In attesa che prenda corpo la “ rete di Trieste”, ossia il movimento nato un anno fa dall’incontro di diversi amministratori locali di area cattolica nella città giuliana, come ben ha scritto Matteo Gianni in ”politicainsieme.com”, registriamo altri importanti tappe del percorso avviato in diversi partiti e movimenti della stessa area politico culturale.

A Milano si riuniranno nei prossimi giorni gli amici Tabacci, Prodi, Castagnetti,  D’Ubaldo, Sanza, alla ricerca del “federatore” individuato nel dr Ruffini, già direttore dell’agenzia delle entrate, con l’obiettivo di porsi come area centrale da collegarsi con il PD.

A Orvieto, quasi in contemporanea, si riunisce la corrente dei popolari del PD, con Del Rio, nel tentativo di tornare allo spirito originario della Margherita e riacquistare un ruolo più incisivo dentro al Partito, nel quale, per dirla con Donat Cattin: “ è sempre il cane che muove la coda”.

Progetto quest’ultimo fortemente criticato dall’amico Giorgio Merlo, il quale si propone, invece, con la sua Scelta Popolare, di costituirsi in federazione con Forza Italia, con l’obiettivo di dar vita alla sezione italiana del PPE. Progetto ambizioso che, almeno per le verifiche sin qui da me svolte in sede veneta, non trova riscontro tra gli esponenti del partito berlusconiano, ben saldi nell’alleanza con la destra. In questo scenario si è svolto il processo intentato da Cuffaro al tribunale di Avellino contro l’uso del nome Democrazia Cristiana da parte di Rotondi, conclusosi con l’invito a Rotondi e a Cesa di mettersi finalmente d’accordo unificando nome e simbolo. Ne è seguito un siparietto curioso tra Rotondi, disponibile a cedere il nome per concorrere tutti insieme a costruire una rinnovata DC e Cuffaro che ritiene, giustamente, più complicato quel percorso.

Da parte mia penso che il duo Rotondi-Cesa hanno sin qui goduto della rendita di posizione ereditata, l’uno, Cesa, col simbolo e l’altro, Rotondi, con il nome, utilizzata soprattutto come strumento di trattativa per la propria sopravvivenza personale e di alcuni loro adepti privilegiati. Una condizione e utilità cui difficilmente intenderanno rinunciare. Ho colto nella replica di Cuffaro un elemento politico importante quando sostiene: "L'ipotesi del giudice è buona, sono disponibile a ragionarci. Ma la Dc non può che nascere ed essere un partito di centro. Le alleanze si fanno dopo. Facciamo il partito e poi le alleanze, non il contrario”. Una tesi che anch’io sostengo da tempo. È inutile ragionare prefigurando prima le alleanze a destra o a sinistra, significa, così, ragionare nei limiti imposti dall’attuale legge maggioritaria che ci obbliga a scegliere di qua o di là, finendo con l’assumere ruoli inevitabilmente subalterni. Prima, dunque, la proporzionale e la nostra unità possibile, poi, democraticamente sceglieremo, sulla base del nostro programma con chi allearci.

Sulla suicida diaspora che ci accompagna dal 1992 discutono da mesi anche gli amici di Iniziativa Popolare (Tassone, Gemelli, Bonalberti), che hanno affidato il coordinamento di quel movimento a due giovani: Mattia Orioli di Macerata e Roberta Ruga di Mestre.

Nell’ultimo incontro tenutosi il 16 gennaio a Roma e in collegamento on line, è stato deciso di impegnarsi nella raccolta delle firme a sostegno della legge di iniziativa popolare per il ritorno alle legge elettorale proporzionale con preferenze, premessa indispensabile se si intende concorrere alla costruzione del nuovo centro della politica italiana: ampio e plurale, risultante dall’incontro delle grandi culture che hanno dato vita alla Costituzione: popolare, liberale, repubblicana, riformista socialista.

Un centro alternativo alla destra nazionalista e sovranista e distinto e distante dalla sinistra senza identità, pronto a collaborare con quanti intendono attuare il più avanzato programma politico, ieri come oggi: la difesa e l’attuazione integrale della Costituzione. Iniziativa Popolare ritiene, inoltre, che per facilitare il processo di ricomposizione politica dell’area cattolica (democratica, liberale e cristiano sociale) sarebbe opportuno convocare una nuova Camaldoli per discutere, con gli esponenti delle diverse realtà dell’area, di un programma politico, economico sociale e finanziario, per il Paese ispirato dai valori della dottrina sociale cristiana.

Immediato, infine, dovrebbe essere l’impegno per attivare in tutte le realtà locali incontri con le diverse espressioni dell’area cattolica, democratico cristiana e popolare, per favorire la formazione di liste unitarie nelle prossime elezioni comunali, provinciali e regionali.

Ripartire sturzianamente dalla base per far emergere i bisogni  di ciascuna realtà territoriale e per selezionare una nuova classe dirigente dotata di passione civile, lontana dai giochi di mera sopravvivenza di vecchie figure politiche ormai senza più credibilità.

 

Ettore Bonalberti