo è anche “espressione alternativa della stessa causa” (7).
Non è colpa dei poveri
«Con l'obiettivo di semplificare la realtà – scrive Francesco – non mancano coloro che incolpano i poveri perché hanno molti figli e cercano di risolvere il problema anche mutilando le donne nei Paesi meno sviluppati. Come sempre, sembra che la colpa sia dei poveri. Ma la realtà è che la piccola percentuale più ricca del pianeta inquina più del 50% più povero dell’intera popolazione mondiale, e che le emissioni pro capite dei paesi più ricchi sono molte volte superiori a quelle dei più poveri. Come dimenticare che l’Africa, che ospita più della metà delle persone più povere del pianeta, "È responsabile di una parte minima delle emissioni storiche?" (9) Il Papa mette in dubbio anche la posizione di coloro che sostengono che gli sforzi per mitigare il cambiamento climatico riducendo l'uso dei combustibili fossili “porteranno a una riduzione dei posti di lavoro”. Ciò che sta realmente accadendo "è che milioni di persone stanno perdendo il lavoro a causa delle diverse conseguenze dei cambiamenti climatici: sia l'innalzamento del livello del mare che la siccità e molti altri fenomeni che colpiscono il pianeta, hanno messo a rischio molte persone". . Mentre “la transizione verso forme di energia rinnovabile, ben gestita” è capace di “generare innumerevoli posti di lavoro in diversi settori. Ciò richiede che politici e imprenditori se ne occupino subito” (10). Ciò che sta realmente accadendo "è che milioni di persone stanno perdendo il lavoro a causa delle diverse conseguenze dei cambiamenti climatici: sia l'innalzamento del livello del mare che la siccità e molti altri fenomeni che colpiscono il pianeta, hanno messo a rischio molte persone". . Mentre “la transizione verso forme di energia rinnovabile, ben gestita” è capace di “generare innumerevoli posti di lavoro in diversi settori. Ciò richiede che politici e imprenditori se ne occupino subito” (10). Ciò che sta realmente accadendo "è che milioni di persone stanno perdendo il lavoro a causa delle diverse conseguenze dei cambiamenti climatici: sia l'innalzamento del livello del mare che la siccità e molti altri fenomeni che colpiscono il pianeta, hanno messo a rischio molte persone". . Mentre “la transizione verso forme di energia rinnovabile, ben gestita” è capace di “generare innumerevoli posti di lavoro in diversi settori. Ciò richiede che politici e imprenditori se ne occupino subito” (10). “Ben gestito” è capace “di generare innumerevoli posti di lavoro in diversi settori. Ciò richiede che politici e imprenditori se ne occupino subito” (10). “Ben gestito” è capace “di generare innumerevoli posti di lavoro in diversi settori. Ciò richiede che politici e imprenditori se ne occupino subito” (10).
Indubbia origine umana
“Non ci può più essere alcun dubbio sull’origine umana – “antropica” – del cambiamento climatico”, afferma Francesco. «La concentrazione dei gas serra nell'atmosfera... è rimasta stabile fino al XIX secolo... Negli ultimi cinquant'anni l'aumento ha subito una notevole accelerazione» (11). Allo stesso tempo, la temperatura “è aumentata con una velocità senza precedenti, senza precedenti negli ultimi duemila anni. In questo periodo la tendenza era per un riscaldamento di 0,15 gradi centigradi ogni decennio, il doppio di quanto avvenuto negli ultimi 150 anni... Di questo passo è possibile che tra dieci anni si raggiunga il limite massimo auspicabile a livello globale di 1,5 gradi centigradi. "(12). Provocando l’acidificazione dei mari e lo scioglimento dei ghiacci. La coincidenza tra questi eventi e l'aumento delle emissioni di gas serra "non può essere nascosta... La stragrande maggioranza degli scienziati climatici sostiene questa correlazione e solo una piccola percentuale di loro cerca di negare questa prova". Purtroppo, osserva amaramente il Pontefice, «la crisi climatica non è esattamente una questione che interessi le grandi potenze economiche, preoccupate del maggior ritorno possibile al minor costo e nel minor tempo possibile» (13).
Siamo appena in tempo per evitare danni ancora più drammatici
«Sono costretto - prosegue Francesco - a fare queste precisazioni, che possono sembrare ovvie, a causa di alcune opinioni dispregiative e non razionali che riscontro anche all'interno della Chiesa cattolica. Ma non possiamo più dubitare che la ragione dell’insolita velocità di questi pericolosi cambiamenti sia un fatto innegabile: gli enormi sviluppi che hanno a che fare con l’intervento sfrenato dell’uomo sulla natura” (14). Purtroppo, alcune manifestazioni di questa crisi climatica sono già irreversibili da almeno centinaia di anni, mentre “lo scioglimento dei poli non potrà essere invertito prima di centinaia di anni” (16). Siamo quindi appena in tempo per evitare danni ancora più drammatici. Il Papa scrive che «certe diagnosi apocalittiche spesso appaiono poco razionali o non sufficientemente fondate». ma «non possiamo dire con certezza» cosa accadrà (17). Pertanto, «è urgentemente necessaria una visione più ampia... Non ci viene chiesto altro che una certa responsabilità per l'eredità che lasceremo dietro di noi dopo il nostro passaggio in questo mondo» (18). Ricordando l’esperienza della pandemia di Covid-19, Francesco ripete «tutto è connesso e nessuno si salva da solo» (19).
Il paradigma tecnocratico: l’idea di un essere umano senza limiti
Nel secondo capitolo, Francesco parla del paradigma tecnocratico che «consiste nel pensare «come se la realtà, il bene e la verità scaturissero spontaneamente dalla stessa potenza tecnologica ed economica» (20) e «reagisce mostruosamente» (21) basandosi sull'idea di un essere umano senza limiti. «L'umanità non ha mai avuto così tanto potere su se stessa e nulla garantisce che lo utilizzerà bene, soprattutto se si considera il modo in cui lo sta facendo... È tremendamente rischioso che risieda in una piccola parte dell'umanità» (23) . Purtroppo, come insegna anche la bomba atomica, «l'immensa crescita tecnologica non è stata accompagnata da uno sviluppo dell'essere umano nella responsabilità, nei valori, nella coscienza» (24). Il Papa ribadisce che «il mondo che ci circonda non è oggetto di sfruttamento, di uso sfrenato, di ambizione illimitata» (25). Ricordare anche che siamo inclusi nella natura, e «questa stessa esclude l'idea che l'essere umano sia un estraneo, un fattore esterno capace solo di danneggiare l'ambiente. Deve essere considerato come parte della natura” (26); «i gruppi umani hanno spesso “creato” l'ambiente» (27).
Declino etico del potere: marketing e falsa informazione
Abbiamo raggiunto «il progresso tecnologico, e non ci rendiamo conto che allo stesso tempo diventiamo esseri altamente pericolosi, capaci di mettere a rischio la vita di molti esseri e la nostra stessa sopravvivenza» (28). "Il declino etico del potere reale viene mascherato grazie al marketing e alla falsa informazione, meccanismi utili nelle mani di chi dispone di maggiori risorse per influenzare attraverso di essi l'opinione pubblica." Questi meccanismi convincono gli abitanti delle zone dove verranno realizzati progetti inquinanti, illudendoli che si creeranno opportunità economiche e occupazionali, ma «non viene detto loro chiaramente che dietro questa impresa» ci sarà «terra bruciata» (29 ) e condizioni di vita molto più sfavorevoli. «La logica del massimo beneficio al minor costo, mascherata da razionalità, di progresso e di promesse illusorie, rende impossibile ogni sincera preoccupazione per la casa comune e ogni preoccupazione per la promozione degli scartati dalla società... estasiati di fronte alle promesse di tanti falsi profeti, a volte sono i poveri stessi a cadere nell'inganno di un mondo che non è costruito per loro» (31). Esiste «un dominio di coloro che sono nati con migliori condizioni di sviluppo» (32). Francesco li invita a chiedersi, davanti «ai figli che pagheranno i danni delle loro azioni» quale sia il senso della loro vita (33). Esiste «un dominio di coloro che sono nati con migliori condizioni di sviluppo» (32). Francesco li invita a chiedersi, davanti «ai figli che pagheranno i danni delle loro azioni» quale sia il senso della loro vita (33). Esiste «un dominio di coloro che sono nati con migliori condizioni di sviluppo» (32). Francesco li invita a chiedersi, davanti «ai figli che pagheranno i danni delle loro azioni» quale sia il senso della loro vita (33).
