Ciò che sta accadendo nell’Africa ex-francofona segna forse un passaggio importante: la fine dell’influenza francese e della pseudo democrazia africana.
A torto o a ragione (ma forse a ragione), l’Africano medio non ne può più della continua, ingombrante presenza francese dopo la decolonizzazione.
Il primo segnale l’hanno dato il Mali, la Guinea e il Burkina Faso. Scacciati i Francesi si sono rivolti ai Russi, già presenti in Ciad, al posto dei Francesi, e in Libia, al punto che la presenza della Wagner è un fatto assodato. La morte di Prigozhin può cambiare solo formalmente le carte che si stanno giocando sulla continua rapina delle risorse minerarie e agricole locali.
Il processo di autonomia politica ed economica dei Paesi africani è fallito da anni. Continuiamo a pensarli come Stati ma, in realtà, sono solo regimi tribali corrotti, alla mercé di chi paga di più.
I continui colpi di Stato in Niger e in Gabon, l’impotenza dell’Unione Africana e dei Paesi finitimi, come la Nigeria, ancora legati al carro occidentale, l’inutilità delle sanzioni europee, però, evidenziano un processo di forte involuzione politica, anche se guidato dalle solite satrapie locali.
In Africa c’è un grande vuoto, politico e culturale, ad eccezione, forse, Marocco, nonostante il terribile terremoto che ha devastato l’Atlante. Non esistono élites capaci di guadagnarsi il consenso popolare se non con l’esercito e, spesso, è l’esercito a prendere il potere. Dove non c’è l’esercito ci sono gli jihadisti che seminano intolleranza e morte, come già accaduto in Iraq e in Siria, in Nigeria e in Mali.
La classe politica è inesistente. I meglio se ne vanno in Occidente, i pochi che restano vanno al potere, rubano e accumulano ricchezze in Svizzera fino al prossimo colpo di Stato.
La colonizzazione dei Paesi occidentali è stata solo di rapina. La decolonizzazione, forse, ha causato danni ancor maggiori. In ogni caso, non si è creata una classe dirigente degna di questo nome e capace di gestire gli interessi reali della popolazione, povera e incolta.
Il luogo comune che lo stato di degrado africano sia colpa dell’Occidente è falso. È passato quasi un secolo dalla decolonizzazione e nessun Paese o sedicente Stato africano è riuscito a decollare come sarebbe stato logico e doveroso, nonostante il fiume di denaro investito calla cooperazione internazionale.
L’esportazione-imposizione della democrazia è una farsa. Lo sanno tutti, ma tutti fanno finta di nulla. Mi spiego: un’etnia prende il potere in un Paese con un colpo di Stato militare. L’Occidente, il FMI, la Banca Mondiale, le Nazioni Unite, l’Unione Europea sospendono ogni aiuto perché nel Paese si è instaurata una dittatura. L’Unione africana deplora l’evento, ma non ha la forza per contrastarlo. Gli aiuti internazionali sono essenziali per sopravvivere. L’etnia al potere si trasforma in un partito. Si va a votare (con l’esercito alle urne) e vince le elezioni. Evviva! Torna la democrazia e tornano i quattrini, fino al prossimo colpo di Stato, e così via.
Questi Stati sono stati inventati dalle potenze coloniali, in assoluto spregio di qualunque principio di nazionalità o di affinità etnica o di tradizioni politiche. Le frontiere sono state tracciate dividendo tra loro popolazioni simili, secondo il tipo di colonialismo allora esistente, francese o inglese. Quando il Belgio abbandonò il Congo, l’unico diplomato a una scuola superiore era un maestro elementare, Lumumba, che assunse il potere!
L’Africa è un marasma di Stati falliti e di dittature impietose. Somalia, Libia e Sudan sono Paesi da dimenticare. Ciad, Burkina Faso, Guinea e Mali sono nelle mani dei Russi. Il Sudafrica vive una fase di criminalità assoluta. La Nigeria, il gigante più popoloso e, forse, il più ricco, è insidiato dagli uomini di Boko Haram, dalle insurrezioni locali e dagli appetiti occidentali per il petrolio del delta.
Del Congo è inutile perfino parlarne. L’assassinio del nostro Ambasciatore è stato la prova evidente dell’esistenza di un non-Stato.
L’Algeria è una dittatura militare, la Tunisia è traballante perché sorretta da aiuti italiani e francesi, l’Etiopia è perennemente in guerra con un altro poverissimo non-Stato, l’Eritrea (dittatoriale) e le insurrezioni locali (Tigrai).
Il quadro è allarmante e le masse di diseredati che rischiano le torture e la morte per arrivare in Europa sono l’evidenza del fallimento complessivo africano.
Non ci sono soluzioni diplomatiche possibili né l’intervento dei missionari o delle ONG può sostituire l’impotenza degli Stati locali o dell’Occidente. Ci facciamo continuamente illusioni, anche con la resurrezione del famoso Piano Mattei.
In Iran esisteva un Paese con delle strutture consolidate da secoli, con una classe dirigente diffusa e capace, una cultura di base, una piccola borghesia affarista. Tutto ciò non esiste in Africa e sessant’anni di decolonizzazione hanno solo arricchito l’Occidente e una decina di satrapi locali. Armi e carri armati, aerei e ville sfarzose, mentre la gente muore di fame e sogna il paradiso di Allah.
Stelio W. Venceslai