Arnaldo Forlani nacque a Pesaro nel 1925, figlio di Luigi, proprietario terriero del Montefeltro e di Caterina Remies, maestra elementare di fervente fede religiosa e altruismo.  Arnaldo trascorse i primi anni di vita nel piccolo borgo di Frontino (provincia di Pesaro e Urbino), paese di origine del padre, dove la madre insegnava. 

La famiglia si trasferì successivamente in un paese vicino, Carpegna, stabilendosi infine a Pesaro quando Arnaldo era ormai alle soglie dell’adolescenza.    

A Pesaro conseguì la Maturità classica. Nell’Azione Cattolica e nella Fuci intensificò la sua formazione religiosa e sociale, rafforzata dall’esperienza della clandestinità e della Resistenza, dopo la diserzione del Bando Graziani che chiamava i giovani residenti nell’Italia non ancora liberata a combattere per la Repubblica Sociale Italiana. 

Dopo la liberazione della sua provincia assunse, giovanissimo, la segreteria della corrente cristiana della Cgil, allora unitaria. Aderì con entusiasmo alla nascente Democrazia Cristiana, di cui assunse, nel 1948, la carica di segretario provinciale (provincia di Pesaro e Urbino).  

Negli anni successivi rivestì i mandati di consigliere provinciale e comunale di Pesaro e, a partire dal 1954, fu componente della Direzione nazionale della Democrazia Cristiana.   

Laureatosi in giurisprudenza, assunse la carica di dirigente del Servizio Propaganda e Stampa della Dc (la SPES), collaborando direttamente con il segretario politico Fanfani, cui restò a lungo legato da un forte sodalizio. Assunse successivamente la responsabilità delle Edizioni Cinque Lune e, nel 1958, fu eletto deputato nella circoscrizione delle Marche.  

Alla Camera dei Deputati rivestì il mandato, ininterrottamente, fino al 1994.   

Vicesegretario del partito, negli Anni Sessanta, durante le segreterie Moro e Rumor, dal 1968 al 1969 fu Ministro delle Partecipazioni Statali nel primo governo Rumor. Nel novembre 1969 fu eletto Segretario Politico della Democrazia Cristiana.  

Durante il periodo della sua prima segreteria (1969-1973) delineò la sua concezione fondata sulla “centralità” della Democrazia Cristiana, epicentro del sistema politico nazionale, equidistante e contrapposta agli opposti estremismi.   Il suo stile alla guida del partito di maggioranza relativa fu caratterizzato da disponibilità al dialogo e sensibilità alle esigenze di riduzione delle diseguaglianze.  

Furono varate in quegli anni riforme importanti, con riferimento all’attuazione dell’ordinamento regionale, allo Statuto dei lavoratori, all’edilizia pubblica residenziale e al sistema tributario (oltre alla legge sul divorzio, cui la Dc si oppose).   

Un particolare impegno fu dedicato al rilancio e consolidamento dell’alleanza di centrosinistra, di cui il giovane segretario auspicava l’estensione anche alle giunte delle Regioni e degli enti locali. Queste linee di fondo espresse il documento da lui elaborato nel 1970, cosiddetto Preambolo Forlani. 

Nel dicembre 1971 la Dc riuscì a portare al Quirinale un suo prestigioso esponente, il senatore Giovanni Leone. Nel maggio 1972, alle elezioni politiche, il partito ottenne una buona affermazione, considerando il paventato pericolo di erosione del suo consenso, a causa dell’avanzata della destra. Il partito di maggioranza relativa superò invece il 38%. 

Dopo le elezioni, la Dc intendeva allargare la maggioranza ai liberali, ma il PSI si oppose e questo contrasto portò alla formazione di un governo tripartito DC-PSDI-PLI, con l’appoggio esterno dei Repubblicani (cosiddetto governo Andreotti-Malagodi) e a una momentanea battuta d’arresto della formula di centro-sinistra.       

Lasciata la segreteria, Forlani, dal 1974 al 1976, fu Ministro della Difesa nel quarto e quinto governo Moro e poi, dal 1976 al 1979, per l’intera durata della settima legislatura, rivestì la carica di Ministro degli Esteri.  