Politica internazionale debole
Nel capitolo successivo dell'esortazione, il Papa affronta la debolezza della politica internazionale, insistendo sulla necessità di favorire «accordi multilaterali tra Stati» (34). Spiega che "Quando si parla della possibilità di una qualche forma di autorità mondiale regolata dalla legge, non si dovrebbe necessariamente pensare a un'autorità personale" ma a "organizzazioni mondiali più efficaci, dotate di autorità per garantire il bene comune globale, l'eradicazione della fame." e miseria, e la difesa certa dei diritti umani fondamentali. Che «devono essere dotati di una reale autorità affinché possa essere 'assicurato' il raggiungimento di alcuni obiettivi irrinunciabili» (35). Francesco deplora che “le crisi mondiali siano sprecate quando potrebbero essere l’occasione per provocare cambiamenti salutari. Questo è quello che è successo nella crisi finanziaria del 2007-2008 ed è successo ancora nella crisi del covid-19", che ha portato "più individualismo, più disintegrazione, più libertà per i veri potenti che trovano sempre il modo di uscirne indenni" (36). «Più che salvare il vecchio multilateralismo, sembra che la sfida attuale sia riconfigurarlo e ricrearlo tenendo conto della nuova situazione mondiale» (37), riconoscendo che molte aggregazioni e organizzazioni della società civile contribuiscono a compensare le debolezze della Comunità internazionale. Il Papa cita il processo di Ottawa sulle mine antiuomo, che mostra come la società civile crea dinamiche efficaci che l'Onu non può realizzare. a più libertà per i veri potenti che trovano sempre il modo di uscirne indenni” (36). «Più che salvare il vecchio multilateralismo, sembra che la sfida attuale sia riconfigurarlo e ricrearlo tenendo conto della nuova situazione mondiale» (37), riconoscendo che molte aggregazioni e organizzazioni della società civile contribuiscono a compensare le debolezze della Comunità internazionale. Il Papa cita il processo di Ottawa sulle mine antiuomo, che mostra come la società civile crea dinamiche efficaci che l'Onu non può realizzare. a più libertà per i veri potenti che trovano sempre il modo di uscirne indenni” (36). «Più che salvare il vecchio multilateralismo, sembra che la sfida attuale sia riconfigurarlo e ricrearlo tenendo conto della nuova situazione mondiale» (37), riconoscendo che molte aggregazioni e organizzazioni della società civile contribuiscono a compensare le debolezze della Comunità internazionale. Il Papa cita il processo di Ottawa sulle mine antiuomo, che mostra come la società civile crea dinamiche efficaci che l'Onu non può realizzare. Sembra che la sfida attuale sia riconfigurarla e ricrearla tenendo conto della nuova situazione mondiale» (37), riconoscendo che molte aggregazioni e organizzazioni della società civile contribuiscono a compensare le debolezze della Comunità internazionale. Il Papa cita il processo di Ottawa sulle mine antiuomo, che mostra come la società civile crea dinamiche efficaci che l'Onu non può realizzare. Sembra che la sfida attuale sia riconfigurarla e ricrearla tenendo conto della nuova situazione mondiale» (37), riconoscendo che molte aggregazioni e organizzazioni della società civile contribuiscono a compensare le debolezze della Comunità internazionale. Il Papa cita il processo di Ottawa sulle mine antiuomo, che mostra come la società civile crea dinamiche efficaci che l'Onu non può realizzare.
Le istituzioni che preservano i più forti sono inutili
Quello che propone Francesco è «un multilateralismo “dal basso” e non semplicemente deciso dalle élite al potere... È auspicabile che ciò avvenga rispetto alla crisi climatica. Per questo ribadisco che “se i cittadini non controllano il potere politico – nazionale, regionale e comunale –, non è possibile nemmeno il controllo del danno ambientale” (38). Dopo aver riaffermato il primato della persona umana e la difesa della sua dignità al di sopra di ogni circostanza, Francesco ha spiegato che «non si tratta di sostituirsi alla politica, perché... le potenze emergenti diventano sempre più rilevanti». «Proprio il fatto che le risposte ai problemi possano provenire da qualsiasi Paese, anche piccolo, finisce per presentare il multilateralismo come una strada inevitabile» (40). Pertanto è necessario un “quadro diverso per una cooperazione efficace”. "Non basta pensare agli equilibri di potere ma anche alla necessità di rispondere alle nuove sfide e reagire con meccanismi globali". Abbiamo bisogno di “regole globali ed efficienti” (42). «Tutto ciò significa generare un nuovo iter decisionale»; Abbiamo bisogno di “spazi di conversazione, consultazione, arbitrato, risoluzione e supervisione dei conflitti e, in definitiva, di una sorta di maggiore “democratizzazione” a livello globale in modo che le varie situazioni possano essere espresse e incorporate. Non ci servirà più sostenere le istituzioni per preservare i diritti dei più forti senza prenderci cura di quelli di tutti» (43). «Tutto ciò significa generare un nuovo iter decisionale»; Abbiamo bisogno di “spazi di conversazione, consultazione, arbitrato, risoluzione e supervisione dei conflitti e, in definitiva, di una sorta di maggiore “democratizzazione” a livello globale in modo che le varie situazioni possano essere espresse e incorporate. Non ci servirà più sostenere le istituzioni per preservare i diritti dei più forti senza prenderci cura di quelli di tutti» (43). «Tutto ciò significa generare un nuovo iter decisionale»; Abbiamo bisogno di “spazi di conversazione, consultazione, arbitrato, risoluzione e supervisione dei conflitti e, in definitiva, di una sorta di maggiore “democratizzazione” a livello globale in modo che le varie situazioni possano essere espresse e incorporate. Non ci servirà più sostenere le istituzioni per preservare i diritti dei più forti senza prenderci cura di quelli di tutti» (43).
Conferenze sul clima
Nel capitolo successivo Francesco descrive le varie conferenze sul clima tenutesi fino ad oggi. Ricordiamo che di Parigi, il cui accordo è entrato in vigore nel novembre 2016, ma “pur essendo un accordo vincolante, non tutte le prescrizioni sono obblighi in senso stretto e alcune di esse danno luogo ad un’ampia discrezionalità” (47), non sono previste sanzioni per inosservanza e mancano mezzi efficaci per far rispettare la legge, non prevede sanzioni reali e non esistono strumenti efficaci per garantirne l’osservanza. E «si sta ancora lavorando per consolidare pratiche specifiche di monitoraggio e fornire criteri generali che consentano di confrontare gli obiettivi dei diversi paesi» (48). Il Papa ricorda la delusione della COP di Madrid e ricorda che la COP di Glasgow ha rilanciato gli obiettivi di Parigi, con molte “esortazioni”, ma “non potevano avanzare proposte volte ad assicurare una transizione rapida ed efficace verso forme di energia alternative e meno inquinanti” (49). La COP27 in Egitto nel 2022 «è stata un altro esempio della difficoltà dei negoziati» e sebbene abbia prodotto «almeno progressi nel consolidamento del sistema di finanziamento delle “perdite e danni” nei paesi più colpiti dai disastri climatici» (51) anche qui troppi punti sono rimasti “imprecisi”. I negoziati internazionali “non possono avanzare in modo significativo a causa delle posizioni dei paesi che privilegiano i propri interessi nazionali rispetto al bene comune globale. Coloro che subiranno le conseguenze che cerchiamo di nascondere si ricorderanno di questa mancanza di consapevolezza e di responsabilità» (52). ma “proposte volte ad assicurare una transizione rapida ed efficace verso forme di energia alternative meno inquinanti non potrebbero avanzare” (49). La COP27 in Egitto nel 2022 «è stata un altro esempio della difficoltà dei negoziati» e sebbene abbia prodotto «almeno progressi nel consolidamento del sistema di finanziamento delle “perdite e danni” nei paesi più colpiti dai disastri climatici» (51) anche qui troppi punti sono rimasti “imprecisi”. I negoziati internazionali “non possono avanzare in modo significativo a causa delle posizioni dei paesi che privilegiano i propri interessi nazionali rispetto al bene comune globale. Coloro che subiranno le conseguenze che cerchiamo di nascondere si ricorderanno di questa mancanza di consapevolezza e di responsabilità» (52). ma “proposte volte ad assicurare una transizione rapida ed efficace verso forme di energia alternative meno inquinanti non potrebbero avanzare” (49). La COP27 in Egitto nel 2022 «è stata un altro esempio della difficoltà dei negoziati» e sebbene abbia prodotto «almeno progressi nel consolidamento del sistema di finanziamento delle “perdite e danni” nei paesi più colpiti dai disastri climatici» (51) anche qui troppi punti sono rimasti “imprecisi”. I negoziati internazionali “non possono avanzare in modo significativo a causa delle posizioni dei paesi che privilegiano i propri interessi nazionali rispetto al bene comune globale. Coloro che subiranno le conseguenze che cerchiamo di nascondere si ricorderanno di questa mancanza di consapevolezza e di responsabilità» (52).
