Per tracciare il profilo di Bruno Kessler - scomparso nel 1991, mitico Presidente della Provincia Autonoma di Trento e successivamente parlamentare della DC - occorrerebbe coniare un termine che equivalga a quello di “statista” usato per chi lascia un segno indelebile ed universalmente riconosciuto nel ruolo guida di uno Stato.

Kessler ha lasciato infatti un segno indelebile come “Padre” e guida vera di una “Comunità Autonoma” del tutto particolare (un “Land”, direbbero i nostri cugini di lingua tedesca) quale è il Trentino, dentro la straordinaria cornice di convivenza disegnata nel 1946 da Alcide Degasperi con l’Accordo italo-austriaco di Parigi, che ha posto le basi internazionali per lo Statuto Speciale di Autonomia della Regione Trentino-Südtirol. 

Bruno Kessler ha impostato, nel suo periodo di governo e anche dopo, i pilastri delle politiche che hanno fatto uscire il Trentino dalle condizioni precedenti di povertà e marginalità e attorno alle quali - ancora oggi - esso vive di rendita: l’Università e i Centri di Ricerca; il Piano Urbanistico Provinciale (primo in Italia); il sistema scolastico, della Formazione Professionale e dei Musei, come investimento sulla cultura e sulle risorse umane; la diffusione - sia nelle città che nelle valli - di attività produttive legate al territorio. E molto altro. 

Ha soprattutto concorso in maniera determinante a far crescere una idea di Autonomia non solo intesa come apparato normativo e amministrativo, ma come “progetto di comunità” capace di coltivare le radici peculiari di una Terra Alta di confine ed assieme di aprirsi ai linguaggi, alle sfide e alle relazioni imposte dal tempo nuovo. 

Dopo la crisi del 1957, con la rottura tra lo Stato italiano e componente di lingua tedesca (minoranza in Italia, ma maggioranza in provincia di Bolzano), che avrebbe potuto seriamente compromettere il disegno degasperiano e far deragliare i rapporti verso un conflitto civile anche violento (come accaduto in altre parti di Europa), Bruno Kessler fu tra i principali attori di una difficile ricucitura, che portò poi - nel 1972 - al Secondo Statuto di Autonomia e consolidò la pace e la prosperità sia per Trento che per Bolzano e per tutti i gruppi linguistici, in uno spirito autenticamente europeo.

Bruno Kessler fu un vero “Popolare”, di rito più “mitteleuropeo” che italico, ben radicato in quella cultura cristiano-sociale che, in una terra allora parte dell’Impero Austro Ungarico e dunque estranea al “non expedit”, diede vita alle prime esperienze mutualistico-cooperative e - molto prima dell’Appello ai “Liberi e Forti” di Sturzo - al Partito Popolare Trentino. Anche il suo essere democristiano era ispirato da questa storia e da questa cifra “territoriale” e “comunitaria”. Con questa sua irripetibile caratteristica, ben possiamo collocarlo tra i tre personaggi più rilevanti della storia politica ed istituzionale del Trentino del Novecento: gli altri due essendo Alcide Degasperi e Flaminio Piccoli. 

Questa sua “cifra” territoriale, non gli ha impedito affatto di essere in simbiosi con il pensiero e le dinamiche evolutive del Paese e dell’Europa. 

Avvertì i segnali del cambiamento epocale degli anni sessanta e settanta. Mentre costruiva l’assetto di una Provincia che, da “Amministrativa”, passava ad “Autonoma” (con tutta la pienezza, appunto mitteleuropea, di questo termine) tenne ferma la sua decisone di confermare la Facoltà di Sociologia nonostante le turbolenze del 68; chiamò a Trento le migliori intelligenze del tempo per “pensare” e poi “realizzare” la “modernizzazione sostenibile” della sua Comunità Autonoma; rinforzó il suo legame con Aldo Moro, del quale ammirava la capacità di leggere in profondità i mutamenti sociali e culturali; si impegnò a fondo per la nascita di ARGEALP (la Comunità di Lavoro delle Regioni dell’Arco Alpino).

E, nei primi anni 80, quale Presidente dell’Istituto Trentino di Cultura da lui fondato nel 1962 (ed oggi Fondazione a lui intitolata), volle aprire un Istituto di Ricerca in tema di Intelligenza Artificiale. E volle crearlo organicamente dentro una Istituzione Culturale dotata di altri Centri di Ricerca in campo umanistico. Quando si dice “visione anticipatrice”! 

Il compianto Beniamino Andreatta (altro grande tentino e - per Kessler - vero punto di riferimento politico, assieme ad Aldo Moro), nella sua orazione funebre in una Piazza Duomo gremita di Autorità e di Popolo come solo ai tempi di Alcide Degasperi, così lo definì:

“Fu Bruno Kessler soprattutto un uomo di visione: con una visione come non è facile trovare nel nostro Paese, come più spesso accade di trovare nelle contrade del Nord. Per questo egli si sentiva lontano dai giochi della politica politicante. Egli sentiva che la misura della politica erano le cose che si costruivano. In una costruzione che badava più alla modifica degli uomini, alla crescita di cultura, di civiltà fra la gente.”

Definizione magistrale, che trova ancora - a tanti anni di distanza - un riscontro diffuso e condiviso nella memoria della comunità trentina. E che ogni giorno riemerge come motivo di nostalgia, ma anche come spunto di speranza, in questo tempo di smarrimento e di declino delle idee e della Buona Politica. 

 

Lorenzo Dellai