Gaza: un ritmo incessante di pessime notizie: siamo a 20/22 mila morti, con una popolazione allo stremo.
Hamas, nel suo programma politico, vuole distruggere Israele. In cambio, Israele massacra i Palestinesi e vuole cancellare dalla faccia della terra Hamas. I due non si vogliono conoscere, ma si combattono lo stesso. Al buio, senza alcuna strategia.
Hamas vuole la distruzione di Israele. Chiaramente, è un obiettivo improponibile. Quindi combatte e uccide per qualcosa d’insensato. Una prospettiva romantica? Mica tanto, se si pensa ai miliardi di dollari che Hamas ha ingoiato dagli aiuti internazionali per Gaza. Il pietismo internazionale ha ben foraggiato il terrorismo. Qualche strage in più, e arrivano i soldi. Un’organizzazione perfetta.
Secondo Netanyahu, Hamas deve essere annientata. Gli ostaggi devono essere liberati. Israele non tratta con i terroristi. Quali sono le prospettive strategiche d’Israele? Bombardamenti e stragi. Non si può aspettare che nel frattempo Hamas prenda fiato e si rafforzi. Certo, più dura una mezza tregua, meglio è per tutti. Poi, cessata la tregua, si ricomincia. È grottesco e tragico assieme.
L’odio e la vendetta non pagano. Ne valeva la pena, Bibi? I morti pesano sulla coscienza di tutti. Si potrebbe fare un libro sulle comparsate, gli errori e i fallimenti di Netanyahu. Alla fine di tutto
In realtà, ciò che si profila è il mantenimento dello statu quo ante. Hamas resta in una Gaza distrutta (tanto pagheranno gli aiuti internazionali), assediata da Israele. I missili continueranno a piovere sulle città israeliane, ci saranno ancora scontri di frontiere. E la commedia continuerà, come se nulla fosse avvenuto.
Per contro, gli odi si saranno ingigantiti.
Come risultato strategico è un fallimento totale dell’impresa israeliana. In più, c’è il risveglio degli scontri in Cisgiordania e quello degli Hezbollah nel nord d’Israele. Poi c’è il modernissimo ed evolutissimo Iran, quello che ammazza le donne se mostrano una ciocca di capelli fuori dal velo, quello che impedisce loro di studiare, di capire, di avere un ruolo. Minaccia, fa la voce grossa, ma il regime dei preti non conta nulla. Al massimo, ci fa rimpiangere i tempi dell’inquisizione cristiana.
La verità è che la morsa che stringe Israele a nord, ad est e ad ovest non si allenta. Il vero ostaggio, in questo momento, è Israele.
Russia e Cina, in modi diversi, spalleggiano Hamas e le ragioni dei Palestinesi. Tutti i Paesi arabi sono dalla parte di Hamas, nonostante i numerosi accordi e riconoscimenti con Israele. Per quanto frammentata esiste un’indubbia solidarietà araba. Se questa solidarietà si traducesse in un impegno politico e militare, Israele farebbe la fine di Gaza. Ma non lo faranno: primo, perché non l’hanno fatto mai, secondo, perché dei Palestinesi a loro importa nulla. Sono degli straccioni dei miserabili, dei diseredati, buoni solo come manodopera a basso prezzo per costruire edifici, stadi, giardini verdi e piscine in mezzo al deserto. Così ci verranno gli Americani i Russi, i Giapponesi e gli Europei, quelli pieni di soldi. Saranno pure privi delle verità rivelate dal Corano, sono dei miscredenti, ma pieni di denaro, anche loro.
La Palestina? E cos’è?
Gli Stati Uniti hanno il loro interesse a proteggere Israele, sempre che non faccia colpi di testa di difficile accettazione. La Russia, al contrario, ha tutto l’interesse a che nel Medio Oriente ci sia una ferita aperta che distragga gli Stati Uniti da altri scacchieri o che, perlomeno, che li tenga impegnati su più fronti. L’unico che ha un interesse reale, non a livello planetario, è Netanyahu. Aspetta le elezioni americane. Se arriva Trump resta in sella.
In questo gioco fra grandi potenze, Gerusalemme è solo un pretesto. In mezzo, ci sono solo le vittime, a migliaia. Ma che contano le vittime? Nulla. Solo un po’ di pietismo, specie se si tratta di bambini, tanto per ricordare all’insigne mondo della comunicazione che esistono ancora i diritti umani. Imprescrittibili, irrinunciabili, fondanti della società umana, ma inutili.
Lasciamoli invocare al Papa di Roma, tanto, non ha né missili né carri armati. I giochi veri(chiamiamoli così, in tempo di feste natalizie), purtroppo, sono ben altri.
Gli Stati Uniti sono coinvolti in Europa dal conflitto ucraino e in Asia per il latente conflitto tra Cina e Taiwan. Sono tanto generosi gli Stati Uniti con il mondo cosiddetto libero, ma importante è proteggere le proprie rotte sul Pacifico e, perché no? sul Mar Rosso. Il commercio deve essere libero dagli impacci di guerricciole (mica tanto) che impazzano nel mondo e disturbano il mercato. In questo vanno d’accordo con la Cina, anche se, apparentemente, sono su due sponde opposte.
Poi c’è l’Africa, dove si svolge una lotta di potere silenziosa: oro, diamanti, uranio, terre rare. Sono bocconi troppo grossi anche per una grande potenza come gli Stati Uniti. Alla fine, qualche pezzo crollerà. È inevitabile.
Come lupi affamati, Russia e Cina sono in attesa di eventi che possano provocare un qualche cedimento americano. Piccoli colpi di spillo aiutano a indebolire il gigante le cui preoccupazioni interne sono ben più grandi di quel che si possa immaginare.
Le prossime elezioni americane saranno un punto di svolta importante per i destini del mondo. L’ipotesi di una rielezione di Trump mette i brividi a tutti tranne che a Netanyhau.
Stelio W. Venceslai