Cosa aspettarsi dal COP di Dubai?
Riguardo alla COP28, Francesco scrive che «dire che non c'è nulla da sperare sarebbe un atto suicida, perché implicherebbe esporre l'intera umanità, soprattutto i più poveri, agli impatti peggiori dei cambiamenti climatici» (53). «Non possiamo smettere di sognare che questa COP28 porti ad una decisa accelerazione della transizione energetica, con impegni concreti e suscettibili di monitoraggio permanente. Questa Convenzione può rappresentare un punto di svolta” (54). Il Papa sottolinea che «la transizione necessaria, verso le energie pulite… abbandonando i combustibili fossili, non ha la velocità necessaria. Di conseguenza, ciò che viene fatto rischia di essere interpretato solo come un gioco di distrazione” (55). Non si può solo cercare una soluzione tecnica ai problemi,
Smettere di ridicolizzare la questione ambientale
Francesco chiede di porre fine «al ridicolo irresponsabile che presenta questo tema come qualcosa di esclusivamente ambientale, “verde”, romantico, spesso ridicolizzato dagli interessi economici. Accettiamo finalmente che si tratta di un problema umano e sociale in una gamma diversificata di significati. Per questo è necessario il sostegno di tutti". Riguardo alle proteste dei gruppi radicalizzati, il Papa afferma che “coprono un vuoto nell'intera società, che dovrebbe esercitare una sana “pressione”, perché spetta a ciascuna famiglia pensare che è in gioco il futuro dei propri figli”. 58). Il Pontefice auspica che dalla COP28 emergano “forme vincolanti di transizione energetica” efficienti, “obbligatorie e facilmente monitorabili” (59). «L'auspicio che chi interviene possa essere degli strateghi capaci di pensare al bene comune e al futuro dei propri figli, più che negli interessi circostanziali di alcuni paesi o aziende. Spero che mostrino la nobiltà della politica e non la sua vergogna. Ai potenti oso ripetere questa domanda: perché vogliamo preservare oggi un potere che sarà ricordato per la sua incapacità di intervenire quando era urgente e necessario farlo? (60).
Un impegno derivato dalla fede cristiana
Il Papa, infine, ricorda che la motivazione di questo impegno viene dalla fede cristiana, incoraggiando «i fratelli e le sorelle delle altre religioni a fare altrettanto» (61). "La visione del mondo giudaico-cristiana difende il valore peculiare e centrale dell'essere umano in mezzo al meraviglioso concerto di tutti gli esseri." «Tutti gli esseri dell'universo sono uniti da legami invisibili e formano una sorta di famiglia universale, una comunione sublime che ci muove ad un rispetto sacro, amoroso e umile» (67). «Questa non è un prodotto della nostra volontà, ha un'altra origine che è alla radice del nostro essere, poiché «Dio ci ha uniti così strettamente al mondo che ci circonda» (68). L'importante, scrive Francesco, è ricordare che «non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali, senza una maturazione nel modo di vivere e nelle convinzioni delle società, e non ci sono cambiamenti culturali senza cambiamenti nelle persone” (70). «Lo sforzo delle famiglie per inquinare meno, ridurre i rifiuti e consumare saggiamente sta creando una nuova cultura. Questo semplice fatto di modificare le abitudini personali, familiari e comunitarie» contribuisce a «generare grandi processi di trasformazione che operano dal profondo della società» (71). Il Pontefice conclude la sua esortazione ricordando che «le emissioni pro capite degli Stati Uniti sono circa il doppio di quelle di un abitante della Cina e quasi sette volte superiori alla media dei Paesi più poveri». E afferma che “un cambiamento diffuso nello stile di vita irresponsabile legato al modello occidentale avrebbe un impatto significativo a lungo termine.
ESORTAZIONE APOSTOLICA
LAUDATE DEUM
DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
A TUTTE LE PERSONE DI BUONA VOLONTÀ
SULLA CRISI CLIMATICA
1. “Lodate Dio per tutte le sue creature”. Questo è stato l’invito che San Francesco d’Assisi ha fatto con la sua vita, i suoi canti, i suoi gesti. In tal modo ha ripreso la proposta dei salmi della Bibbia e ha ripresentato la sensibilità di Gesù verso le creature del Padre suo: «Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro» (Mt 6,28-29). «Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio» (Lc 12,6). Come non ammirare questa tenerezza di Gesù per tutti coloro che ci accompagnano nel nostro cammino?
2. Sono passati ormai otto anni dalla pubblicazione della Lettera enciclica Laudato si’, quando ho voluto condividere con tutti voi, sorelle e fratelli del nostro pianeta sofferente, le mie accorate preoccupazioni per la cura della nostra casa comune. Ma, con il passare del tempo, mi rendo conto che non reagiamo abbastanza, poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura. Al di là di questa possibilità, non c’è dubbio che l’impatto del cambiamento climatico danneggerà sempre più la vita di molte persone e famiglie. Ne sentiremo gli effetti in termini di salute, lavoro, accesso alle risorse, abitazioni, migrazioni forzate e in altri ambiti.
3. Si tratta di un problema sociale globale che è intimamente legato alla dignità della vita umana. I vescovi degli Stati Uniti hanno espresso molto bene il senso sociale della nostra preoccupazione per il cambiamento climatico, che va oltre un approccio meramente ecologico, perché «la nostra cura per l’altro e la nostra cura per la terra sono intimamente legate. Il cambiamento climatico è una delle principali sfide che la società e la comunità globale devono affrontare. Gli effetti del cambiamento climatico sono subiti dalle persone più vulnerabili, sia in patria che nel mondo».[1] Con poche parole lo hanno detto anche i vescovi presenti al Sinodo per l’Amazzonia: «Gli attacchi alla natura hanno conseguenze sulla vita dei popoli».[2] E per esprimere con forza che non si tratta più di una questione secondaria o ideologica, ma di un dramma che ci danneggia tutti, i vescovi africani hanno dichiarato che il cambiamento climatico evidenzia «un esempio scioccante di peccato strutturale».[3]
4. La riflessione e le informazioni che possiamo raccogliere da questi ultimi otto anni ci permettono di specificare e completare ciò che abbiamo affermato qualche tempo fa. Per tale motivo, e perché la situazione sta diventando ancora più urgente, ho voluto condividere con voi queste pagine.
1. La crisi climatica globale
5. Per quanto si cerchi di negarli, nasconderli, dissimularli o relativizzarli, i segni del cambiamento climatico sono lì, sempre più evidenti. Nessuno può ignorare che negli ultimi anni abbiamo assistito a fenomeni estremi, frequenti periodi di caldo anomalo, siccità e altri lamenti della terra che sono solo alcune espressioni tangibili di una malattia silenziosa che colpisce tutti noi. È vero che non tutte le catastrofi possono essere attribuite al cambiamento climatico globale. Tuttavia, è verificabile che alcuni cambiamenti climatici indotti dall’uomo aumentano significativamente la probabilità di eventi estremi più frequenti e più intensi. Sappiamo quindi che ogni volta che la temperatura globale aumenta di 0,5 gradi centigradi, aumentano anche l’intensità e la frequenza di forti piogge e inondazioni in alcune aree, di gravi siccità in altre, di caldo estremo in alcune regioni e di forti nevicate in altre ancora.[4] Se fino ad ora potevamo avere ondate di calore alcune volte all’anno, cosa accadrebbe con un aumento della temperatura globale di 1,5 gradi centigradi, a cui siamo vicini? Tali ondate di calore saranno molto più frequenti e più intense. Se si superano i 2 gradi, le calotte glaciali della Groenlandia e di gran parte dell’Antartide si scioglieranno completamente,[5] con conseguenze enormi e molto gravi per tutti.
