Ci avevamo provato nel 2017, con la DC guidata da Gianni Fontana e nel 2021, con la Federazione dei DC e Popolari presieduta da Peppino Gargani. Dopo quelle esperienze di ritorno a Camaldoli, siamo ancora vittime della diaspora suicida e alle prossime europee privi di un partito di riferimento della nostra area politico culturale.

Il grande fiume carsico del mondo cattolico, frastagliato nei suoi numerosi affluenti culturali e organizzativo sociali, non riesce a superare la frammentazione politica succeduta al tempo dell’unità nella DC. Conseguenza della fine dei collateralismi, dei nostri errori e del trionfo del relativismo etico culturale che ha attraversato l’esperienza contemporanea del nostro Paese. La crisi dell’associazionismo e della stesse culle di formazione tradizionale cattolico-sociali, le parrocchie, hanno ostacolato l’emergere di una nuova classe dirigente sul piano organizzativo e  politico istituzionale, mentre gli ultimi eredi dell’esperienza democratico cristiana si sono dispersi nelle tante piccole casematte guidate da capi e capetti, ognuno dei quali convinti di potere coordinare gli altri o, molto più egoisticamente, disponibili a trovare la personale collocazione nei partiti espressione del bipolarismo forzato da leggi elettorali assurde, pseudo maggioritarie.

E’ evidente che, tentare di ripartire dalle numerose piccole realtà partitiche sparse si è dimostrata sin qui un’impresa fallimentare. Penso a quella da me personalmente vissuta dal 2012, allorché, con gli amici Silvio Lega e Clelio Darida, avuto notizia da Publio Fiori della sentenza della Cassazione n.25999 del 23.12.2010 ( “ La DC non è mai stata giuridicamente sciolta”), tentammo, con l’autoconvocazione del consiglio nazionale della DC, di riaprire politicamente la vicenda democratico cristiana, finendo con l’esito attuale di “una ventina di DC”, guidate da pseudo segretari in costante contesa giudiziaria per la loro legittimità. Un ben triste spettacolo.

 Ecco perché credo che si debba ripartire ancora una volta dalla base, grazie a un tema unificante, almeno me lo auguro, per tutti i cattolici delle tre componenti: democratica, liberale e cristiano sociale. Mi riferisco alla difesa della repubblica parlamentare e della Costituzione che, con gli amici di Iniziativa Popolare, stiamo tentando di fare con la proposta di cancellierato sul modello tedesco, con il ritorno alla legge elettorale proporzionale e l’istituto della sfiducia costruttiva. Se, invece, permanesse il rifiuto della sfiducia costruttiva da parte della Meloni con la sua idea fissa del premierato, dovremmo essere pronti ad attivare il comitato per il NO al progetto di deforma costituzionale della destra sovranista nazionale.

Sul progetto di cancellierato italiano vorremmo aprirci al confronto con tutte le realtà della nostra area socioculturale presenti nelle diverse regioni italiane, per preparare finalmente, in autunno, dopo il voto europeo, una Camaldoli 2024 del mondo cattolico, da cui far emergere, con una proposta di programma politico per l’Italia, una rinnovata classe dirigente che potrà guidare una lista unitaria alle prossime elezioni politiche nazionali.

Credo che il progetto di questa nuova Camaldoli 2024 potrebbe essere proficuamente attivato dai responsabili delle testate giornalistiche che, come quelle de Il Popolo e del Domani d’Italia, insieme ad altre disponibili, sono state sin qui tra quelle più sensibili al tema della ricomposizione politica dei cattolici, al fine di superare gli egoismi particolaristici dei diversi piccoli gruppi e per garantire la partecipazione delle personalità più significative della realtà cattolica italiana.

Siamo forti degli insegnamenti sociali degli ultimi pontefici, tra  i più rigorosi interpreti dei problemi della nostra realtà, si tratta di impegnarci a derivarli sul piano politico  istituzionale con la nostra autonoma responsabilità, in una fase così difficile e carica di tensioni a livello interno e internazionale. Vogliamo riprovarci?

Ettore Bonalberti