Il dibattito sulla posizione politica e di indirizzo del partito della Democrazia Cristiana si sta accalorando. Le posizioni sembrano distanti, creando non poco disagio tra coloro che vorrebbero situarsi in un centrodestra e coloro che, al contrario, opterebbero per una posizione di centro senza nascondere una simpatia per un centrosinistra.
Sono dell’avviso che continuare a ragionare in termini geografici non solo non sia appagante, ma fatalmente induca a miopia e a scelte non consone con l’ispirazione cristiana del partito.
La Democrazia Cristiana infatti sia come Partito Popolare prima, sia come eredità di Alcide De Gasperi, credo non abbia mai guardato a luoghi geografici, ma sia stata orientata - pur con la presenza delle correnti - da valori, ideali, aspirazioni e progettualità.
Orbene, più che lambiccarsi il cervello per guardare ripeto, a posizioni geografiche, stimo opportuno muovere una riflessione superando ogni steccato e guardando a un insieme di valori che potrebbero connotare il futuro del partito.
Per prima cosa ritengo che ostinatamente si debba fare riferimento a quei gruppi associazioni, movimenti, che apertamente si ispirano alla dottrina sociale della Chiesa, all’umanesimo cristiano, e detto senza pudore, ai valori e agli ideali evangelici.
E' pur vero che anche nel recente passato il tentativo accennato è abortito sul nascere poiché - ne sono persuaso - nessuno degli interpellati era riuscito a portare il proprio capitale valoriale, metterlo in comune e personalmente fare un passo indietro, lasciando decidere alle dinamiche democratiche chi avrebbe dovuto assumere la responsabilità del coordinamento e del servizio.
Or son due anni, e precisamente il 24 giugno 2020 ha avuto luogo una riunione di Democratici Cristiani originata come strumento idoneo a consentire il superamento della “galassia” democristiana con l’obiettivo principale di superare la diaspora. Le entità originarie avrebbero goduto di piena e ampia indipendenza al fine di condurre il proprio rispettivo percorso. Ma con l’intento di addivenire, gradualmente, a dar corpo all’antico partito.
Infatti, in quella riunione davvero affollata, era stata raggiunta all’unanimità l’intesa sul nome (perfino da parte di Cesa che ha dato il suo assenso sull’uso del simbolo!): Unione dei Democratici Cristiani e sul simbolo. Io stesso avevo provveduto alla sua elaborazione nel tentativo anche grafico di ricomporre l’unità: “Scudo storico della DC centrato a tutto campo. Nella semicirconferenza inferiore la scritta: Unione dei Democratici Cristiani, con la U la D e la C scritte in rosso. Nella semicirconferenza superiore le 12 stelle della Comunità Europea su cielo azzurro.
E con codesta unità se era deciso di predisporre liste unitarie per le regionali. All'amico Herman Teusch era stato dato mandato di rappresentare l'Unione dei Democratici Cristiani presso gli organismi del PPE del CDU e della CSU.
Ma, mentre tutto questo era stato deliberato ed era stato dato mandato all’on. Giuseppe Gargani di depositare al più presto possibile il nuovo simbolo dell’Unione dei Democratici Cristiani, come ladro nella notte (espressione evangelica! Absit iniuria verbi!), una “manina”, ha cambiato il nome e il simbolo, alla faccia della votazione all’unanimità, e dalle ceneri della neonata Unione dei Democratici Cristiani, risorse – come Araba Fenice - non si sa bene e non si sa perché, la Federazione Popolare dei democratici cristiani, senza che nessuno ne abbia mai conosciuta la genesi e approvata la deliberazione. Un soggetto, dunque, privo di legittimità! Cicero pro domo sua!
L'Unione dei Democratici Cristiani era stata pensata, in verità, come primo passo verso il recupero di una parte consistente della diaspora democristiana con l'intento di coinvolgere alcune esperienze associative cristianamente ispirate, mentre qualche "altra manina" ha avuto la pretesa di rendere la Federazione Popolare dei democratici cristiani un "quasi" nuovo soggetto politico. Errore grave! Tant'è che fallì il primo obiettivo e le elezioni regionali furono un atentico fracasso!
Ed è proprio per questo che non so darmi pace nel constatare che sia preferibile continuare a parlare di nuovo soggetto politico, di altre nuove aggregazioni o chimere varie, piuttosto che por mano all’aratro e ritracciare il solco rinnovato della Democrazia Cristiana, cooperando tutti insieme a ricostruire e dare corpo a un partito che ancor oggi ha tutta la sua ragion d’essere, in quanto portatore di valori incontrastati e inconfutabili, di cui ha sempre più bisogno il nostro Paese.
Muovo questa riflessione non già a partire dalla situazione dei singoli componenti delle aggregazioni, ma guardando alla ideologia valoriale delle aggregazioni in sé. I singoli, come capita a ogni creatura umana, sono portatori di propositi e di contraddizioni, di grazia e di peccato. E non è mio intendimento entrare nella coscienza personale di alcuno.
Preferisco allora fare lettura delle proposte politiche e sociali delle singole aggregazioni e attenermi ai loro progetti e propositi per validare quanto i singoli principi siano compatibili con i valori irrinunciabili a cui vorrei che il partito della Democrazia Cristiana si ispirasse per incarnarsi nell’oggi senza dietrologie o “indietrismi”.
