di Tommaso Stenico
La notizia della morte del Papa ci ha sorpreso, ci ha lasciato raggelati. Il primo sentimento è stato quello dello smarrimento e e della tristezza. Poi la serenità: ieri aveva salutato il suo popolo con la Benedizione Urbi et Orbi e andando fino in fondo a via della Conciliazione per salutare tutti i suoi figli venuti ad augurargli la Buona Pasqua. Il Signore l’ha chiamato a sé nell’ottava di Pasqua perché possa celebrare la Pasqua eterna con la Santa e Beata Trinità.
Credo che la prima reazione sia ringraziare Dio per quello che è stato il dono della vita del Papa tra di noi, per quello che è stato il suo magistero e per ciò che ci ha aiutato fondamentalmente a conoscere la radicalità del Vangelo, a viverlo con fedeltà, coraggio e con amore sconfinato e a incontrare Gesù Cristo.
La morte di Papa Francesco ha già generato un'ondata di reazioni caratterizzate dal riconoscimento e dalla gratitudine per il suo pontificato
Definito come il Papa dalla fine del mondo, Jorge Mario Bergoglio è nato il 17 dicembre 1936 a Buenos Aires, in Argentina, da una famiglia di immigrati italiani. In giovane età, ha mostrato una profonda vocazione religiosa e una speciale sensibilità per i più bisognosi. È entrato nella Compagnia di Gesù nel 1958 ed è stato ordinato sacerdote nel 1969. La sua traiettoria all’interno della Chiesa è stata segnata dalla semplicità, dalla vicinanza e dal fermo impegno nei confronti dei poveri.
Era la sera del 13 marzo 2013, quando al quinto scrutinio, il cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, fu eletto Papa assumendo il nome di Francesco in onore di san Francesco d’Assisi. Il comignolo della Cappella Sistina aveva iniziato a fumare alle 19.06.
La sorpresa è stata triplice: la nazionalità del nuovo Papa, la scelta del nome, quello del santo di Assisi, e la elezione di un cardinale inatteso e inaspettato, fuori da ogni pronostico “ufficiale” (!). I “fratelli cardinali” – come disse – erano “andati a prenderlo alla fine del mondo...ma siamo qui”.
Era da oltre 1300 anni che un Papa non era extraeuropeo.
Inoltre papa Francesco è il primo Papa della storia proveniente dalla Compagnia di Gesù.
Il ritorno alla Casa del Padre di Papa Francesco è un momento di ringraziamento, di celebrazione del Dio creatore e padre, di esultanza per la vita. Ed è anche un momento per ricordare la strada percorsa, riepilogare le tappe.
Papa Francesco salito al trono pontificio con il nome e l’esergo del Santo di Assisi: “Ripara la mia Chiesa”, si è messo al lavoro con una pedagogia gesuitico/ignaziana e evangelica: “Fate quello che faccio.“
In verità, egli ha sempre dato l’esempio, con la sua vita e la sua testimonianza, e ora mette per iscritto il sogno di una Chiesa “riparata e ricostruita“. Nel frontespizio di questa Chiesa emerge un concetto: “Casa del Padre“, cui il Papa ha aggiunto: “La Chiesa non è una consuetudine“ che controlla la vita delle persone, fiscalizza le loro idee, le loro credenze e pertinenze e consegna attestati di perfezione evangelica. La Chiesa, secondo Francesco, non è per i “perfetti “.
Il cambio di orientamento e di tendenza è radicale, con un Pontefice impegnato per una Chiesa a cielo aperto, che rischia, che va, che cammina nella polvere della vita del popolo, che porta speranza ai feriti della società e ai dimenticati. Egli chiede a tutti conversione al Vangelo, ormai quasi dimenticato, seppellito sotto montagne di documenti, sotto cumuli di norme, di concetti morali e spirituali, sotto cumuli di strutture istituzionali ecclesiastiche.
Non indulgeremo a evidenziare il ruolo dei detrattori che hanno osteggiato ad intre et ab extra il papato del Santo Padre Francesco, appartengano essi ad alte gerarchie della chiesa o al mondo dei "presunti e illuminati" opinionisti. Tutti affidiamo alla misericordia grande di Dio perché perdoni la loro saccenza e si convertano almeno "al silenzio e/o alla non maldicenza". Affidiamo altresì a Dio le persone coinvolte in scandali orribili, gravi: le vittime soprattutto e i persecutori nefandi e criminali.
