Il prossimo 20 gennaio dovrebbe tenersi la prima seduta del Parlamento in seduta comune dei suoi membri e dei delegati delle regioni per l’elezione del 13° Presidente della Repubblica.
A parere di chi scrive, in questa circostanza, merita di essere ricordata la figura di un uomo che ha svolto un ruolo di primo piano fra i fondatori e i costruttori della nostra Repubblica, Giuseppe Saragat (1898 - 1988).
Coloro che vorranno dare uno sguardo alla biografia di Giuseppe Saragat non potranno non nutrire ammirazione e riconoscenza per un uomo: che fin dalla più giovane età è stato capace di affrontare con coraggio la lotta contro il fascismo sopportando l’esilio e il carcere mettendo in grave pericolo la sua vita; che, dopo la vittoria sul fascismo fu tra i principali protagonisti della vita politica e istituzionale; che mantenne sempre salde le sue idee e la sua capacità di lavorare con piena coerenza per la salvaguardia tanto dei principi della democrazia liberale quanto delle ragioni della giustizia sociale; che, nonostante avesse impegnato tutte le sue energie intellettuali e morali per la realizzazione della democrazia come voluta dalla Costituzione, dovette sopportare ingiuste incomprensioni e ingenerose ostilità anche nel mondo democratico e antifascista.
Cominceremo col ricordare che Saragat fu il primo Presidente dell’Assemblea Costituente, eletto il 25 giugno del 1946, subito dopo il referendum che rese l’Italia una Repubblica.
Ecco un brano del suo discorso ai membri dell’Assemblea:
Voi, eletti dal popolo, riuniti in questa Assemblea sovrana, dovete sentire la immensa dignità della vostra missione. A voi tocca dare un volto alla Repubblica, un’anima alla democrazia, una voce eloquente alla libertà. Dietro a voi sono le sofferenze di milioni di italiani, dinanzi a voi le speranze di tutta la Nazione. Fate che il volto di questa Repubblica sia un volto umano. Ricordatevi che la democrazia non è soltanto un rapporto tra maggioranza e minoranza, non è soltanto un armonico equilibrio di poteri sotto il presidio di quello sovrano della Nazione, ma è soprattutto un problema di rapporti fra uomo e uomo. Dove questi rapporti sono umani, la democrazia esiste; dove sono inumani, essa non è che la maschera di una nuova tirannide».
Dalla lettura di queste parole comprendiamo che nella mente di Giuseppe Saragat la nuova Costituzione doveva essere non solo un testo che istituiva un ordinamento capace di garantire un armonico equilibrio dei poteri istituzionali; ma doveva nello stesso tempo fare in modo che l’esercizio di detti poteri fosse sorretto dalla consapevolezza che il fine essenziale delle pubbliche istituzioni è quello di migliorare i rapporti fra uomo e uomo.
Forse una concezione troppo alta, utopistica?
A sommesso parere di chi scrive, no. Anzi una concezione molto concreta e facile da capire anche per coloro che non sono esperti di questioni istituzionali e di scienze politiche.
La Repubblica pensata da Saragat, è stata poi effettivamente disegnata nel testo della Costituzione. Nelle norme leggibili nelle tre parti: Principi fondamentali, Diritti e Doveri dei cittadini, Ordinamento della Repubblica.
I membri dell’Assemblea costituente hanno dunque accolto il messaggio di Giuseppe Saragat al quale va pertanto riconosciuto il merito di essere tra i principali ideatori del testo della nostra Carta.
Ora passeremo a ricordare che Saragat fu il quinto Presidente della Repubblica il 28 dicembre 1964. Osserveremo che l’elezione avvenne con un voto corale di tutte le forze politiche della sinistra italiana. In primo luogo troviamo il voto del Psi di Pietro Nenni, ma troviamo anche il voto del Pci di Luigi Longo e anche quello della parte più cospicua della Dc guidata all’epoca da Aldo Moro.
Ora un ricordo personale.