Resistenza e confusione
6. Negli ultimi anni non sono mancate le persone che hanno cercato di minimizzare questa osservazione. Citano dati presumibilmente scientifici, come il fatto che il pianeta ha sempre avuto e avrà sempre periodi di raffreddamento e riscaldamento. Trascurano di menzionare un altro dato rilevante: quello a cui stiamo assistendo ora è un’insolita accelerazione del riscaldamento, con una velocità tale che basta una sola generazione – non secoli o millenni – per accorgersene. L’innalzamento del livello del mare e lo scioglimento dei ghiacciai possono essere facilmente percepiti da una persona nell’arco della sua vita, e probabilmente tra pochi anni molte popolazioni dovranno spostare le loro case a causa di questi eventi.
7. Per porre in ridicolo chi parla di riscaldamento globale, si ricorre al fatto che si verificano di frequente anche freddi estremi. Si dimentica che questi e altri sintomi straordinari sono solo espressioni alternative della stessa causa: lo squilibrio globale causato dal riscaldamento del pianeta. Siccità e alluvioni, prosciugamento di laghi e popolazioni spazzate via da maremoti o inondazioni hanno in fondo la stessa origine. D’altra parte, se parliamo di un fenomeno globale, non possiamo confonderlo con eventi transitori e mutevoli, che sono in gran parte spiegati da fattori locali.
8. La mancanza di informazioni porta a identificare le grandi proiezioni climatiche che riguardano periodi lunghi – si tratta almeno di decenni – con le previsioni meteorologiche che possono coprire al massimo qualche settimana. Quando parliamo di cambiamento climatico ci riferiamo a una realtà globale – con costanti variazioni locali – che persiste per diversi decenni.
9. Nel tentativo di semplificare la realtà, non mancano coloro che incolpano i poveri di avere troppi figli e cercano di risolvere il problema mutilando le donne dei Paesi meno sviluppati. Come al solito, sembrerebbe che la colpa sia dei poveri. Ma la realtà è che una bassa percentuale più ricca della popolazione mondiale inquina di più rispetto al 50% di quella più povera e che le emissioni pro capite dei Paesi più ricchi sono di molto superiori a quelle dei più poveri.[6] Come dimenticare che l’Africa, che ospita più della metà delle persone più povere del mondo, è responsabile solo di una minima parte delle emissioni storiche?
10. Spesso si dice anche che gli sforzi per mitigare il cambiamento climatico riducendo l’uso di combustibili fossili e sviluppando forme di energia più pulita porteranno a una riduzione dei posti di lavoro. Ciò che sta accadendo è che milioni di persone perdono il lavoro a causa delle varie conseguenze del cambiamento climatico: l’innalzamento del livello del mare, la siccità e molti altri fenomeni che colpiscono il pianeta hanno lasciato parecchia gente alla deriva. D’altra parte, la transizione verso forme di energia rinnovabile, ben gestita, così come tutti gli sforzi per adattarsi ai danni del cambiamento climatico, sono in grado di generare innumerevoli posti di lavoro in diversi settori. Per questo è necessario che i politici e gli imprenditori se ne occupino subito.
Le cause umane
11. L’origine umana – “antropica” – del cambiamento climatico non può più essere messa in dubbio. Vediamo perché. La concentrazione dei gas serra nell’atmosfera, che causano il riscaldamento globale, è rimasta stabile fino al XIX secolo, al di sotto delle 300 parti per milione in volume. Ma a metà di quel secolo, in coincidenza con lo sviluppo industriale, le emissioni hanno iniziato ad aumentare. Negli ultimi cinquant’anni l’aumento ha subito una forte accelerazione, come certificato dall’osservatorio di Mauna Loa, che dal 1958 effettua misurazioni giornaliere dell’anidride carbonica. Mentre scrivevo la Laudato si’ ha raggiunto il massimo storico – 400 parti per milione – arrivando nel giugno 2023 a 423 parti per milione.[7] Oltre il 42% delle emissioni nette totali dal 1850 è avvenuto dopo il 1990.[8]
12. Nel contempo, notiamo che negli ultimi cinquant’anni la temperatura è aumentata a una velocità inedita, senza precedenti negli ultimi duemila anni. In questo periodo la tendenza è stata di un riscaldamento di 0,15 gradi centigradi per decennio, il doppio rispetto agli ultimi 150 anni. Dal 1850 a oggi la temperatura globale è aumentata di 1,1 gradi centigradi, fenomeno che risulta amplificato nelle aree polari. A questo ritmo, è possibile che tra dieci anni raggiungeremo il limite massimo globale auspicabile di 1,5 gradi centigradi.[9] L’aumento non si è verificato soltanto sulla superficie terrestre, ma anche a diversi chilometri di altezza nell’atmosfera, sulla superficie degli oceani e persino a centinaia di metri di profondità. Questo ha pure aumentato l’acidificazione dei mari e ridotto i loro livelli di ossigeno. I ghiacciai si ritirano, la copertura nevosa diminuisce e il livello del mare aumenta costantemente.[10]
13. La coincidenza di questi fenomeni climatici globali con la crescita accelerata delle emissioni di gas serra, soprattutto a partire dalla metà del XX secolo, non può essere nascosta. La stragrande maggioranza degli studiosi del clima sostiene questa correlazione e solo una minima percentuale di essi tenta di negare tale evidenza. Purtroppo, la crisi climatica non è propriamente una questione che interessi alle grandi potenze economiche, che si preoccupano di ottenere il massimo profitto al minor costo e nel minor tempo possibili.
14. Sono costretto a fare queste precisazioni, che possono sembrare ovvie, a causa di certe opinioni sprezzanti e irragionevoli che trovo anche all’interno della Chiesa cattolica. Ma non possiamo più dubitare che la ragione dell’insolita velocità di così pericolosi cambiamenti sia un fatto innegabile: gli enormi sviluppi connessi allo sfrenato intervento umano sulla natura negli ultimi due secoli. Gli elementi naturali che tipicamente causano il riscaldamento, come le eruzioni vulcaniche e altri, non sono sufficienti a spiegare il tasso e la velocità dei cambiamenti degli ultimi decenni.[11] L’evoluzione delle temperature medie della superficie non può essere spiegata senza l’effetto dell’aumento dei gas serra.
Danni e rischi
15. Alcune manifestazioni di questa crisi climatica sono già irreversibili per almeno centinaia di anni, come l’aumento della temperatura globale degli oceani, l’acidificazione e la riduzione dell’ossigeno. Le acque oceaniche hanno un’inerzia termica e ci vogliono secoli per normalizzare la temperatura e la salinità, con conseguenze sulla sopravvivenza di molte specie. Questo è un segno tra i tanti del fatto che le altre creature di questo mondo hanno smesso di esserci compagne di viaggio e sono diventate nostre vittime.
16. Lo stesso vale per il processo che porta alla riduzione dei ghiacci continentali. Lo scioglimento dei poli non può essere invertito per centinaia di anni. Per quanto riguarda il clima, ci sono fattori che permangono a lungo, indipendentemente dagli eventi che li hanno scatenati. Per questo motivo, non possiamo più fermare gli enormi danni che abbiamo causato. Siamo appena in tempo per evitare danni ancora più drammatici.
17. Alcune diagnosi apocalittiche sembrano spesso irragionevoli o non sufficientemente fondate. Ciò non dovrebbe indurci a ignorare che la possibilità di raggiungere un punto di svolta è reale. Piccoli cambiamenti possono provocare cambiamenti importanti, imprevisti e forse già irreversibili, a causa di fattori inerziali. Ciò finirebbe per innescare una cascata di eventi a valanga. In questo caso, si arriva sempre troppo tardi, perché nessun intervento può fermare il processo già iniziato. Da lì non si può tornare indietro. Non possiamo dire con certezza che questo accadrà nelle condizioni attuali. Ma è certamente una possibilità se teniamo conto dei fenomeni già in atto che “sensibilizzano” il clima, come ad esempio la riduzione delle calotte glaciali, i cambiamenti nei flussi oceanici, la deforestazione delle foreste pluviali tropicali, lo scioglimento del permafrost in Russia.[12]
18. È quindi urgente una visione più ampia, che ci permetta non solo di stupirci delle meraviglie del progresso, ma anche di prestare attenzione ad altri effetti che probabilmente un secolo fa non si potevano nemmeno immaginare. Non ci viene chiesto nulla di più che una certa responsabilità per l’eredità che lasceremo dietro di noi dopo il nostro passaggio in questo mondo.
