Sì, sono appena quattro gatti quelli che decidono dell’elezione del Presidente della Repubblica. Non i mille e passa “grandi elettori”, peones di lusso. Solo quattro: Letta, Salvini, Conte e Renzi.
La politica è morta, passando da un fallimento a un altro. I partiti sono divisi, le correnti si sprecano. Siamo quasi agli sgoccioli delle votazioni e ancora non è chiaro che cosa voglia la politica da questa esangue Repubblica.
O meglio, si capisce a chiare lettere. Vogliono riappropriarsi di ciò che hanno perduto: il potere, l’importanza, la credibilità, la fiducia degli elettori (quelli veri).
Spiazzati da Mario Draghi, con un Parlamento imbelle superato dagli avvenimenti e dai sondaggi pre-elettorali, esclusi dal potere vero, quello dei quattrini, della competenza e dell’autorità morale, si apprestano a discutere sul nulla. Per la verità, si attardano, visto che la scadenza del mandato presidenziale non era improvvisa. Ma sulle cose serie, la politica perde tempo gingillandosi sulle mascherine.
Il pianeta è in crisi di Covid, di fame e di guerra, venti minacciosi spirano alle frontiere della vecchia Europa e alla Camera ci si diletta di quisquilie, di veti incrociati, di vecchie barbe e di vecchi cialtroni passati sotto ogni bandiera. Tutti candidati o candidabili. Ma siamo seri!
Se Draghi non va alla Presidenza della Repubblica, deve presentare al nuovo Presidente, come d’uso, le dimissioni del suo governo. Poi, riavrà l’incarico oppure se ne va. Ci sarà da ridere.
Se avrà l’incarico sarà a termine, fino alle elezioni politiche del prossimo anno. A questo punto, chi glielo fa fare? La Patria?
Se Draghi va alla Presidenza della Repubblica, dovrà nominare un nuovo Presidente del Consiglio. E qui si sbranano i quattro gatti. La scelta unionista di Draghi continuerebbe a metterli fuori gioco. Ma non è possibile, vogliamo scherzare?
Lo scenario è inquietante. I quattro gatti vogliono riprendersi ciò che hanno perduto per colpa loro, per la loro incapacità congenita di fare politica e non chiacchiere. Vogliono il governo per spartirsi il PNRR, il grande banchetto dei prossimi anni.
Con Draghi è quasi certo che sarò attuato, con questi quattro leaders è molto dubbio. Non hanno dato nessuna buona prova di se stessi, in passato. Perché dovrebbero darne una buona, adesso?
Vediamo le cose da un altro punto di vista. Non sono un seguace di Draghi, ma ne apprezzo la serietà, cosa rara in un Italiano di questi tempi. Draghi è universalmente apprezzato non solo in Italia, ma soprattutto in Europa e nel mondo. Conosce un po’ tutti i grandi della terra e da questi è stimato e considerato. Il suo nome è una garanzia per tutti. Forse esagerano, ma una volta tanto un Italiano tiene banco sulla scena internazionale, non con le sbruffonate imperiali. Non è cosa da prendersi alla leggera.
Ebbene, quest’uomo, oggi alla testa del governo, potrebbe essere sbattuto fuori o costretto ad andarsene. Nemo propheta in patria, dicevano gli antichi. Quant’è vero! Ve le immaginate le reazioni della stampa internazionale? Ci prenderebbero per matti.
Ma come, avete un uomo che tutti apprezzano per ciò che ha fatto alla testa d’importanti organizzazioni internazionali, e ve ne private, in un momento, poi, come questo, in cui l’Italia è flagellata dalla pandemia, è in forte crisi di ripresa economica, boccheggia per gli enormi ritardi infrastrutturali in cui si trova per l’incapacità dei suoi precedenti governanti, ed ora lo buttate via? A favore di un Casini (Dio ce ne guardi!), di una Casellati o di un Amato (sempre Dio ce ne guardi!), figuranti per lasciar intrigare in tranquillità i quattro gatti infoiati di cui sopra?
Povero Paese, speriamo che il buon senso aleggi sopra le teste dei nostri squallidi reggitori!
Stelio W. Venceslai
Roma, 26/01/2022