L’esito di questa elezione faceva sperare a molti simpatizzanti per le idee del socialismo democratico in una prossima ricomposizione dei partiti che erano nati dal primo Partito Socialista fondato nel 1892. Sembrava scontata in primo luogo una unificazione fra Psdi e Psi considerato che i due partiti avevano contribuito alla nascita dei primi governi di centro sinistra già a partire dal 1962. Ma, sia pure in numero molto inferiore, vi erano molti militanti dei partiti di sinistra che facevano il seguente ragionamento.
“I motivi per i quali si era prodotta nel Psi la scissione di Livorno che nel 1921 aveva portato alla nascita del Pci, oggi 1964, non hanno più nessuna ragion d’essere. Neppure valgono oggi le ragioni della scissione di Palazzo Barberini che 1947, proprio per iniziativa di Saragat, avevano portato alla formazione del Psdi. Oggi Giuseppe Saragat, protagonista di primo piano della lotta antifascista, della Resistenza e del movimento socialista italiano e internazionale è Presidente della Repubblica. Fino ad oggi vi è stata una pregiudiziale preclusione politica nei confronti del Pci. È una pregiudiziale conseguente alla guerra fredda. Ma chiunque legga lo statuto del Pci, e guardi ai suoi obiettivi programmatici, alla sua azione concreta deve prendere atto che, ad onta del suo nome, oggi nel 1964, il Pci è in realtà un partito socialista democratico. Osserviamo ancora più attentamente. Il Pci dichiara senza mezzi termini nei propri congressi: che il suo fondamentale obiettivo è la difesa delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione; che la via italiana al socialismo si realizza nel più rigoroso rispetto delle Istituzioni democratiche attraverso libere elezioni. In breve, è impossibile trovare differenze sostanziali di pensiero e di programmi tra Psdi, Psi, e Pci. Logica vuole pertanto che i tre partiti della sinistra italiana si ricompongano in uno solo partito. Il quale dovrà chiamarsi, per evitare qualsiasi pregiudiziale discriminatoria, col nome di Partito Socialista Democratico Italiano. Oggi, 1964, possiamo dire apertamente che nel 1947, Giuseppe Saragat era l’uomo della sinistra italiana che aveva fatto la scelta giusta. E aveva indicato lucidamente e scelto con ferma determinazione la collocazione politica sia nazionale che internazionale di tutti i socialisti italiani. Una scelta che, per altro, corrispondeva a quella dei socialisti nei paesi più importanti dell’Europa.” (fine del ragionamento)
Torniamo ora ai nostri giorni, a dicembre 2021, 50 anni dopo la fine del settennato. Dobbiamo prendere atto che la storia presenta ai nostri occhi e alla nostra mente un paradosso davvero strano.
La storia ha dimostrato: che Giuseppe Saragat aveva ragione nel 1947; che avevano ragione coloro che nella sinistra nel 1964 svolgevano il ragionamento sopra esposto. Nello stesso tempo ha dimostrato che coloro che avevano ragione sono stati politicamente sconfitti. In parole povere la storia non ha dato ragione a chi aveva ragione.
Chi scrive ammette di non avere l’intelligenza e la preparazione culturale necessaria per comprendere il paradosso in questione.
Chiunque però potrà comprendere chiaramente oggi, 2021, che la mancata unità delle forze di sinistra italiane in un partito socialista democratico è stata la causa principale dell’anomalia della politica nel nostro paese; la così detta democrazia “bloccata” ossia priva di ricambio nella direzione politica.
Il settennato Presidenziale di Giuseppe Saragat (1964-1971), avrebbe potuto essere la grande occasione per aprire la fase della democrazia compiuta. Capire perché ciò non è avvenuto non è soltanto compito degli studiosi di storia ma di quanti hanno a cuore la realizzazione di una democrazia quale era stata pensata da Giuseppe Saragat. Del quale a conclusione delle nostre riflessioni ricorderemo queste parole: «Se ti sorge un dubbio in materia di fede, cerca la soluzione nella Bibbia. Se ti sorge in materia politico-sociale, cerca nella Costituzione».
Giorgio Pizzol