Vogliamo e intendiamo stare dalla parte del Papa Francesco che ha proposto una Chiesa, con “porte sempre aperte”, in piena luce e trasparenza. Ubi Petrus, ibi ecclesia!
Per conseguire questa auspicata, rinnovata ecclesialità, le “porte” della Chiesa proposte da Papa Francesco, necessitano di una riforma delle strutture ecclesiastiche.
Il Papa propone, infatti:
― Una Chiesa molto più decentrata e questo implica una maggiore collegialità e sinodalità.
― La riforma del papato stesso, in quanto da esso “non ci si può aspettare la parola definitiva e completa su tutte le questioni che hanno a che fare con la vita della Chiesa”.
― La corresponsabilità dei fedeli nella Chiesa, perché davvero la considerino e la sentano propria. Il Papa sottolinea al riguardo la necessità di far crescere “la coscienza dell’identità e della missione del laico nella Chiesa”. Talora, “un eccessivo clericalismo” mantiene i laici “al margine delle decisioni”.
― Il ruolo maggiore delle donne: Occorre “allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa”, in particolare “nei diversi luoghi dove vengono prese le decisioni importanti”. E ciò anche se il Papa ha chiuso la “discussione“ sulla questione del sacerdozio femminile: Il sacerdozio riservato agli uomini, come segno di Cristo Sposo che si consegna nell’Eucaristia, è una questione che non si pone in discussione, ma può diventare motivo di particolare conflitto se si identifica troppo la potestà sacramentale con il potere”.
― La restituzione alla Chiesa dello stato di missione per farla muovere verso le periferie, in modo essere veramente “missionaria“. La Chiesa insomma della pecorella smarrita.
― Una Chiesa che dà voce a chi non ha voce. Tutti i battezzati portino agli altri l’amore di Gesù in uno “stato permanente di missione”, vincendo “il grande rischio del mondo attuale”: quello di cadere in “una tristezza individualista”.
― Una Chiesa libera di fronte alle potenze del mondo e capace di denuncia profetica. E che, convintamente libera, pronunci un triplice no: all’economia di esclusione, alla nuova idolatria del denaro, alle disparità che generano la violenza sistemica del capitalismo senza anima. Papa Francesco non ha risparmiato l’attuale sistema economico. “È ingiusto alla radice”. “Questa economia uccide” perché prevale la “legge del più forte”.
― Una Chiesa che, sappia comunicare con le persone mediante il linguaggio di oggi, senza perdere la sua essenza dottrinale, offrendo il “buon vino vecchio in otri nuovi“. Anche nelle omelie dei sacerdoti, bisogna saper dire “parole che fanno ardere i cuori”, rifuggendo da una “predicazione puramente moralistica e indottrinante”.
― Una Chiesa dove i sacramenti (battesimo, penitenza, confermazione, eucaristia, matrimonio e unzione degli infermi) siano per tutti, non solo per i perfetti.
― Una casa ecclesiale dove regni infine la gioia. È la parola che il Papa ripete e più frequentemente nelle sue meditazioni. Il Papa esorta inoltre a non lasciarsi prendere da un “pessimismo sterile”, e ad essere segni di speranza attuando la “rivoluzione della tenerezza”.
Ringraziamo il cielo per la vita di Papa Francesco, vita veramente eucaristica, e continuiamo a chiedergli la sua benedizione, che ha impartito ieri con tale stanchezza fisica che forse faceva prevedere quello che è accaduto lunedì 21 aprile 2025 alle ore 07.35. Dietro di lui lascia, come un dono, un importante lavoro incompiuto, che ha ancora bisogno di un timone audace per portare il lavoro iniziato a compimento.
Grazie, dunque, siano rese al cielo per la vita che il Santo Padre Francesco ha condiviso così generosamente con tutti noi, sapendo che ha concluso per sempre i suoi dolori e le sofferenze tra le braccia del suo Dio che è, come ha predicato tante volte, perdono e misericordia al di sopra di ogni altra considerazione o apprezzamento. Non è poca grazia, degna di lode, che l’umiltà e la bontà di Papa Francesco siano stati specchi che riflettono l’autentico volto divino. Speriamo che, al prossimo conclave, egli stesso potrà collaborare con lo Spirito Santo per scegliere un candidato adatto ai tempi e alle necessità della Chiesa; affinché, tra mille linee tortuose, risplenda una linea bella e dritta, scritta, ancora una volta, con le tracce di Gesù di Nazaret.