Ho riletto, in questi giorni, l’Enciclica Veritatis Splendor su "Alcune questioni fondamentali dell'insegnamento morale della Chiesa". Mi convinco sempre più che si tratti di un testo formidabile e della massima importanza; forse uno dei più importanti e di vasta portata dell'insegnamento di Giovanni Paolo II. 

Fino ad allora, un'enciclica non aveva mai affrontato direttamente «l'insegnamento morale della Chiesa nel suo insieme», cioè quegli aspetti che stanno alla base del comportamento morale. Eppure, è stato molto necessario farlo in quel momento.

Il documento magisteriale è arrivato al momento giusto. E la sua attualità è indiscutibile a distanza di anni a causa della situazione che stiamo vivendo sia all'interno della comunità cattolica che nella società in generale. 

All'interno della comunità cattolica «molti dubbi e obiezioni di ordine umano e psicologico, sociale e culturale, religioso e anche specificamente teologico si erano diffusi circa l'insegnamento morale della Chiesa» (VS 4); ciò aveva creato una certa confusione e condotto, spesso, a una sorta di cristianesimo “à la carte” in cui i comportamenti morali sono scelti arbitrariamente secondo i propri gusti e le proprie convenienze.

D'altra parte, la società, in generale, soffre di un'acuta e diffusa crisi morale che si manifesta, tra l'altro, in un traboccante pluralismo etico, in una demoralizzazione della società, in un'incapacità di offrire risposte valide per tutti alle grandi domande che oggi gli uomini del nostro tempo hanno posto, in un non sapere cosa è bene e cosa è male, cosa è giusto e cosa è giusto.

L'Enciclica presenta in modo positivo l'insegnamento morale della Chiesa nel suo insieme, nella logica della Rivelazione, del Vangelo, nella sua dinamica di un messaggio di amore che chiede una decisione libera e spontanea, anzi, una totale e dono gratuito di sé a Dio e ai fratelli. Il Documento non considera la morale come un insieme di divieti o obblighi derivati ​​da imperativi aggiunti dall'esterno. 

L'Enciclica descrive il comportamento morale come il cammino verso la vita nella sua pienezza. Tutto è una risposta a quella domanda del giovane ricco che sta alla base dell'insegnamento del Papa: «Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?» (Mt 19, 16). Questo testo mostra all'uomo come può diventare se stesso; gli mostra la via dell'amore e quindi la via della felicità,

Il Vangelo è l'annuncio assolutamente gratuito che la felicità agognata e attesa dall'uomo nella sua libertà ci è stata donata in misura inimmaginabile in Gesù Cristo. Non si tratta di una meta da conquistare con le nostre opere, ma di una grazia da accogliere con la fede e da rendere feconda nelle nostre azioni. 

Il Vangelo è una Persona, Gesù Cristo, e la gioia e la via della felicità per l'uomo è l'incontro e la sequela di Gesù Cristo. 

Un incontro e un seguito di congratulazioni. Perché Egli è la Verità che rivela il volto del Padre, unico Bene e fonte di bontà; e, quindi, è la via dell'uomo verso la pienezza della sua realizzazione attraverso le vie del bene, dell'agire giusto e bene. 

Cristo, dunque, è il centro e il punto di riferimento della morale cristiana, che può essere concepita solo come rapporto con la sua persona.

Dal momento che la felicità dell'uomo è persona, la moralità come ricerca della felicità ha una via: la conversione e la sequela di Gesù Cristo, che implica, per grazia di Dio, conformarsi a Lui, vivere come Egli ha vissuto e non solo imitarlo esteriormente.

La chiave della morale, il suo fondamento, secondo l'insegnamento della Chiesa richiamato nell'Enciclica, sta nell'affermazione di Dio, creatore e salvatore, e dell'uomo, inseparabile da Dio, creato a sua immagine, e di Gesù Cristo, vera e originale immagine di Dio, e, quindi, modello secondo il quale l'uomo è stato fatto dal suo Creatore, fonte e origine di ogni bene. 

C'è la verità dell'uomo, nella cui realizzazione, nella libertà, risiede il suo comportamento morale. C'è nell'uomo una verità, una legge, imposta da Dio, Creatore, che non si dona né si crea da sé.

L'Enciclica parte, quindi, da un presupposto fondamentale: non creiamo noi stessi le norme di comportamento attraverso la discussione, né è il consenso, né la maggioranza che determina le norme morali. 

L'Enciclica parte dal presupposto che la nostra stessa essenza di uomini indica una direzione della nostra esistenza che non è da noi inventata, ma trovata e riconosciuta. 

Per l'Enciclica è costitutivo che nella fede e con la ragione illuminata dalla fede si possa riconoscere la verità sull'uomo e sul suo cammino. La discussione non lo crea, ma cerca di penetrarlo più a fondo. 

È qui che abbiamo la chiave della risposta alla domanda che assilla l'uomo oggi e sempre, che altro non è che la domanda: "che cosa si deve fare perché la vita sia come dovrebbe essere?".

L'Enciclica Veritatis Splendor, richiamando l'insegnamento della Chiesa, indica il legame tra verità, bontà e libertà come chiave del comportamento morale. Perdere di vista questo legame è uno degli aspetti più fondamentali che stanno alla base dell'attuale crisi morale. Perché è in quel legame che si sostengono eredità e comportamento morale. 

Per questo, nell'attuale gravissima situazione di crisi morale, «non si tratta più di contestazioni parziali e occasionali, ma di una messa in discussione globale e sistematica del patrimonio morale, basata su determinate concezioni antropologiche ed etiche. Alla loro radice sta l'influsso più o meno nascosto di correnti di pensiero che finiscono per sradicare la libertà umana dal suo essenziale e costitutivo rapporto con la verità» (VS 4). 

Questa è la posta in gioco: il rapporto dell'uomo con la verità e la libertà e il rapporto tra i due. La crisi morale del nostro tempo ha molto a che fare con la crisi della verità e con la corruzione dell'idea e dell'esperienza della libertà. 

L'uomo contemporaneo, infatti, apprezza molto la libertà, ma spesso la concepisce in modo sbagliato, esaltandola al punto da considerarla in assoluto, fonte di valori (cfr VS 32) e di verità.

 

Teofilo