Corre notizia che si terrà domani 11 ottobre, un Ufficio politico del partito.
Da una parte non c’è che da essere lieti nell’intravedere finalmente una prima occasione per la dirigenza nazionale di proporci un’analisi della situazione politica del paese, dopo le elezioni di fine settembre e le lacerazioni che hanno attraversato tutto il corpo del partito, per scelte, da taluni ritenute opinabili, e da altri antitetiche, che, pur nella proiezione nazionale, hanno avuto come teatro le complesse dinamiche siciliane.
Dall’altra non si può altrettanto gioire nell’apprendere che ad essere convocato non è il Consiglio nazionale, come è avvenuto in tutti i partiti attualmente in campo, e come ci aspettavamo in tanti, ma l’Ufficio politico, ossia l’organo meno rappresentativo delle diverse realtà culturali e di visione politica, di cui, invece, ne è massimamente rappresentativo il Consiglio nazionale, ed in misura minore la Direzione nazionale.
Non da meno appare concorrere l’esigenza immediata di una profonda analisi e di una ampia valutazione di scelte, non del tutto coerenti che hanno interessato il partito, non solo nella sua proiezione nazionale, ove non si è riusciti a concludere alleanze utili nel consumato dilemma tra il terzo polo, versione Calenda ed il suo diktat che ha sbarrato ogni possibile ingresso ad una ipotetica alleanza identitaria del partito, e una adombrata alleanza con i centristi di Toti, Lupi e Brugnaro, vista con sospetto per il virtuale pericolo di un'eccessiva deriva a destra, in spregio alla scelta centrista del partito.
Eppure questa ipotesi non era totalmente peregrina se collocata in una salda visione programmatica e di lungimirante strategia politica, come antidoto alle derive populiste, sia a destra con la Meloni, formato Vox e sodale di V. Orban e di Mazowiecki, sia a sinistra con il movimento 5 stelle nel suo riproporre l’originaria agenda qualunquista, assistenzialista ed antisistema.
Non lo era perché se si fosse affrontata in buon anticipo una prospettiva di questo genere, magari con una iniziativa proprio della segreteria DC, senza quelle ipotesi di commistione delle diverse matrici, che sarebbe stata soprattutto per la DC la perdita irreversibile della sua identità, (ipotesi, quest!ultima, caldeggiata da tempo da qualche dirigente nazionale, con visione solo a sinistra) si sarebbe potuto creare, con l’attrazione di Renzi, in questo corpo composito, un rassemblement, pur nelle iniziali diverse identità,capaci di rilanciare, senza facili equivoci, una solida costellazione centrista, non votata a fare da supporto - come è sembrata essere destinato, vagliando tutta la dinamica con cui si è dato origine, il Terzo polo - ad un Pd sempre più in panne, in preda ad una strategia confusa e senza un chiaro progetto politico e ad un centrodestra a trazione sovranista e con chiaroscuri nei confronti dell’attuale assetto comunitario europeo.
Tesi peraltro non smentita dalla improvvida iniziativa della ministra Bonetti, ove cogliamo un chiaro segnale di forte contiguità, degno di rappresentare la vera natura del “glorioso terzo polo” (che qualche amico si ostina ancora a inseguire a tutti i costi) nella dispettosa scelta di varare in fretta e furia - mentre appariva opportuno che lasciasse alle responsabilità del nuovo governo - linee attuative sulle questioni gender e similari, in palese ed inequivocabile incompatibilità, non solo con i nostri valori di riferimento:difesa della vita e delle naturali identità sessuali, ma con quelli di tanta parte maggioritaria dell’elettorato che ha votato per la coalizione vincente, ove questi stessi nostri valori sono condivisi senza alcuna ambiguità.
E dall’altra la supina adesione della cosiddetta “quarta gamba” centrista al carro del centrodestra a stretta osservanza meloniana sta inquietando buona parte dell’establishment europeo e d’oltre Atlantico, non apparendo sufficienti i soliti paludamenti di facciata con cui solitamente le diplomazie fanno velo alle tante riserve mentali.
