Dopo i successi internazionali di Borgo Egnazia, dove la Meloni ha brillato (tutti amici, tutti contenti, tutti d’accordo), il giorno dopo c’è stato l’inutile convegno a Zurigo sulla pace in Ucraina. Grande successo di pubblico ma il copione era scarso. Non ha convinto. È un po‘ grottesco parlare di pace fra due belligeranti e poi non invitare uno dei due. Ne è risultato un nulla e non poteva essere diversamente. La pace non si fa con gli assenti. I risultati si sono visti.

I soliti credenti hanno riaffermato le ragioni di Kiev, ma erano pochi, nonostante il vistoso numero dei presenti (92). Ma il numero, in questo caso, non fa né la forza né la ragione. I Paesi più importanti, invece, si sino defilati. Alludo a Sudafrica, India, Messico, Pakistan, Brasile e Arabia Saudita, tanto per citarne qualcuno.

Se aggiungiamo che la Russia non era stata invitata e che la Cina pur invitata era assente, beh, diciamolo pure, è stato un flop notevole. Più dei due terzi dell’umanità o non erano d’accordo o non gliene importava nulla. A cosa è servito questo show? Solo al solito Zelenski per il refrain consueto: datemi soldi, datemi armi, noi combattiamo per voi.

Mancava il cartello: Scusate il disagio. Ma di disagio ce n’è, e molto. La nostra Meloni non poteva non andare, ma è stata una presenza inutile.

Il giorno successivo: incontro informale dei Capi di Stato e di Governo per decidere il da farsi in Europa dopo le elezioni.

Da quello che si capisce si ripropone la candidatura della von der Leyen con la solita coalizione di cinque anni fa: popolari, socialisti e liberali. Non hanno fatto molto ma fanno finta di poter fare di più. Dobbiamo credere a loro?

Sembra che non sia successo nulla, e invece è unanime considerazione che la Destra, in Europa, ha fatto più di un passo per crescere, però il sistema fa finta di niente. La Destra è cresciuta, non solo in Italia e in Ungheria, ma anche in Austria e in Germania e rischia di esplodere in Francia, con la Le Pen.

L’opinione pubblica europea è cambiata e qualcuno già grida allo scandalo del solito fascismo che ritorna, ma nessuno poi, concretamente, sembra tenerne conto. 

Ma allora, abbiamo scherzato!

Prima di trasferirsi da Zurigo a Bruxelles la nostra Premier, mentre s’infilava l’ennesimo vestito, fra un aereo e un altro (deve viaggiare con un paio di bauli), ha detto cose serie: L’Italia deve avere il peso che le compete. Siamo d’accordo.

La Meloni parla di un Vicepresidente e di un Commissario “di peso”. Chi glieli dà, se non batte i pugni sul tavolo? La coalizione “nuova” che si profila non ha ben meritato né in passato né quanto ai risultati elettorali, però fa finta di niente. Il potere ce l’hanno e se lo spartiscono come vogliono. Così non va bene.

La Meloni, stavolta, deve farsi valere, altrimenti è inutile la sceneggiata. In questo momento è sulla cresta dell’onda. Posizione invidiabile e pericolosa al tempo stesso. Deve destreggiarsi fra il gruppo conservatore, di cui è responsabile, Orban e la Le Pen, in dirittura d’arrivo sul governo francese e i suoi buoni rapporti personali con la von der Leyen.

Forse pensa che stando all’opposizione, assieme ai compagni di cordata, può tirare il cappio alla von der Leyen quando vuole, come è riuscita a fare in Italia quando tutti stavano ammucchiati e timorosi sotto Draghi e lei era l’unica ad essere all’opposizione. Allora la cosa le ha giovato ed ha ricevuto anche la stima di Draghi ma, qui, in Europa, il cammino che si prospetta all’Italia è diverso.

Mi viene un pensiero malizioso: immaginiamo che la Le Pen vinca a piene mani alle elezioni francesi (anche a Parigi, a sinistra, c’è la stessa confusione che a Roma. Dev’essere un male endemico). Pensate che, una volta raggiunto il potere, la Le Pen abbozzi sulle decisioni che si profilano a Bruxelles? Temo proprio di no.

Sarebbe stato più saggio per tutti gli Europei che si ritardasse una decisione di governo dell’Unione che potrebbe essere messa in discussione due giorni dopo da una Le Pen trionfante (e, aggiungo, da una Meloni al seguito).

Avrei preferito il contrario: una Meloni che s’impone e dietro, di supporto, la Le Pen, ma le cose non vanno così. Se un cambiamento c’è stato, in Europa, con queste elezioni, s’ha da vedere. Non è con la ripetizione del passato, con qualche premiuccio qua è là, che si potranno in tal modo affrontare i temi difficili che attendono l’Europa.

La scommessa europea è essenziale per il governo Meloni. Non può tornare a casa con le mani vuote. Già di guai all’interno ne ha parecchi, con le proposte del centro destra in dirittura d’arrivo sul premierato e sulle autonomie, tra loro contraddittorie (il premierato accentra e le autonomie decentrano) e prive di copertura finanziaria adeguata.

Ricordo che nel ’91, quando il centro sinistra fece il colpo di mano sull’attuazione del Titolo V della Costituzione (le Regioni), autorevolmente si sostenne che questo adempimento non sarebbe costato una lira di allora!

Avevano ragione: è costato centinaia di miliardi e il futuro si prospetta peggiore. L’opposizione protesta, al solito, senza idee, la Schlein più il Conte de minimis. Ma la Schlein ha ottenuto un successo elettorale, Conte invece ha perduto. Sta dietro a tutti, anche a Forza Italia.

Grillo ha inchiodato il suo protetto con un commento mortale: ha portato più voti un Berlusconi morto che un Conte vivo.

Intanto, pensiamo all’Europa: che farà la Meloni?

 

Stelio W. Venceslai