Leonardo Granata lo presenta come il principe dei cuochi. Martino, il cuoco segreto della corte papale, “il nostro Comasco” come lo definì il Platina, ci ha consegnato il primo ricettario firmato della cucina italiana, anello di congiunzione tra la cucina medievale e quella moderna, in un passaggio davvero epocale. La sua è una cucina di altissimo livello, adeguata ai personaggi di prestigio cui è rivolta, ma non mancano nel ricettario testimonianze della cucina di tutti i giorni (come le zanzarelle). Le polpette le inventa lui, anche se sono un po’ diverse dalle nostre. Sua è la prima ricetta dello zabaione. E poi ci sono le frittelle, i maccheroni e la melagrana, riabilitata dopo un periodo di oscuramento.
Nel rinnovato Convento dell’Inviolata è stato presentato a Riva del Garda il Libro de cosina di Maestro Martino de’Rossi, un manoscritto non si sa come approdato sulle rive benacensi e, forse, donato da una famiglia abbiente del posto tra Otto e Novecento. Il cofanetto, in due volumi, contiene la riproduzione in facsimile di uno dei più preziosi codici gastronomici esistenti - il ms. F-MS-1 della Biblioteca civica di Riva del Garda, databile agli inizi del secolo XVI – e il Commentario, contenente saggi di specialisti di diverse discipline che approfondiscono e spiegano il contenuto del manoscritto. Il volume, una finestra sulla cultura materiale del tempo, è stato al centro di un’iniziativa di valorizzazione lodata dal noto chef Carlo Cracco che, impossibilitato a presenziare, ha voluto comunque mandare un messaggio di adesione.
Il restauro del manoscritto cartaceo, mutilo (mancano dieci carte) e di modesta fattura, forse scritto dallo stesso Martino, ha richiesto due anni di lavoro ed è confluito appunto nel volume curato dalla casa editrice Nova Charta, che si occupa soprattutto di riviste ed ha aderito al progetto “Salviamo un codice” per dare a lettori e ricercatori la possibilità di consultare una copia perfettamente identica all’originale. “È più di un facsimile”, precisa Silvia Betta, vicesindaco e assessore comunale alla cultura. È un clone.
Ruggero Morghen