Una cartolina da Londra. Edita da Kardorama, riproduce il Parlamento e il Big Ben in una visione notturna, non senza una ricca didascalia, e reca “un affettuoso saluto” (vengono in mente i “Saluti notturni dal Passo della Cisa” di Piero Chiara). La trovo in un libro della biblioteca del Seminario di Trento: il famoso “Esperienze pastorali” di don Lorenzo Milani. L’edizione, al solito della LEF (Libreria editrice fiorentina), è del 1974. Il volume apparteneva al vescovo di Trento monsignor Giovanni Maria Sartori, nato a Vicenza (parrocchia di San Felice) nel 1925 e defunto ad Innsbruck nel 1998. La cartolina, invece, venne spedita a monsignore nell’agosto del 1975 da un giovane prete di neanche trent’anni, don Adriano Tessarollo, che è oggi il vescovo emerito di Chioggia.

La vicinanza delle date di pubblicazione del libro ed invio della cartolina e l’anno (75) indicato a penna sul frontespizio accanto al nome del proprietario, inducono a ritenere che monsignor Sartori, quell’agosto del 1975, stesse leggendo proprio “Esperienze pastorali”. Ne sottolineò, tra l’altro, alcune parti con la penna rossa.

In particolare  il sacerdote vicentino fu colpito – come don Facibeni, che pure la sottolineò e morì poco dopo col libro aperto sul tavolo di lavoro -  dalla prefazione dell’arcivescovo di Camerino, Giuseppe D’Avack, redatta nel 1957 per la prima uscita del libro. Ne sottolineò infatti “l’esame severo, quasi inesorabile” delle “consuete nostre attività pastorali” e l’esigenza di “una pratica della Religione assai più profonda, coerente, attiva [rispetto a quella d’un tempo], che tenda ad influire su tutta la vita sociale, economica, politica, domestica, di lavoro, di studio, di ricreazione”.

Ne evidenziò inoltre il rilievo critico a proposito di “diversi Sacerdoti [che] sono entrati, più o meno direttamente, a fare gli organizzatori sociali e sindacali e poco meno che politici, e quasi perfino gli allenatori sportivi, e i gestori di sale cinematografiche e televisive”: donde l’esigenza – evidentemente condivisa - di “fare di preferenza le opere più strettamente sacerdotali”, di “insegnare e di educare religiosamente”.

Fu colpito da “Esperienze pastorali” anche il poeta e critico Giovanni Giudici (1924-2011), che nel 1959 ne rilevò “la novità dell’impostazione, la novità del punto di vista”. A suo avviso esso contribuiva, addirittura “come nessun libro pubblicato in Italia negli ultimi decenni”, alla fondazione di un linguaggio democratico. “Nel suo duplice aspetto – precisava – logico e lessicale ed anche nel suo aspetto psicologico”.

La lezione di Esperienze pastorali – concludeva – “si rivolge a tutti quei partiti, movimenti e uomini politici che non si riconoscono nell’ordine vigente e il cui impegno programmatico e ideale è di trasformarlo”. Un’eco di quest’ impostazione critica ritroviamo nel noto scrittore Antonio Scurati, che ancora nel 2023 si propone di ricercare “nuove forme di narrazione democratica”, qualsiasi cosa questo significhi.

Ruggero Morghen