Ora, mentre qualcuno degli amici dirigenti si augura che l'Ufficio Politico non si attardi su queste polemiche, ma proceda all'organizzazione delle prossime regionali, col nostro drappo, così non avremo pretesti per parlar male di Cesa e De Poli”;
non si può fare a meno di citare quanto lapidariamente è stato deciso nell’ultima direzione di settembre:”..La Direzione nazionale della D.C. riunitasi il 6/9/2022 per l'esame della situazione politica ha confermato che, nonostante alcune convergenze programmatiche, nessuna intesa politica ed elettorale e' stata stipulata con le formazioni “Italia Viva” di Renzi e tanto meno con “Azione” di Calenda.
La Direzione D.C., confermando la collocazione centrale del Partito nello scenario politico e la sua rigorosa adesione alla scelta euro atlantica, ritiene, a seguito della situazione determinatasi a livello nazionale, di affidare alle valutazioni e alle decisioni delle dirigenze regionali le scelte politiche ed elettorali relative ai territori di competenza.
In particolare, in Sicilia è pienamente legittima la scelta effettuata dal Commissario Regionale Totò Cuffaro di confermare la linea centrista alternativa alla sinistra radicaleggiante e in coerenza e continuità con le scelte effettuate nelle recenti elezioni amministrative.”.
Ora mi pare ben chiaro il percorso, che in seno alla citata Direzione, è stato tracciato.
Con linee guida che appaiono inequivocabili, in merito agli indirizzi politici e programmatici del partito, che “..confermando la collocazione centrale del Partito nello scenario politico..”, ha lasciato ai dirigenti regionali (il riferimento è alle elezioni regionali, a settembre in Sicilia e tra qualche mese nel Lazio ed in Lombardia)il più ampio riconoscimento per autonome scelte su opportuni apparentamenti nelle competizioni regionali e locali, in ragione delle realtà di ciascun territorio.
Così vien da chiedersi cosa dovrebbe decidere il partito, riunito nella versione meno potestativa, e meno rappresentativa delle diverse sfumature e diversità culturali e prospettiche, quale appare essere l’Ufficio politico, sia, appunto, per la sua composizione statutaria, assai ristretta e sostanzialmente affidata alla preponderante presenza dell’intero ufficio di segreteria (quindi senza nessuna vera dialettica interna, anche per il fatto che il partito agisce oramai tradizionalmente con ranghi assai ridotti)come sancisce l’ “Art.84: Composizione e competenze dell’Ufficio politico. L'Ufficio politico è costituito da 7 a 11 componenti. Fanno parte di diritto dell'Ufficio politico: il Segretario Politico, il Presidente del Consiglio nazionale, i vice segretari, i presidenti dei gruppi parlamentari. Gli altri componenti sono nominati dalla Direzione nazionale, su proposta del Segretario Politico, tra i propri componenti..”; sia per funzione, come si ricava al secondo capoverso del citato art.84: “.. L'Ufficio politico è l'organo che coadiuva il Segretario Politico nell'attuazione della linea politica deliberata dagli organi del Partito.”.
Qui, più che da attuare, c’è soprattutto da chiarire e rendere più articolati molti punti delle decisioni della Direzione,, così che l’Ufficio politico appare il meno adatto a dare l’interpretazione autentica di decisioni formulate da organi di grado più elevato, autorizzare possibili estensioni o forzature o prefigurare indirizzi, che solo l’attenta conoscenza delle peculiarità di ciascun territorio può abilitare.
Resta l’ipotesi di un mero supporto organizzativo, (ma in questo caso meglio si sarebbe prestata la convocazione della Giunta esecutiva come delineato dall' Art. 85: “La Giunta esecutiva nazionale: (competenze e composizione). La Giunta esecutiva nazionale è l'organo di coordinamento organizzativo delle attività del Partito. Essa è composta dal Segretario Politico che la convoca e la presiede, dal Segretario amministrativo, dai vice segretari e dai dirigenti dei dipartimenti.”.
Mentre difficilmente, in seno a quell’organo, possono prefigurarsi scelte che solo gli organi regionali hanno titolo a fare in conformità alla delibera della Direzione succitata.
A meno che non si voglia creare un altro groviglio di decisioni incoerenti, e non rispettose della diversa valenza decisionale a norma di statuto, con ulteriore disorientamento per iscritti e militanti.
Luigi Rapisarda