19. Infine, possiamo aggiungere che la pandemia di Covid-19 ha confermato la stretta relazione della vita umana con quella degli altri esseri viventi e con l’ambiente. Ma in particolare ha confermato che quanto accade in qualsiasi parte del mondo ha ripercussioni sull’intero pianeta. Questo mi permette di ribadire due convinzioni su cui insisto fino a risultare noioso: “tutto è collegato” e “nessuno si salva da solo”.
2. Il crescente paradigma tecnocratico
20. Nella Laudato si’ ho offerto una breve spiegazione del paradigma tecnocratico che è alla base dell’attuale processo di degrado ambientale. Si tratta di «un modo di comprendere la vita e l’azione umana che è deviato e che contraddice la realtà fino al punto di rovinarla».[13] In sostanza, consiste nel pensare «come se la realtà, il bene e la verità sbocciassero spontaneamente dal potere stesso della tecnologia e dell’economia».[14] Come conseguenza logica, «da qui si passa facilmente all’idea di una crescita infinita o illimitata, che ha tanto entusiasmato gli economisti, i teorici della finanza e della tecnologia».[15]
21. Negli ultimi anni abbiamo potuto confermare questa diagnosi, assistendo al tempo stesso a un nuovo avanzamento di tale paradigma. L’intelligenza artificiale e i recenti sviluppi tecnologici si basano sull’idea di un essere umano senza limiti, le cui capacità e possibilità si potrebbero estendere all’infinito grazie alla tecnologia. Così, il paradigma tecnocratico si nutre mostruosamente di sé stesso.
22. Le risorse naturali necessarie per la tecnologia, come il litio, il silicio e tante altre, non sono certo illimitate, ma il problema più grande è l’ideologia che sottende un’ossessione: accrescere oltre ogni immaginazione il potere dell’uomo, per il quale la realtà non umana è una mera risorsa al suo servizio. Tutto ciò che esiste cessa di essere un dono da apprezzare, valorizzare e curare, e diventa uno schiavo, una vittima di qualsiasi capriccio della mente umana e delle sue capacità.
23. Fa venire i brividi rendersi conto che le capacità ampliate dalla tecnologia danno «a coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano e del mondo intero. Mai l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene, soprattutto se si considera il modo in cui se ne sta servendo. [...] In quali mani sta e in quali può giungere tanto potere? È terribilmente rischioso che esso risieda in una piccola parte dell’umanità».[16]
Ripensare il nostro uso del potere
24. Non ogni aumento di potere è un progresso per l’umanità. Basti pensare alle tecnologie “mirabili” che furono utilizzate per decimare popolazioni, lanciare bombe atomiche, annientare gruppi etnici. Vi sono stati momenti della storia in cui l’ammirazione per il progresso non ci ha permesso di vedere l’orrore dei suoi effetti. Ma questo rischio è sempre presente, perché «l’immensa crescita tecnologica non è stata accompagnata da uno sviluppo dell’essere umano per quanto riguarda la responsabilità, i valori e la coscienza [...]. È nudo ed esposto di fronte al suo stesso potere che continua a crescere, senza avere gli strumenti per controllarlo. Può disporre di meccanismi superficiali, ma possiamo affermare che gli mancano un’etica adeguatamente solida, una cultura e una spiritualità che realmente gli diano un limite e lo contengano entro un lucido dominio di sé».[17] Non è strano che un potere così grande in simili mani sia capace di distruggere la vita, mentre la matrice di pensiero del paradigma tecnocratico ci acceca e non ci permette di vedere questo gravissimo problema dell’umanità di oggi.
25. Contrariamente a questo paradigma tecnocratico diciamo che il mondo che ci circonda non è un oggetto di sfruttamento, di uso sfrenato, di ambizione illimitata. Non possiamo nemmeno dire che la natura sia una mera “cornice” in cui sviluppare la nostra vita e i nostri progetti, perché «siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati»,[18] così che «il mondo non si contempla dal di fuori ma dal di dentro».[19]
26. Ciò esclude l’idea che l’essere umano sia un estraneo, un fattore esterno capace solo di danneggiare l’ambiente. Dev’essere considerato come parte della natura. La vita, l’intelligenza e la libertà dell’uomo sono inserite nella natura che arricchisce il nostro pianeta e fanno parte delle sue forze interne e del suo equilibrio.
27. Pertanto, un ambiente sano è anche il prodotto dell’interazione dell’uomo con l’ambiente, come avviene nelle culture indigene e come è avvenuto per secoli in diverse regioni della Terra. I gruppi umani hanno spesso “creato” l’ambiente,[20] rimodellandolo in qualche modo senza distruggerlo o metterlo in pericolo. Il grande problema di oggi è che il paradigma tecnocratico ha distrutto questo rapporto sano e armonioso. Tuttavia, l’indispensabile superamento di tale paradigma tanto dannoso e distruttivo non si troverà in una negazione dell’essere umano, ma comprende l’interazione dei sistemi naturali «con i sistemi sociali».[21]
28. Dobbiamo tutti ripensare alla questione del potere umano, al suo significato e ai suoi limiti. Il nostro potere, infatti, è aumentato freneticamente in pochi decenni. Abbiamo compiuto progressi tecnologici impressionanti e sorprendenti, e non ci rendiamo conto che allo stesso tempo siamo diventati altamente pericolosi, capaci di mettere a repentaglio la vita di molti esseri e la nostra stessa sopravvivenza. Si può ripetere oggi con l’ironia di Solov’ëv: «Un secolo così progredito che perfino gli era toccato in sorte di essere l’ultimo».[22] Ci vuole lucidità e onestà per riconoscere in tempo che il nostro potere e il progresso che generiamo si stanno rivoltando contro noi stessi.[23]
Il pungiglione etico
29. La decadenza etica del potere reale è mascherata dal marketing e dalla falsa informazione, meccanismi utili nelle mani di chi ha maggiori risorse per influenzare l’opinione pubblica attraverso di essi. Con l’aiuto di questi meccanismi, quando si pensa di avviare un progetto con forte impatto ambientale ed elevati effetti inquinanti, gli abitanti della zona vengono illusi parlando del progresso locale che si potrà generare o delle opportunità economiche, occupazionali e di promozione umana che questo comporterà per i loro figli. Ma in realtà manca un vero interesse per il futuro di queste persone, perché non viene detto loro chiaramente che in seguito a tale progetto resteranno una terra devastata, condizioni molto più sfavorevoli per vivere e prosperare, una regione desolata, meno abitabile, senza vita e senza la gioia della convivenza e della speranza; oltre al danno globale che finisce per nuocere a molti altri.
30. Basti pensare all’effimero entusiasmo per il denaro ricevuto in cambio del deposito di scorie tossiche in un sito. La casa acquistata con quei soldi si è trasformata in una tomba a causa delle malattie che si sono scatenate. E non parlo spinto da una sfrenata immaginazione, ma per qualcosa che abbiamo vissuto. Si potrebbe dire che questo è un esempio estremo, ma non si può parlare di danni “minori”, perché è proprio la somma di molti danni considerati tollerabili che finisce per portarci alla situazione in cui ci troviamo ora.
31. Tale situazione non ha a che fare solo con la fisica o la biologia, ma anche con l’economia e il nostro modo di pensarla. La logica del massimo profitto al minimo costo, mascherata da razionalità, progresso e promesse illusorie, rende impossibile qualsiasi sincera preoccupazione per la casa comune e qualsiasi attenzione per la promozione degli scartati della società. Negli ultimi anni possiamo notare che, sconcertati ed estasiati davanti alle promesse di tanti falsi profeti, i poveri stessi a volte cadono nell’inganno di un mondo che non viene costruito per loro.
32. Si incrementano idee sbagliate sulla cosiddetta “meritocrazia”, che è diventata un “meritato” potere umano a cui tutto deve essere sottoposto, un dominio di coloro che sono nati con migliori condizioni di sviluppo. Un conto è un sano approccio al valore dell’impegno, alla crescita delle proprie capacità e a un lodevole spirito di iniziativa, ma se non si cerca una reale uguaglianza di opportunità, la meritocrazia diventa facilmente un paravento che consolida ulteriormente i privilegi di pochi con maggior potere. In questa logica perversa, cosa importa loro dei danni alla casa comune, se si sentono sicuri sotto la presunta armatura delle risorse economiche che hanno ottenuto con le loro capacità e i loro sforzi?
