Assieme alla famiglia e ai Salesiani, l’Azione cattolica fu l’ambito privilegiato della formazione umana e cristiana di Alberto Marvelli. Nell’associazione, quale la pensò e la volle Pio XI, egli realizzò infatti “la maturazione del suo cammino spirituale”. Lo ricorda, sul periodico riminese “Il Ponte”, Cinzia Montevecchi informando che dell’Azione cattolica Marvelli fece parte con diversi incarichi di responsabilità fino alla primavera del 1946, quando diede le dimissioni da presidente di AC nella sua parrocchia per presentarsi alle elezioni amministrative dell’autunno nelle file della Democrazia cristiana.
Alberto vedeva l’Azione cattolica quale “esercito imponente al servizio di Cristo, sotto la protezione della Vergine, al comando del Papa”, il quale a sua volta ne rivendicava la sana azione sociale “al di fuori e al di sopra dei partiti politici, nell’intento di restaurare la vita cattolica nella famiglia e nella società”. Il giovane riminese considerava Pio XI guida della sua vita. “Egli era per me – scrisse quando papa Ratti morì – il Capo in terra, l’unico capo a cui debbo obbedienza”. Ed “egli è salito al cielo quale olocausto per la pace del mondo”.
Della biblioteca di Marvelli restano ora 249 volumi. Alcuni sono legati alle gare di cultura religiosa, particolarmente incoraggiate dal papa, che venivano proposte allora alle varie realtà locali dall’Azione cattolica nazionale. Poi c’è, di Maritain, Tre riformatori: Lutero, Cartesio, Rousseau, nell’edizione italiana del 1928. Umanesimo integrale, del 1936, Alberto lo lesse più volte. “Purtroppo – lamenta la collaboratrice de Il Ponte – quel volume è andato perduto ma Maria Massani, insegnante e prima biografa di Alberto, ci informa che era postillato e sottolineato e in margine ad un capitolo riportava alcuni suoi pensieri sull’atto di fede e sull’incidenza della fede nella vita”.
Perché – di questo era fermamente convinto Marvelli, e infatti lo scriveva papale papale – “la fede deve diventare principio di vita”.
Ruggero Morghen