Da troppo tempo certa stampa ripropone a scadenze fisse la teoria secondo la quale Papa Benedetto XVI non si sarebbe mai dimesso. Costoro motiverebbero tale convincimento con le seguenti riflessioni.
- Il testo della declaratio contiene vistosi errori di latino
- Nella declaratio si fa riferimento al munus e al Papa Benedetto avrebbe lasciato l’esercizio del ministerium, ma non il munus
Vediamo di riflettere su queste e altre questioni con obbiettiva pacatezza.
Non risulta a nessuno che il Papa emerito Benedetto XVI sia un provetto latinista. I suoi collaboratori hanno dichiarato che la declaratio l’ha scritta da solo, per cui, eventuali errori non impressionano nessuno anche per quelle che poi si dirà.
Quanto alla distinzione tra munus e ministerium è sufficiente prendere in mano il Codice di Diritto Canonico. Merita premettere che per sua ammissione il cardinale Jopseph Ratzinger, poi Papa Benedetto XVI, non è mai stato ferrato in Diritto. Ma torniamo canone 332 del Codice ove si legge: “Il Sommo Pontefice ottiene la potestà piena e suprema sulla Chiesa con l’elezione legittima, da lui accettata, insieme con la consacrazione episcopale. Di conseguenza l’eletto al sommo pontificato che sia già insignito del carattere episcopale ottiene tale potestà dal momento dell’accettazione. Che se l’eletto fosse privo del carattere episcopale, sia immediatamente ordinato vescovo”.
Ciò significa che la modalità della trasmissione della successione petrina è esclusivamente giuridica e conferisce la pienezza della suprema giurisdizione. All’interno della pienezza della giurisdizione non si dà alcuna ulteriore sottodistinzione tra il munus e il suo esercizio. Pertanto, il munus petrino è solo ed esclusivamente un primato di giurisdizione. Ciò che viene conferito in Conclave all’eletto non ha nulla a che fare con il carattere sacramentale speciale che permane anche dopo la rinuncia. Al Papa emerito rimane il munus episcopale che aveva ricevuto sacramentalmente quando fu ordinato vescovo. La rinuncia all’ufficio petrino, pertanto, è lo strumento giuridico che porta alla perdita della giurisdizione pontificia, che gli era stata conferita per via giuridico-canonica.
Nella Declaratio sono contenute parole inequivocabili. L’allora Papa Benedetto XVI davanti al Sacro Collegio come previsto dal canone del CIC disse: «Ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice».
Nessun dubbio:
- «Dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005»
- «La sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice».
Ma vi è un terzo elemento di cristallina verità di intenzione. Ha aggiunto il Pontefice ancora regnante: «Imploriamo la santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice».
Inoltre, il fatto gravissimo che doverosamente occorre evidenziare è quello sacrilego che i presunti difensori del pontificato di Benedetto XVI forse non considerano: e cioè. Come è possibile definire l’uomo, il teologo, il prete, il vescovo Josef Ratinzger, il Papa emerito Benedetto XVI un imbroglione, un calcolatore, un opportunista un mistificatore, un falso?
Come è possibile ritenere che Papa Benedetto avesse nascosto nella famosa Declaratio la prova della nullità della sua rinuncia?
Come è possibile solo lontanamente attribuire a Benedetto XVI la “vigliaccata” che egli abbia vergato la Dichiarazione con estrema abilità e sottigliezza, appositamente perché venisse scoperta invalida.
Chi può solamente pensare che l’onesto, retto, probo dotto, santo, preparato e distaccato Papa Benedetto il cui unico desiderio era quello di fare la volontà del suo Signore, abbia premeditato diabolicamente di lasciare la Chiesa in uno stato confusionale abnorme con un usurpatore sul trono del beato Pietro? No! Papa Benedetto non avrebbe mai potuto mentire!
Costoro si rendono conto del torto e della ingiuria grave che muovono al “loro” Papa sostenendo che egli volutamente non si sia dimesso?
Come è possibile pensare che il Papa emerito Benedetto XVI si stia portando in silenzio, sulla coscienza un macigno così distruttivo, quasi come un compiaciuto osservatore del disastro ecclesiale che deriverebbe dal fatto di avere un Pontefice ancora sulla sede di Pietro e un Antipapa eletto illegittimamente dall’ultimo Conclave?
Io sono convinto che coloro che insistono nel vedere in Benedetto XVI “il loro Papa” non si rendono conto della ferita mortale che infliggono alla sua lealtà ecclesiale, alla rettitudine della sua coscienza, alla coerenza di quello che sempre ha insegnato e predicato.
Ma vi è un ultimo passaggio che non può essere dimenticato. Chi ha fede sa che il Conclave ad eligendum summum Pontificem è guidato dallo Spirito Santo. La domanda è spontanea e banale: è mai possibile che 120 Padri Cardinali, riuniti nella Cappella Sistina dopo aver invocato lo Spirito Santo non vi fossero entrati persuasi e convinti che il Santo Padre Benedetto XVI, come prevede il Codice di Diritto Canonico, avesse detto proprio a loro: «la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice».
A fronte di queste considerazioni (e altre) come pretendono alcuni divulgatori di notizie (stampate e non) di imporre la loro verità su questione che per la Chiesa cattolica è questione di fede nello Spirito di Dio che fa nuove tutte le cose? Il Conclave è una cosa seria! E 120 grandi elettori non si possono aver ceduto all'emozione o alla negligenza. Si sono incontrati per diversi giorni nelle conferenze preparatorie al Conclave: hanno discusso, anche animatamente. Possibile che la folgorazione in materia di validità giuridico-canononica la possano avere solo alcuni taluni dei quali di "cosa di chiesa-fede-teologia" ne sanno poco o nulla?
E, soprarttutto, come si può dubitare della rettitudine di coscienza di colui che - per me - è un grande Padre della Chiesa, il Papa emerito Benedetto XVI?
Non so se Benedetto XVI sia mai stato al corrente del violento dibattito che ricorre ciclicamente su alcuni quotidiani (giusto per non farci mancare nulla!). Ma se per caso dovesse leggere Il Popolo (!) gli chiederei con la stessa confidenza che ho sempre avuto con lui: Padre Santo ponga lei la parola “fine” a questa incresciosa querelle! Dica lei di aver fatto tutto con coscienza e vertà. Affermi ancora una volta che le parole della Declaratio non le sono state imposte da nessuno nè da alcuna circostanza. Dica che sono state solo un libero atto della sua volontà e che "dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino".
La Chiesa – lei lo sa bene – ha già i suoi gravi problemi da affrontare. Grazie Padre Santo.
Teofilo