33. Nella propria coscienza, e di fronte ai figli che pagheranno per i danni delle loro azioni, si pone la domanda di senso: qual è il senso della mia vita, qual è il senso del mio passaggio su questa terra, qual è in definitiva il senso del mio lavoro e del mio impegno?
3. La debolezza della politica internazionale
34. Mentre «la storia sta dando segni di un ritorno all’indietro [...] ogni generazione deve far proprie le lotte e le conquiste delle generazioni precedenti e condurle a mete ancora più alte. È il cammino. Il bene, come anche l’amore, la giustizia e la solidarietà, non si raggiungono una volta per sempre; vanno conquistati ogni giorno».[24] Per ottenere un progresso solido e duraturo, mi permetto di insistere sul fatto che «vanno favoriti gli accordi multilaterali tra gli Stati».[25]
35. Non giova confondere il multilateralismo con un’autorità mondiale concentrata in una sola persona o in un’élite con eccessivo potere: «Quando si parla della possibilità di qualche forma di autorità mondiale regolata dal diritto, non necessariamente si deve pensare a un’autorità personale».[26] Parliamo soprattutto di «organizzazioni mondiali più efficaci, dotate di autorità per assicurare il bene comune mondiale, lo sradicamento della fame e della miseria e la difesa certa dei diritti umani fondamentali».[27] Il punto è che devono essere dotate di una reale autorità per “assicurare” la realizzazione di alcuni obiettivi irrinunciabili. Così si darebbe vita a un multilateralismo che non dipende dalle mutevoli circostanze politiche o dagli interessi di pochi e che abbia un’efficacia stabile.
36. È deplorevole che le crisi globali vengano sprecate quando sarebbero l’occasione per apportare cambiamenti salutari.[28] È quello che è successo nella crisi finanziaria del 2007-2008 e che si è ripetuto nella crisi del Covid-19. Infatti, «pare che le effettive strategie sviluppatesi successivamente nel mondo siano state orientate a maggiore individualismo, minore integrazione, maggiore libertà per i veri potenti, che trovano sempre il modo di uscire indenni».[29]
Riconfigurare il multilateralismo
37. Più che salvare il vecchio multilateralismo, sembra che oggi la sfida sia quella di riconfigurarlo e ricrearlo alla luce della nuova situazione globale. Vi invito a riconoscere che «tante aggregazioni e organizzazioni della società civile aiutano a compensare le debolezze della Comunità internazionale, la sua mancanza di coordinamento in situazioni complesse, la sua carenza di attenzione rispetto a diritti umani».[30] A tale riguardo, il processo di Ottawa contro l’uso, la produzione e la fabbricazione delle mine antiuomo è un esempio che dimostra come la società civile e le sue organizzazioni siano in grado di creare dinamiche efficienti che l’ONU non raggiunge. In questo modo, il principio di sussidiarietà si applica anche al rapporto globale-locale.
38. A medio termine, la globalizzazione favorisce gli scambi culturali spontanei, una maggiore conoscenza reciproca e modalità di integrazione dei popoli che porteranno a un multilateralismo “dal basso” e non semplicemente deciso dalle élite del potere. Le istanze che emergono dal basso in tutto il mondo, dove persone impegnate dei Paesi più diversi si aiutano e si accompagnano a vicenda, possono riuscire a fare pressione sui fattori di potere. È auspicabile che ciò accada per quanto riguarda la crisi climatica. Perciò ribadisco che «se i cittadini non controllano il potere politico – nazionale, regionale e municipale – neppure è possibile un contrasto dei danni ambientali».[31]
39. La cultura postmoderna ha generato una nuova sensibilità nei confronti di chi è più debole e meno dotato di potere. Ciò si collega alla mia insistenza, nella Lettera enciclica Fratelli tutti, sul primato della persona umana e sulla difesa della sua dignità al di là di ogni circostanza. È un altro modo di invitare al multilateralismo per risolvere i veri problemi dell’umanità, cercando soprattutto il rispetto della dignità delle persone in modo che l’etica prevalga sugli interessi locali o contingenti.
40. Non si tratta di sostituire la politica, perché d’altra parte le potenze emergenti stanno diventando sempre più rilevanti e sono di fatto in grado di ottenere risultati importanti nella risoluzione di problemi concreti, come alcune di esse hanno dimostrato nella pandemia. Proprio il fatto che le risposte ai problemi possano venire da qualsiasi Paese, per quanto piccolo, conduce a riconoscere il multilateralismo come una strada inevitabile.
41. La vecchia diplomazia, anch’essa in crisi, continua a dimostrare la sua importanza e necessità. Non è ancora riuscita a generare un modello di diplomazia multilaterale che risponda alla nuova configurazione del mondo, ma, se è capace di riformularsi, dovrà essere parte della soluzione, perché anche l’esperienza di secoli non può essere scartata.
42. Il mondo sta diventando così multipolare e allo stesso tempo così complesso che è necessario un quadro diverso per una cooperazione efficace. Non basta pensare agli equilibri di potere, ma anche alla necessità di rispondere alle nuove sfide e di reagire con meccanismi globali a quelle ambientali, sanitarie, culturali e sociali, soprattutto per consolidare il rispetto dei diritti umani più elementari, dei diritti sociali e della cura della casa comune. Si tratta di stabilire regole universali ed efficienti per garantire questa protezione mondiale.
43. Tutto ciò presuppone che si attui una nuova procedura per il processo decisionale e per la legittimazione di tali decisioni, poiché quella stabilita diversi decenni fa non è sufficiente e non sembra essere efficace. In tale contesto, sono necessari spazi di conversazione, consultazione, arbitrato, risoluzione dei conflitti, supervisione e, in sintesi, una sorta di maggiore “democratizzazione” nella sfera globale, per esprimere e includere le diverse situazioni. Non sarà più utile sostenere istituzioni che preservino i diritti dei più forti senza occuparsi dei diritti di tutti.
4. Le Conferenze sul clima: progressi e fallimenti
44. Da decenni, i rappresentanti di oltre 190 Paesi si riuniscono periodicamente per affrontare la questione climatica. La Conferenza di Rio de Janeiro del 1992 ha portato all’adozione della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), un trattato che è entrato in vigore quando sono state raggiunte le necessarie ratifiche da parte dei Paesi firmatari nel 1994. Questi Stati si riuniscono ogni anno nella Conferenza delle Parti (COP), il più alto organismo decisionale. Alcune sono state un fallimento, come quella di Copenaghen (2009), mentre altre hanno permesso di compiere passi importanti, come la COP3 di Kyoto (1997). Il suo prezioso Protocollo è quello che ha fissato come obiettivo la riduzione delle emissioni complessive di gas serra del 5% rispetto al 1990. La scadenza era il 2012, ma evidentemente non è stata rispettata.
45. Tutte le parti si sono inoltre impegnate ad attuare programmi di adattamento per ridurre gli effetti del cambiamento climatico già in corso. È stata inoltre prevista un’assistenza per coprire i costi di queste misure nei Paesi in via di sviluppo. Il Protocollo è entrato in vigore nel 2005.
46. Successivamente, è stato proposto un meccanismo relativo alle perdite e ai danni causati dai cambiamenti climatici, che riconosce i Paesi più ricchi come i principali responsabili e cerca di compensare gli effetti devastanti procurati nei Paesi più vulnerabili. Non si tratta più di finanziare “l’adattamento” di questi Paesi, ma di compensarli per i danni già subiti. Tale questione è stata oggetto di importanti discussioni in varie COP.
47. La COP21 di Parigi (2015) è stata un altro momento significativo, perché ha prodotto un accordo che ha coinvolto tutti. Può essere visto come un nuovo inizio, dato il mancato raggiungimento degli obiettivi fissati nella fase precedente. L’Accordo è entrato in vigore il 4 novembre 2016. Pur essendo vincolante, non tutti i requisiti sono obblighi in senso stretto e alcuni di essi lasciano spazio a un’ampia discrezionalità. Del resto, anche per gli obblighi non rispettati, non prevede sanzioni vere e proprie e non ci sono strumenti efficaci per garantirne l’osservanza. Prevede inoltre forme di flessibilità per i Paesi in via di sviluppo.
48. L’Accordo di Parigi presenta un importante obiettivo a lungo termine: mantenere l’aumento delle temperature medie globali al di sotto dei 2 gradi rispetto ai livelli preindustriali, puntando comunque a scendere sotto gli 1,5 gradi. Si sta ancora lavorando per consolidare procedure concrete di monitoraggio e fornire criteri generali per confrontare gli obiettivi dei diversi Paesi. Ciò rende difficile una valutazione più obiettiva (quantitativa) dei risultati effettivi.
