Dopo tre giorni in giro per la Mongolia, Papa Francesco ha concluso il suo 43° viaggio apostolico diventando il primo Pontefice a mettere piede su questa terra. In un Paese a maggioranza buddista e musulmana, il Santo Padre ha avuto incontri con le autorità civili e religiose del Paese con l'obiettivo di rafforzare e promuovere la piccola ma vigorosa comunità cattolica, frutto di decenni di lavoro missionario. Verso le 5:00 ora di Roma, il Papa Francesco ha iniziato il suo viaggio di ritorno a Roma dall'aeroporto Genghis Khan di Ulan Bator.
In questo incontro con le autorità politiche, civili e diplomatiche, uno dei temi toccati dal Papa è stato quello della cura del creato: "Ciò che per noi cristiani è creazione, cioè frutto di un disegno benevolo di Dio, voi aiutateci riconoscere e promuovere con delicatezza e attenzione”. Egli ha inoltre sottolineato il "ruolo significativo nel cuore del grande continente asiatico e sulla scena internazionale" svolto dalla Mongolia. Il Papa ha chiesto che «le nubi oscure della guerra passino, che siano dissipate dalla ferma volontà di una fraternità universale».
Quanto alle autorità ecclesiastiche cattoliche, le ha ringraziate per “aver speso la vita per il Vangelo”. “È una bella definizione della vocazione missionaria del cristiano, e in particolare del modo in cui i cristiani vivono questa vocazione qui”. Ma il Santo Padre è andato oltre e ha chiesto loro di ritornare "ancora e ancora a quel primo sguardo da cui tutto è nato" perché si rischia di rimanere in una "sterile prestazione di servizi, in una successione di compiti che dovrebbero essere fatto, ma che finiscono per trasmettere solo fatica e frustrazione”.
Il resto del viaggio
Di fronte al resto delle religioni, il Santo Padre Francesco ha sottolineato che «se chi ha la responsabilità delle nazioni scegliesse la via dell'incontro e del dialogo con gli altri, contribuirebbe in modo decisivo a porre fine ai conflitti che continuano a causare sofferenza a tanti popoli". Francesco ha chiesto ai rappresentanti “che non vi sia confusione tra credo e violenza, tra sacralità e imposizione, tra percorso religioso e settarismo”: “La memoria delle sofferenze patite nel passato ci dia la forza di trasformare le ferite oscure in fonti di luce” .
Già nella messa a Ulan Bator, Papa Francesco ha ricordato che siamo tutti « nomadi di Dio , pellegrini in cerca di felicità, viandanti assetati di amore»: «La Parola ci conduce sempre all'essenziale della fede: lasciarsi amare da Dio per fate della nostra vita un'offerta d'amore. Perché solo l'amore disseta davvero». "Al termine della sua omelia, il Vescovo di Roma ha sottolineato che la strada migliore è "abbracciare la croce di Cristo ".
Papa Francesco , infine, ha concluso il suo storico viaggio in Mongolia inaugurando la prima Casa della Misericordia a Ulan Bator . Lì il Santo Padre ha rivolto il suo “ringraziamento di cuore” a tutti i volontari e i missionari, per aver messo “la loro conoscenza, la loro esperienza, le loro risorse e soprattutto il loro amore al servizio della società mongola”.
Proprio con alcuni di questi ha avuto un incontro che ha esortato a fare del bene per “cercare il meglio per l'altro”, non “impegnarsi solo in cambio di una remunerazione”.