Privati del nostro simbolo storico, da troppo tempo rendita del duo Cesa-De Poli caudatari della destra, senza parlamentari eletti, abbiamo vissuto una netta divisione alle elezioni politiche del 25 Settembre scorso. Diversi amici hanno votato per l’alleanza di destra soprattutto in alternativa alla deriva laicista del PD che, come da profezia del prof. Del Noce, ha assunto sempre di più la fisionomia di un “ partito radicale di massa”.
Ora nel partito di Enrico Letta, alla vigilia del loro congresso nazionale, si levano voci come quella di Bruno Simili, vice direttore della rivista Il Mulino, il quale invita il partito a ripartire dalle diseguaglianze, consapevole che il suo spazio non è al centro, ma a sinistra.
Se questa è e sarà la prospettiva del partito che ha tentato di mettere insieme la vecchia tradizione del PCI-PD-PDS con quella di una parte della sinistra politica della DC, anche per noi DC e Popolari è tempo di condividere un progetto politico in grado di corrispondere agli interessi e ai valori del terzo stato produttivo e dei ceti popolari, per assolvere al ruolo che è sempre stato quello dei popolari sturziani prima e della DC, negli oltre quarant’anni della sua egemonia politica in Italia.
Nostro obiettivo dovrà essere, quindi, quello di concorrere alla costruzione di un soggetto politico nuovo di centro: democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, alternativo alla destra nazionalista e sovranista e distinto e distante dalla sinistra alla ricerca della propria identità.
Non possiamo ridurci ad essere una corrente interna o esterna alla destra, come ha deciso di essere l’UDC, o, peggio, una componente integrata della destra meloniana, come ha deciso di fare “il miglior fico del biconcio”, Rotondi. Strana parabola quella dell’ex giovane avellinese: dalla sinistra DC di Forze Nuove con Gerardo Bianco al seguito del Cavaliere in Forza Italia, poi fondatore dei Verdi Popolari che finisce col confluire armi e bagagli nel partito di Giorgia Meloni, con la velleitaria presunzione di rappresentarne la componente democratico cristiana.
Né possiamo ridurci a diventare una corrente interna o esterna al PD, come sembra procedere il dibattito nel partito guidato da Bruno Tabacci, Centro Democratico.
La collocazione all’interno del PD, come corrente più o meno formalmente organizzata, da Marini, Castagneti, Franceschini, Fioroni, è già stata sperimentata, col risultato che diversi amici alla fine sono usciti dal partito e, oggi, come ha scritto in maniera esemplare Giorgio Merlo nei suoi ultimi editoriali su “Il domani d’Italia” sono pronti per un progetto di ricomposizione politica dell’area popolare.
Ho preso le distanze dagli amici della DC guidata da Renato Grassi, dopo che avevo verificato che dal caso siciliano gestito da Totò Cuffaro dell’alleanza con la destra, era evidente il rischio di uno sbandamento a destra del partito anche a livello nazionale, in contrasto non solo con quanto avevamo indicato prima del voto, ma con tutta la nostra storia di democratici cristiani e popolari.
Il Terzo Polo ha costituito elemento di interesse per alcuni di noi, anche se la piega laicista e anti democristiana di Calenda, ha impedito a Renzi di sviluppare un progetto che poteva e potrebbe ancora avere buoni sviluppi, a condizione che la componente di matrice popolare assuma una seria e condivisa rappresentazione.
Sono molti anni che combatto per la ricomposizione politica della nostra area e credo che vada raccolta l’appassionata indicazione dell’amico Giorgio Merlo, per concretizzare la quale dovremmo condividere la redazione di un manifesto appello ai DC e ai Popolari italiani, con alcune indicazioni di programma coerenti con i nostri valori espressi dalla dottrina sociale cristiana e adeguati agli interessi del terzo stato produttivo e dei ceti popolari ai quali dovremmo garantire la massima partecipazione e rappresentanza politica.
Con il manifesto appello dei Popolari, alla redazione del quale dovremmo chiamare tutti gli amici della vasta e articolata area cattolico democratica e cristiano sociale, si dovrebbero in parallelo attivare in tutte le realtà locali dei comitati civico democratici popolari, per la partecipazione politica dei cittadini. Un progetto, dunque, che dovrebbe muoversi sia dall’alto (definizione del manifesto appello) che dal basso (formazione dei comitati civico popolari), per giungere alla convocazione degli stati generali dei Popolari, un’assemblea che, con la partecipazione dei rappresentanti di tutta la base, potrebbe dar vita al soggetto politico del nuovo centro della politica italiana.
Ettore Bonalberti