49. Dopo alcune Conferenze con scarsi risultati e la delusione della COP25 di Madrid (2019), si sperava che questa inerzia sarebbe stata invertita nella COP26 di Glasgow (2021). In sostanza, il risultato è stato quello di rilanciare l’Accordo di Parigi, che era stato messo in discussione dai vincoli e dagli effetti della pandemia. In più, vi è stata un’abbondanza di “esortazioni”, da cui era difficile attendersi un impatto reale. Le proposte volte a garantire una transizione rapida ed efficace verso forme di energia alternativa e meno inquinante non sono riuscite a fare progressi.
50. La COP27 di Sharm el-Sheikh (2022) è stata minacciata fin dall’inizio dalla situazione creata dall’invasione dell’Ucraina, che ha causato una grave crisi economica ed energetica. L’uso del carbone è aumentato e tutti hanno voluto assicurarsene l’approvvigionamento. I Paesi in via di sviluppo hanno considerato l’accesso all’energia e le opportunità di sviluppo come una priorità urgente. È stato chiaramente riconosciuto che in realtà i combustibili fossili forniscono ancora l’80% dell’energia mondiale e che il loro utilizzo continua ad aumentare.
51. La Conferenza egiziana è stata un ulteriore esempio della difficoltà dei negoziati. Si potrebbe affermare che abbia prodotto almeno un progresso nel consolidamento del sistema di finanziamento per le “perdite e i danni” nei Paesi più colpiti dai disastri climatici. Questo sembrava dare nuova voce e maggiore partecipazione ai Paesi in via di sviluppo. Ma anche su tale questione molti punti sono rimasti imprecisi, soprattutto la responsabilità concreta dei Paesi che devono contribuire.
52. Oggi possiamo ancora affermare che «gli accordi hanno avuto un basso livello di attuazione perché non si sono stabiliti adeguati meccanismi di controllo, di verifica periodica e di sanzione delle inadempienze. I principi enunciati continuano a richiedere vie efficaci e agili di realizzazione pratica».[32] Inoltre, «i negoziati internazionali non possono avanzare in maniera significativa a causa delle posizioni dei Paesi che privilegiano i propri interessi nazionali rispetto al bene comune globale. Quanti subiranno le conseguenze che noi tentiamo di dissimulare, ricorderanno questa mancanza di coscienza e di responsabilità».[33]
5. Cosa ci si aspetta dalla COP28 di Dubai?
53. Gli Emirati Arabi Uniti ospiteranno la prossima Conferenza delle Parti (COP28). È un Paese del Golfo Persico che si caratterizza come grande esportatore di energia fossile, anche se ha investito molto nelle energie rinnovabili. Nel frattempo, le compagnie petrolifere e del gas ambiscono lì a nuovi progetti per espandere ulteriormente la produzione. Dire che non bisogna aspettarsi nulla sarebbe autolesionistico, perché significherebbe esporre tutta l’umanità, specialmente i più poveri, ai peggiori impatti del cambiamento climatico.
54. Se abbiamo fiducia nella capacità dell’essere umano di trascendere i suoi piccoli interessi e di pensare in grande, non possiamo rinunciare a sognare che la COP28 porti a una decisa accelerazione della transizione energetica, con impegni efficaci che possano essere monitorati in modo permanente. Questa Conferenza può essere un punto di svolta, comprovando che tutto quanto si è fatto dal 1992 era serio e opportuno, altrimenti sarà una grande delusione e metterà a rischio quanto di buono si è potuto fin qui raggiungere.
55. Nonostante i numerosi negoziati e accordi, le emissioni globali hanno continuato a crescere. È vero che si può sostenere che senza questi accordi sarebbero cresciute ancora di più. Ma su altre questioni ambientali, dove c’è stata la volontà, sono stati raggiunti risultati molto significativi, come nel caso della protezione dello strato di ozono. Invece la necessaria transizione verso energie pulite, come quella eolica, quella solare, abbandonando i combustibili fossili, non sta procedendo abbastanza velocemente. Di conseguenza, ciò che si sta facendo rischia di essere interpretato solo come un gioco per distrarre.
56. Dobbiamo superare la logica dell’apparire sensibili al problema e allo stesso tempo non avere il coraggio di effettuare cambiamenti sostanziali. Sappiamo che, di questo passo, in pochi anni supereremo il limite massimo auspicabile di 1,5 gradi centigradi e a breve potremmo arrivare a 3 gradi, con un alto rischio di raggiungere un punto critico. Anche se questo punto di non ritorno non venisse raggiunto, gli effetti sarebbero disastrosi e bisognerebbe prendere misure in maniera precipitosa, con costi enormi e con conseguenze economiche e sociali estremamente gravi e intollerabili. Se le misure che adotteremo ora hanno dei costi, essi saranno tanto più pesanti quanto più aspetteremo.
57. Ritengo essenziale insistere sul fatto che «cercare solamente un rimedio tecnico per ogni problema ambientale che si presenta, significa isolare cose che nella realtà sono connesse, e nascondere i veri e più profondi problemi del sistema mondiale».[34] È vero che gli sforzi di adattamento sono necessari di fronte a mali irreversibili a breve termine; anche alcuni interventi e progressi tecnologici per assorbire o catturare i gas emessi sono positivi; ma corriamo il rischio di rimanere bloccati nella logica di rattoppare, rammendare, legare col filo, mentre sotto sotto va avanti un processo di deterioramento che continuiamo ad alimentare. Supporre che ogni problema futuro possa essere risolto con nuovi interventi tecnici è un pragmatismo fatale, destinato a provocare un effetto-valanga.
58. Poniamo finalmente termine all’irresponsabile presa in giro che presenta la questione come solo ambientale, “verde”, romantica, spesso ridicolizzata per interessi economici. Ammettiamo finalmente che si tratta di un problema umano e sociale in senso ampio e a vari livelli. Per questo si richiede un coinvolgimento di tutti. Attirano spesso l’attenzione, in occasione delle Conferenze sul clima, le azioni di gruppi detti “radicalizzati”. In realtà, essi occupano un vuoto della società nel suo complesso, che dovrebbe esercitare una sana pressione, perché spetta ad ogni famiglia pensare che è in gioco il futuro dei propri figli.
59. Se c’è un sincero interesse a far sì che la COP28 diventi storica, che ci onori e ci nobiliti come esseri umani, allora possiamo solo aspettarci delle forme vincolanti di transizione energetica che abbiano tre caratteristiche: che siano efficienti, che siano vincolanti e facilmente monitorabili. Questo al fine di avviare un nuovo processo che sia drastico, intenso e possa contare sull’impegno di tutti. Ciò non è accaduto nel cammino percorso finora, ma solo con un tale processo si potrebbe ripristinare la credibilità della politica internazionale, perché solo in questo modo concreto sarà possibile ridurre notevolmente l’anidride carbonica ed evitare in tempo i mali peggiori.
60. Speriamo che quanti interverranno siano strateghi capaci di pensare al bene comune e al futuro dei loro figli, piuttosto che agli interessi di circostanza di qualche Paese o azienda. Possano così mostrare la nobiltà della politica e non la sua vergogna. Ai potenti oso ripetere questa domanda: «Perché si vuole mantenere oggi un potere che sarà ricordato per la sua incapacità di intervenire quando era urgente e necessario farlo?».[35]
6. Le motivazioni spirituali
61. Ai fedeli cattolici non voglio tralasciare di rammentare le motivazioni che scaturiscono dalla loro fede. Incoraggio i fratelli e le sorelle di altre religioni a fare lo stesso, perché sappiamo che la fede autentica non solo dà forza al cuore umano, ma trasforma la vita intera, trasfigura gli obiettivi personali, illumina il rapporto con gli altri e i legami con tutto il creato.
Alla luce della fede
62. La Bibbia racconta che «Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Gen 1,31). Sua è «la terra e quanto essa contiene» (Dt 10,14). Perciò Egli ci dice: «Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e ospiti» (Lv 25,23). Pertanto, «questa responsabilità di fronte ad una terra che è di Dio, implica che l’essere umano, dotato di intelligenza, rispetti le leggi della natura e i delicati equilibri tra gli esseri di questo mondo».[36]
63. D’altra parte, «l’insieme dell’universo, con le sue molteplici relazioni, mostra al meglio la ricchezza inesauribile di Dio»; quindi, per essere saggi, «abbiamo bisogno di cogliere la varietà delle cose nelle loro molteplici relazioni».[37] In questo cammino di saggezza, non è irrilevante per noi che parecchie specie stiano scomparendo e che la crisi climatica stia mettendo in pericolo la vita di tanti esseri.
