La crisi ucraina è una cosa seria. Bisogna rendersene conto. Nessun Europeo è disposto a morire per Kiev, ma nessuno si chiede perché Russi e Ucraini dovrebbero morire per Putin. Può sembrare una domanda inutile, ma non tanto.
L’invasione che si sta profilando in Ucraina non è un gesto di propaganda, come si vuole far credere in Occidente. Nessuno gioca a risiko con le armi moderne di cui sono equipaggiati gli eserciti dei due Paesi. Queste armi significano distruzione, morte, esodo di popolazioni disperate. Lo abbiamo dimenticato?
I Russi combattono perché la loro potenza di fuoco è motivo d’orgoglio. Dopo la 2° Guerra mondiale e la dissoluzione dell’Unione Sovietica, sono stati presi in giro un po’ da tutti. Il comunismo era scomparso, l’esercito non c’era più, i generali si vendevano i carri armati e i soldati fucili e medaglie. La Russia era allo sbando, divisa tra le mafie risorte e le gerarchie vecchie e nuove di uno Stato al collasso. Putin ha fermato lo sfacelo, raddrizzato il sistema, riarmato l’esercito. I giovani russi in uniforme hanno una nuova bandiera, hanno nuovi capi, armi straordinarie e, soprattutto, hanno un Presidente oligarca deciso. Il mondo è loro.
Gli Ucraini, come i Russi, hanno fatto tutte le guerre dell’Impero degli Zar e quelle dell’Unione Sovietica. Il loro Stato, checché ne dica Putin, è sempre esistito, sia pure nell’ambito dell’Unione Sovietica, perché Stalin impose il riconoscimento della sovranità alla Comunità internazionale, Stati Uniti in primis, per l’Ucraina come per la Bielorussia, al punto che Minsk e Kiev ebbero un loro seggio alle N.U. fin dal principio.
L’Ucraina aspira a svincolarsi da una lunga dipendenza politica da Mosca. Le luci dell’Occidente abbagliano chi è abituato a freddi rigori sarmatici. L’invasione russa, specie per quella parte dell’Ucraina che è stata sotto l’Impero asburgico, è inaccettabile. Forse anche loro avranno armi modernissime, ma difendono la loro patria. Quella che si profila è una sanguinosa guerra russo-ucraina.
L’Occidente sta a guardare. Non può fare altro, da vecchio voyeur vizioso di emozioni. Nessuno, infatti, vuole morire per Kiev.
Però, in cambio, sanzioni innocue a pioggia, grandi dichiarazioni, ricerca disperata di soluzioni negoziate: il ruggito del topo.
Per trovare una soluzione a questo pasticcio sanguinoso la NATO dovrebbe perdere la faccia. Una cosa impossibile. L’Unione europea, per quel che conta, dovrebbe subire qualche altro affronto. L’America, diciamolo, se ne fotte. Neanche là nessuno vuol morire per Kiev. Cercare una soluzione non è una soluzione. È semplicemente inutile.
Occorre essere almeno in due, anche in un matrimonio di convenienza. Putin dice che è disposto a trattare. Forse è vero e forse non lo è.
Perché Putin dovrebbe essere interessato a una soluzione condivisa? Si è appropriato della Crimea e nessuno ha battuto ciglio. Ha foraggiato otto anni di scontri nel Donbass fra i separatisti e l’esercito ucraino, e nessuno si è mosso. Il 40% dell’approvvigionamento europeo di gas viene dalla Russia e lui ha in mano il rubinetto per aprirlo o chiuderlo. Ha riconosciuto la sovranità e l’indipendenza delle repubblichette di Lugansk e di Donetsk, impegnandosi ad assisterle in ogni ambito, compreso quello militare. Cosa è accaduto? Nulla. Prenderà Kiev? È probabile.
Nella situazione in cui si trova, con un esercito poderoso in assetto di combattimento, dotato di armi modernissime, chi lo ferma? Forse l’esercito ucraino potrà rallentare la sua corsa al successo. Anche in Finlandia, nel ’39, e in Polonia, nel ‘20-‘21, i giochi sembravano fatti, ma non andò così e l’Armata rossa si dissanguò. Vinse, alla fine, ma con quali costi!
Occupata l’Ucraina, stabilito un governo fantoccio come quello bielorusso, sotto tiro ci saranno i Paesi baltici e i vecchi Paesi dell’Est, tutti un tempo incorporati nell’Unione Sovietica.
Putin l’ha detto chiaramente: deve essere rimesso in discussione l’assetto geopolitico europeo. Così com’è, con una Russia non più nello sfacelo, la Russia di Putin si sente accerchiata. Non ha, poi, tutti i torti. Ha bisogno di respirare fuori dalle sue frontiere. Ha il coltello in mano e, di fronte, il burro dell’Occidente in genere e dell’Europa in particolare.
Questa è la situazione vera.
Fa tenerezza assistere alle riunioni straordinarie dei Ministri degli esteri europei. La Von der Layen si muove, effimera, tra Ministri e ambasciatori non più in marsina ma fuori, al massimo, c’è la Gendarmeria belga ad assicurare la sicurezza.
Non c’è un esercito europeo. Non c’è una politica europea. C’è solo la necessità di non disturbare troppo un vicino potente che, se vuole, ci può raffreddare tutti, tagliando il gas che alimenta la vita economica e sociale di mezza Europa.
Cercano una soluzione? Per fare che, altre sanzioni? Le sanzioni più importanti della storia moderna furono quelle di Napoleone contro l’Inghilterra. Non sortirono nulla: l’Inghilterra fu più forte dell’Impero e Napoleone finì a Sant’Elena.
Cos’hanno prodotto le sanzioni comminate all’Iran oppure alla Siria o alla Corea del Nord? Nulla. I Ministri discuteranno del nulla, com’è loro abitudine. S’illudono, così, d’aver messo a posto Putin e la loro coscienza, un’accoppiata singolare. L’agnello sacrificale è pronto: sarà l’Ucraina, con il cordoglio sfacciato di tutti. Tra l’altro, siamo vicini alla Pasqua. L’unico che sembra aver preso a cuore questa tragedia imminente è il Papa che, invece, una soluzione ce l’ha: un giorno di preghiera e di digiuno.
Purtroppo, a Putin, di tutto ciò non importa nulla.
Stelio W. Venceslai