Nel 1977 Forlani espresse in Portogallo il suo sostegno all’adesione di quel paese alla Comunità Europea e fu il primo Ministro degli Esteri italiano, in epoca repubblicana, a visitare la Cina.

Assunta, nel marzo 1980, la presidenza del Consiglio Nazionale della Dc, dall’ottobre del 1980 al giugno 1981 fu Presidente del Consiglio dei Ministri, guidando un governo quadripartito (DC-PSI-PSDI-PRI, con l’astensione del PLI).

Il governo Forlani (1980-1981) affrontò un periodo storico assai travagliato, segnato da gravi atti di terrorismo (omicidi e sequestri di persona), dal terribile evento sismico in Irpinia, dall’attentato a Papa Giovanni Paolo II, dal caso P2.   Fu proprio quest’ultimo scandalo che determinò la crisi di governo nel giugno 1981.   

Con riferimento a questa esperienza, pubblicò un volume, La Difficile Alleanza, edito da Cinque Lune, nel 1983. 

Negli anni successivi decolla la coalizione di governo costituita dal cosiddetto pentapartito che consentirà la governabilità del Paese nell’arco degli Anni Ottanta e nei primi Anni Novanta. 

Di questo equilibrio Forlani deve essere considerato uno dei massimi fautori e registi, garantendone la tenuta con una paziente opera di mediazione e di attenuazione delle criticità e dei contrasti, in particolare nel periodo in cui fu Vicepresidente del Consiglio dei Ministri e capo della delegazione Dc nell’esecutivo (primo e secondo governo Craxi, 1983-1987, di pentapartito), ma anche durante la sua seconda segreteria del partito (1989-1992), assunta dopo essere stato di nuovo Presidente del Consiglio Nazionale Dc, dal 1986 al 1989.  

Nella fase in cui fu Vicepresidente del Consiglio nei governi Craxi, Forlani è stato tra i protagonisti di una stagione di ripresa economica del Paese, con una sensibile riduzione dell’inflazione e una crescita che avrebbe consentito un aumento rilevante dei salari.  

L’Italia divenne la quinta potenza industriale nel mondo. Fu proprio nel periodo del primo governo Craxi che venne approvato il taglio di tre punti della scala mobile, poi confermato da un referendum popolare favorevole alla posizione del governo.   

Nel 1992 Forlani fu candidato dal suo partito alla Presidenza della Repubblica, ma non ottiene l’elezione per 29 voti. Si ritirò, allora, dalla competizione, per non essere d’ostacolo a una rapida conclusione della stessa e per evitare ulteriori lacerazioni della maggioranza parlamentare.

La stessa Democrazia Cristiana, peraltro, aveva ormai i giorni contati: nonostante i tentativi di rilanciarne l’immagine, di risanare la struttura interna e di recepire le istanze di riforma, anche sul piano istituzionale, la “Balena Bianca” non si rivelò in grado di reggere l’urto di nuove offensive che le furono fatali: Mani Pulite, i referendum elettorali, la crescita della Lega. 

Il partito si dissolse con una rapidità che ancora oggi si stenta a comprendere e spiegare. Forlani aveva già lasciato la segreteria, nell’ottobre 1992, per poi abbandonare definitivamente la scena politica e parlamentare nel 1994.   

Non aderì più ad alcuna formazione politica. Una volta dissolto quel partito nel quale si era totalmente immedesimato e al quale aveva dedicato molti decenni della sua lunga esistenza, preferì uscire dall’agone e appartarsi.  

Rimase disponibile, tuttavia, per consigli, incoraggiamenti e indicazioni, nei confronti degli amici e dei vecchi compagni di strada che avevano scelto di continuare l’attività politica, nell’uno o nell’altro dei nuovi schieramenti.   

Ne rispettò sempre le scelte, qualunque fosse la loro collocazione, incentivandoli a perseguire comunque l’ispirazione e i valori originari.   

Nel 2008, l’editore Marsilio pubblicò il suo libro di memorie, “Potere Discreto, cinquant’anni con la Democrazia Cristiana”, una sorta di testamento politico, in cui ripercorse, con l’amico Nicola Guiso, il suo lungo impegno di militante e di statista.     

Si è spento serenamente a Roma, il 6 luglio 2023, all’età di novantasette anni. 

 

               Alessandro Forlani