Il pianeta è dominato da tre signori della guerra (USA, Cina e Russia) con altri quattro o cinque comprimari di minor conto, perché inquadrati con i primi tre (India, Israele, Giappone, Iran e Arabia Saudita). Il resto è nulla.
In una guerra in corso, le motivazioni perché e per come, contano poco. Contano solo gli interessi. Putin può essere un mascalzone per l’Occidente ma anche un eroe nazionale per un’altra parte del mondo. Non cambia nulla.
L’Ucraina sta vivendo, in questo momento, la sua vera rivoluzione nazionale e identitaria, e questo ci può far piacere, ma non cambia la sostanza delle cose.
Solo i fatti s’impongono, e i fatti sono che c’è una guerra in corso in Ucraina, che rischia d’essere il prologo d’una guerra molto più ampia. Una terza guerra mondiale, che quasi inevitabilmente sarebbe nucleare, a chi gioverebbe?
Lasciamo stare i nazionalismi, le emozioni, le grida del Patriarca Cirillo e le lamentazioni del Papa, le vacue dichiarazioni di Biden e le fantastorie di Putin. Un’Europa bruciata e ridotta in cenere fa comodo a qualcuno? Un’America incenerita e radioattiva, umiliata nella sua potenza continentale e una Russia atomizzata da S. Pietroburgo a Vladivostok, hanno senso comune? Evidentemente no.
La partita che si sta giocando si svolge sul filo di un rasoio. La posta in gioco è il controllo del pianeta, non tanto politico quanto economico. Regnare su un deserto di macerie non è una prospettiva attraente. Governare le risorse mondiali è un’altra cosa. Ma se il resto del mondo è in cenere, a chi vendere, all’Africa?
La propaganda è una cosa importante, ma promuovere la pubblicizzazione della morte non è un buon affare.
Due grandi Paesi si sono astenuti dal condannare le motivazioni e le azioni di Putin: l’India e la Cina. L’India è il futuro colosso demografico del pianeta, ma è ancora una tigre di carta, anche se ha un certo deterrente nucleare. La Cina è il drago che può sputare fiamme tutt’intorno. Non è un drago di carta. Inoltre, fra i due non corre buon sangue. Troppa concorrenza. Ambedue sono amici della Russia, ma con qualche distinguo. Ora, sono fuori dalla tenzone, che però disturba le loro attività e limita di molto i loro interessi.
La Cina può svolgere un ruolo importante di mediazione per placare gli animi: è temuta dagli Stati Uniti, è una mina vagante nel Pacifico ma anche in Siberia. Può dire la sua.
È troppo presto per immaginare come si concluderà questa ipotesi di mediazione, se ci sarà. È difficile immaginare che Putin si tiri indietro dietro un impegno di neutralità dell’Ucraina. È difficile immaginare che Kiev rinunci alla Crimea e al Donbass. Si vedrà ma, al momento, l’assedio di Odessa e l’avvicinarsi dell’esercito russo alla Transnistria, russofona e alla Moldavia, neutrale, non NATO e non Unione Europea, non fanno ben sperare. Nell’ottica cinese queste, però, sono quisquilie.
Dove sono i fatti?
La Cina ha un contenzioso commerciale con gli Stati Uniti molto importante, ma ha anche un contenzioso politico: Taiwan. Questa isola non è stata mai cinese e lo stesso Mao Tse Tung, in tempi non sospetti, ha escluso che rientrasse nei suoi piani di una grande Cina, proprio perché non cinese. Poi, la circostanza che a Taiwan si sia instaurato un governo nazionalista cinese, tenacemente protetto dagli Stati Uniti, ne ha fatto un simbolo del contrasto cino-americano.
Quale migliore occasione, in questo momento, per scatenare un attacco su Taiwan? Attenzione, Taiwan ha venti milioni di abitanti ed è una roccaforte di tutto rispetto. Non sarebbe un’azione indolore. Costerebbe centinaia di migliaia di morti e potrebbe scatenare una guerra, ahimè nucleare, nell’intero Pacifico. Un’alleanza militare cino-russa metterebbe in grande imbarazzo gli Stati Uniti, costretti a combattere su due fronti, e coinvolgerebbe l’Indonesia, il Giappone, le due Coree (figurarsi se nella Corea del Nord si farebbero sfuggire l’occasione per utilizzare il loro armamento missilistico!) e così via. Che cosa farebbe l’India? Starebbe dalla parte del suo più pericoloso vicino? Quindi, bisogna andar cauti.
Qual è il vero interesse della Cina? Regnare neutrale su un continente euroasiatico radioattivo? Non è una prospettiva allettante. Incenerita l’Europa, incenerita l’America del Nord, incenerita la Russia, a chi vende i suoi prodotti? A salme e a macerie?
In geopolitica tutto è possibile, da un‘alleanza militare con la Russia a un rovesciamento di fronte, constatando l’inflessibilità di Putin. La Federazione russa è enorme, distesa su uno spazio che va dalla Polonia a Vladivostock, davanti alle isole Aleutine e all’Alaska. Uno spazio vuoto di gente, mentre alle frontiere russo-cinesi premono un miliardo e settecentomila Cinesi. La Siberia è vuota e ricca di risorse naturali. Con il riscaldamento climatico in corso potrebbe essere il nuovo granaio del pianeta. Non è una tentazione irresistibile? Altra considerazione terra terra: il mercato europeo e quello americano sono troppo ricchi rispetto a quello russo. Non c’è paragone.
Per questo l’ipotesi di un accordo cino-americano per mettere ai ferri la Russia non è da scartare. Fantapolitica, forse, ma gli interessi pesano molto più dei voltafaccia e delle brutte figure. Nel gioco delle tre carte tutto è possibile.
Intanto, la gente muore, i palazzi crollano, l’energia costerà sempre di più e, probabilmente, andremo a piedi verso un inverno senza riscaldamenti con una crisi industriale da far impallidire quella provocata dal Covid.
Tra l’altro, sarà Putin a chiudere i rubinetti del gas, perché l’Europa non sarà capace di farlo (pur pagando 300 milioni di dollari al giorno, in questo modo finanziando l’invasione dell’Ucraina, l’assedio di Mariupol, di Odessa e di Kiev).
Poi, ci sarà da ricostruire. Un affare per tutti, se saremo vivi e non ci saranno radiazioni.
Stelio W. Venceslai