I temi della tutela della vita, del nascere e del morire, della difesa della famiglia, della educazione e della libertà di educazione, della convinta accettazione della distinzione dei generi sono questioni non negoziabili, che non possono diventare oggetto di mediazione.
Una visione biblica della famiglia, una morale che tuteli la vita dalla sua origine fino al suo naturale tramonto, l’emergenza educativa e le possibili strade per attuarla, la cura delle relazioni interpersonali che sappiano far fronte all’emergere di un diffuso senso di precarietà e incertezza sono valori non negoziabili che debbono essere enunciati da chi voglia davvero occupare un centro che non disdegna di considerare chi seriamente, da destra e da sinistra, abbia e difenda questi convincimenti.
Il fatto è che sempre più ci tocca constatare l’irrilevanza politica dei cattolici proprio su queste tematiche. Ecco perché invoco l’urgenza “della centralità da ritrovare”, oltre il confine geografico perché chi si riscontra nei valori e negli ideali che abbiamo sottolineato esprima le dimensioni della propria realtà e responsabilità.
Occorre tornare protagonisti non di luoghi, ma di pensiero, di elaborazione, di dibattito. Le aggregazioni odierne non riescono a ospitare al loro interno elaborazioni e dibattiti. Sono partiti sempre più inadatti a essere luoghi di idee, partiti sempre più inadatti a essere luoghi di discussione. Senza dimenticare che la scomparsa di un cattolicesimo politico è segno di un declino della faticosa ma indispensabile formazione culturale delle giovani generazioni.
La “questione DC” può solo ripartire dall’insegnamento di De Gasperi e da una idea che operi come il lievito della parabola evangelica, servendo alla democrazia per lievitare. Una DC che sia un modo di vivere lo spazio pubblico, un’attitudine riconciliativa, mai estrema.
Una DC di centro non geometrico è una DC “rosa dei venti”: ossia un punto di intersezione dove le politiche di «destra» e di «sinistra» sono obbligate a passare per mantenere il Paese nel suo assetto democratico inscritto nella Costituzione.
Il «centro» politico della DC non geometrico è un metodo, un’antropologia, un umanesimo di riforme e di cultura della mediazione. Lo schema della contrapposizione tra destra e sinistra non è più sufficiente a leggere il nostro tempo. La “vecchia” concezione dei partiti che si dividevano la destra, la sinistra e il centro, comprese le “estreme” di destra e di sinistra, non possono interpretare l’identità piena del Partito dell’ Unione dei Democratici Cristiani che intende proporsi non già per una posizione geografica da occupare.
L’opinione pubblica, in particolare il mondo giovanile dimostrano spesso disaffezione, disinteresse e sfiducia verso la politica e concordano nel rifiuto di collocarsi sull’asse destra-centro-sinistra. Anche per questo la Democrazia Cristiana deve costruire un’alternativa del tutto nuova. Deve essere un soggetto capace di parlare a tutti gli italiani, proponendo “la posizione” della DC centrata sui valori e gli ideali che intende incarnare e che sono stati gli imperituri principi, gli alti ideali e le fonti delle origini.
Ecco perché mi sento ostinato a esperire ogni via praticabile e possibile per unire e connettere le tante realtà virtuose che sono protagoniste di solidarietà nel Paese, riscoprendo la centralità sussidiaria dei corpi intermedi.
Qualche anno fa era stato fatto un tentativo che ho subito ritenuto lodevole.
In questa ora grave della storia sarebbe una grave omissione se galassia ex democristiana non rialzasse la testa e non si assumesse la responsabilità di questa nuova stagione, superando i protagonismi personali e contribuendo, attraverso la formazione, a governare la cosa pubblica.
I criteri di partenza per ritrovarsi rimangono quelli del «buon politico» ricordati da Sturzo:
“C’è chi pensa che la politica sia un’arte che si apprende senza preparazione, si esercita senza competenza, si attua con furberia. È anche opinione diffusa che alla politica non si applichi la morale comune, e si parla spesso di due morali, quella dei rapporti privati, e l’altra (che non sarebbe morale né moralizzabile) della vita pubblica. La mia esperienza lunga e penosa mi fa invece concepire la politica come saturata di eticità, ispirata all’amore per il prossimo, resa nobile dalla finalità del bene comune”.
1. È prima regola dell'attività politica essere sincero e onesto. Prometti poco e realizza quel che hai promesso.
2. Se ami troppo il denaro, non fare attività politica.
3. Rifiuta ogni proposta che tenda all'inosservanza della legge per un presunto vantaggio politico.
4. Non ti circondare di adulatori. L'adulazione fa male all'anima, eccita la vanità e altera la visione della realtà.
5. Non pensare di essere l'uomo indispensabile, perché da quel momento farai molti errori.
6. È più facile dal No arrivare al Si che dal Sì retrocedere al No. Spesso il No è più utile del Sì.
7. La pazienza dell'uomo politico deve imitare la pazienza che Dio ha con gli uomini. Non disperare mai.
8. Dei tuoi collaboratori al governo fai, se possibile, degli amici, mai dei favoriti.
9. Non disdegnare il parere delle donne che si interessano alla politica. Esse vedono le cose da punti di vista concreti, che possono sfuggire agli uomini.
10. Fare ogni sera l'esame di coscienza è buona abitudine anche per l'uomo politico.
Don Luigi Sturzo
* Il decalogo è stato pubblicato nel novembre 1948