64. Gesù «poteva invitare gli altri ad essere attenti alla bellezza che c’è nel mondo, perché Egli stesso era in contatto continuo con la natura e le prestava un’attenzione piena di affetto e di stupore. Quando percorreva ogni angolo della sua terra, si fermava a contemplare la bellezza seminata dal Padre suo, e invitava i discepoli a cogliere nelle cose un messaggio divino».[38]
65. Allo stesso tempo, «le creature di questo mondo non ci si presentano più come una realtà meramente naturale, perché il Risorto le avvolge misteriosamente e le orienta a un destino di pienezza. Gli stessi fiori del campo e gli uccelli che Egli contemplò ammirato con i suoi occhi umani, ora sono pieni della sua presenza luminosa».[39] Se «l’universo si sviluppa in Dio, che lo riempie tutto, quindi c’è un mistero da contemplare in una foglia, in un sentiero, nella rugiada, nel volto di un povero».[40] Il mondo canta un Amore infinito, come non averne cura?
Camminare in comunione e con responsabilità
66. Dio ci ha uniti a tutte le sue creature. Eppure, il paradigma tecnocratico può isolarci da ciò che ci circonda e ci inganna facendoci dimenticare che il mondo intero è una “zona di contatto”.[41]
67. La visione giudaico-cristiana del mondo sostiene il valore peculiare e centrale dell’essere umano in mezzo al meraviglioso concerto di tutti gli esseri, ma oggi siamo costretti a riconoscere che è possibile sostenere solo un “antropocentrismo situato”. Vale a dire, riconoscere che la vita umana è incomprensibile e insostenibile senza le altre creature. Infatti, «noi tutti esseri dell’universo siamo uniti da legami invisibili e formiamo una sorta di famiglia universale, una comunione sublime che ci spinge ad un rispetto sacro, amorevole e umile».[42]
68. Questo non è un prodotto della nostra volontà, ha un’altra origine che si trova alla radice del nostro essere, perché «Dio ci ha unito tanto strettamente al mondo che ci circonda, che la desertificazione del suolo è come una malattia per ciascuno, e possiamo lamentare l’estinzione di una specie come fosse una mutilazione».[43] Così mettiamo fine all’idea di un essere umano autonomo, onnipotente e illimitato, e ripensiamo noi stessi per comprenderci in una maniera più umile e più ricca.
69. Invito ciascuno ad accompagnare questo percorso di riconciliazione con il mondo che ci ospita e ad impreziosirlo con il proprio contributo, perché il nostro impegno ha a che fare con la dignità personale e con i grandi valori. Comunque, non posso negare che è necessario essere sinceri e riconoscere che le soluzioni più efficaci non verranno solo da sforzi individuali, ma soprattutto dalle grandi decisioni della politica nazionale e internazionale.
70. Ciononostante, tutto concorre all’insieme ed evitare l’aumento di un decimo di grado della temperatura globale potrebbe già essere sufficiente per risparmiare sofferenze a molte persone. Ma ciò che conta è qualcosa di meno quantitativo: ricordare che non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali, senza una maturazione del modo di vivere e delle convinzioni sociali, e non ci sono cambiamenti culturali senza cambiamenti nelle persone.
71. Gli sforzi delle famiglie per inquinare meno, ridurre gli sprechi, consumare in modo oculato, stanno creando una nuova cultura. Il semplice fatto di cambiare le abitudini personali, familiari e comunitarie alimenta la preoccupazione per le responsabilità non assolte da parte dei settori politici e l’indignazione per il disinteresse dei potenti. Va notato quindi che, anche se ciò non produce immediatamente un effetto molto rilevante da un punto di vista quantitativo, contribuisce a realizzare grandi processi di trasformazione che operano dal profondo della società.
72. Se consideriamo che le emissioni pro capite negli Stati Uniti sono circa il doppio di quelle di un abitante della Cina e circa sette volte maggiori rispetto alla media dei Paesi più poveri,[44] possiamo affermare che un cambiamento diffuso dello stile di vita irresponsabile legato al modello occidentale avrebbe un impatto significativo a lungo termine. Così, con le indispensabili decisioni politiche, saremmo sulla strada della cura reciproca.
73. «Lodate Dio» è il nome di questa lettera. Perché un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per sé stesso.
Dato a Roma, presso San Giovanni in Laterano, il 4 ottobre, Festa di San Francesco d’Assisi, dell’anno 2023, undicesimo del mio Pontificato.
FRANCESCO P.P.
________________________
[1] Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti, Global Climate Change Background, 2019.
[2] Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per la Regione Pan-Amazzonica, Documento finale, ottobre 2019, 10: AAS 111 (2019), 1744.
[3] Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (Sceam), African Climate Dialogues Communiqué, Nairobi, 17 ottobre 2022.
[4] Cfr Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), Climate Change 2021, The Physical Science Basis, Cambridge and New York 2021, B.2.2.
[5] Cfr Id., Climate Change 2023, Synthesis Report, Summary for Policymakers, B.3.2.. Per il Rapporto 2023 si fa riferimento a https://www.ipcc.ch/report/ar6/syr/downloads/report/IPCC_AR6_SYR_SPM.pdf.
[6] Cfr United Nations Environment Program, The Emissions Gap Report 2022: https://www.unep.org/resources/emissions-gap-report-2022.
[7] Cf. National Oceanic and Atmospheric Administration, Earth System Research Laboratories, Global Monitoring Laboratory, Trends in Atmospheric Carbon Dioxide: https://www.gml.noaa.gov/ccgg/trends/.
[8] Cfr IPCC, Climate Change 2023, Synthesis Report, Summary for Policymakers, A.1.3.
[10] Questi dati dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) sono basati su circa 34.000 studi: cfr IPCC, Synthesis Report of the Sixth Assessment Report (20/03/2023): AR6 Synthesis Report: Climate Change 2023 (ipcc.ch)
[11] Cfr IPCC, Climate Change 2023, Synthesis Report, Summary for Policymakers, A.1.2.
[13] Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 101: AAS 107 (2015), 887.
[14] Ibid., 105: AAS 107 (2015), 889.
[15] Ibid., 106: AAS 107 (2015), 890.
[16] Ibid., 104: AAS 107 (2015), 888-889.
[17] Ibid., 105: AAS 107 (2015), 889.
[18] Ibid., 139: AAS 107 (2015), 903.
[19] Ibid., 220: AAS 107 (2015), 934.
[20] Cfr S. Sörlin – P. Warde, Making the Environment Historical. An Introduction, in Iidem, Nature’s End: History and the Environment, Basingstoke – New York 2009, 1-23.
[21] Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 139: AAS 107 (2015), 903.
[22] V. Solov’ëv, I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo, Bologna 2021, 256.
[23] Cfr S. Paolo VI, Discorso alla FAO nel suo 25ᵒ anniversario (16 novembre 1970), 4: AAS 62 (1970), 833.
[24] Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), 11: AAS 112 (2020), 972.
[25] Ibid., 174: AAS 112 (2020), 1030.
[26] Ibid., 172: AAS 112 (2020), 1029.
[28] Cfr ibid., 170: AAS 112 (2020), 1029.
[30] Ibid., 175: AAS 112 (2020), 1031.
[31] Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 179: AAS 107 (2015), 918.
[32] Ibid., 167: AAS 107 (2015), 914.
[33] Ibid., 169: AAS 107 (2015), 915.
[34] Ibid., 111: AAS 107 (2015), 982.
[35] Ibid., 57: AAS 107 (2015), 870.
[36] Ibid., 68: AAS 107 (2015), 874.
[37] Ibid., 86: AAS 107 (2015), 881.
[38] Ibid., 97: AAS 107 (2015), 886.
[39] Ibid., 100: AAS 107 (2015), 887.
[40] Ibid., 233: AAS 107 (2015), 938.
[41] Cfr D.J. Haraway, When Species Meet, Minneapolis 2008, 205-249.
[42] Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 89: AAS 107 (2015), 883.
[43] Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 215: AAS 105 (2013), 1109.
[44] Cfr United Nations Environment Program, The Emissions Gap Report 2022: https://www.unep.org/resources/emissions-gap-report-2022.