ll Presidente Mattarella, in un messaggio del Gennaio 2023, scriveva: “Il centenario della nascita di Giuseppe Bartolomei,figura importante del movimento politico democratico-cristiano del dopoguerra, consente di rinnovare il ricordo di un protagonista e testimone degli anni della rinascita democratica del Paese e del suo sviluppo”.

Riflettere su questo personaggio, tanto discreto quanto significativo, entro lo scenario della I Repubblica significa riscoprire la personalità di un cattolico animato dalla fede nei grandi ideali della democrazia, nonché di un protagonista di molteplici e differenti stagioni politiche del nostro Paese: il centro-sinistra, la contestazione giovanile, gli anni di piombo, il caso Moro e la progressiva crisi del partito dei cattolici, premessa del naufragio della stessa prima repubblica

Biografia, pensiero ed azione politica

Nato ad Anghiari il 12 gennaio del 1923 da una famiglia di piccoli proprietari terrieri di consolidata tradizione cattolica nel 1944, subito dopo il passaggio del fronte, si iscrive alla Democrazia Cristiana e fonda la sezione della Valtiberina ad Anghiari. Vicino al pensiero di Amintore Fanfani e Giorgio La Pira è tra quei giovani cattolici che, uniti da un forte solidarismo sociale e da un robusto riformismo politico, si ritrovano intorno alla rivista Cronache Sociali. E proprio intorno a questa rivista nasceva una delle caratteristiche del riformismo fanfaniano, che sarà anche la scuola di Bartolomei. Parliamo dell'approccio metodologico, ai nostri giorni quasi dimenticato: il politico prima studiava il problema, poi operava per la creazione di un progetto che appunto lo risolvesse ed infine, impetuosamente quasi, lo risolveva.

Iscritto fin da giovane alla Democrazia Cristiana, il suo primo incarico fu quello di consigliere comunale ad Arezzo dove ricoprì anche il ruolo di Commissario straordinario e segretario provinciale dal 1954 al 1961. Lascia l’incarico per diventare capo della segreteria di Amintore Fanfani, divenuto Presidente del Consiglio. In questo ruolo riveste una posizione chiave nel primo governo di centrosinistra del dopoguerra che si distingue per avere una spiccata dinamica di cambiamento ed attua una serie di riforme fra cui spicca l’estensione dell’obbligo scolastico fino ai 14 anni e l'istituzione della scuola media unica obbligatoria, la nazionalizzazione delle industrie elettriche con la istituzione dell' Enel, l'istituzione della cedolare d'acconto, l’aumento delle pensioni del 30%, la creazione della Commissione parlamentare antimafia e la realizzazione di grandi opere infrastrutturali come l’autostrada del sole. Ma sono anche gli anni straordinari del “disgelo” sovietico e della distensione internazionale seguita alla crisi di Cuba, della breve presidenza Kennedy e della convocazione e apertura del Concilio vaticano II.

Senatore per cinque legislature, dal ’63 all’’83, Bartolomei ha rivestito la carica di presidente del gruppo della Dc del Senato dal 1973 al 1980, vivendo in prima persona la tragedia del sequestro Moro e della trattativa fallita con le Brigate Rosse. Ministro dell’Agricoltura e delle foreste dal 1980 al 1982 nei governi Forlani e Spadolini (1 e 2), non si ricandida alle elezioni del 1983; nel 1984 viene eletto presidente della Banca Toscana dove sarà riconfermato per quattro mandati consecutivi, fino all'anno 1996, quando venne chiamato per un incarico da parte di Banca MPS in Europa. Muore nel settembre dello stesso anno, all'età di 73 anni.

“Muore – scrive la figlia Francesca - come voleva lui in un soffio di vento che lo sottrae alla vecchiaia e al declino delle forze fisiche e intellettuali, all’inattività. Muore come aveva vissuto: sereno, composto, discreto”.

L'amore per le sue terre

Franco Marini, allora Presidente del Senato, così ricorda l'esponente DC, concludendo un convegno a lui dedicato ad Arezzo ( 16 Novembre 2007 ).

Il giudizio dei cittadini - lo dico qui pensando a Giuseppe Bartolomei, al suo rapporto con questo territorio e la sua gente e alla sua capacità di meritarne il consenso in così tante elezioni - è una regola della politica, forse "la" regola, a cui una buona politica non può e non deve sottrarsi.

Non si può infatti comprendere appieno il profilo di Bartolomei senza partire dal radicamento nella sua terra, già in parte evidenziato nella biografia”.

Un suo libro del 1994, Note in controtendenza per una interpretazione del cambiamento, citato dallo stesso Presidente Marini nel discorso commemorativo, ci permette di capire quanto fosse grande l'arte dell'ascolto e della presente dei nostri “padri democristiani”. Arte, si badi bene, non mestiere che permetteva alla politica di essere autentica risposta ai bisogni reali di perone e comunità radicate in un preciso territorio.

“Che cos'è la politica – scriveva Bartolomei - senza questo desiderio mai sazio di comprendere ciò che si muove attorno a noi, nella società, nel mondo, tra le persone e le comunità? Gli uomini politici e, consentitemi, gli uomini che fanno dell'ispirazione cristiana la fonte della propria scelta per la politica, non possono chiudersi nelle loro stanze e palazzi, credendo di avere le ricette e le chiavi per risolvere i problemi che alla politica vengono posti. Essi devono essere animati costantemente da questo desiderio di capire e di interpretare - suggeriva - perché poi ad essi, e solo ad essi, spetta la responsabilità della decisione. E si capisce stando "nel mondo", tra la gente e standoci anche in maniera sobria, facendo della misura la cifra della propria vita pubblica. E si capisce anche recuperando la dimensione dei "pensieri lunghi", rifuggendo quella consuetudine ahimè oggi tanto di moda, di dare risposte e trovare ricette che siano buone "a bucare" il video, valide cioè per ventiquattr'ore al massimo. Così facendo si fa un cattivo servizio alla politica ed al rispetto che per essa devono avere i cittadini”.

Nonostante il livello alto degli impegni e delle responsabilità a livello nazionale, Bartolomei si spese molto infatti a vantaggio delle proprie terre. Ne sono testimonianza, fra l'altro, la nascita dell’Istituto d’Arte (oggi Liceo Artistico), il Museo di Palazzo Taglieschi, la grande mostra delle armi antiche degli armaioli anghiaresi e tante altre realizzazioni. Da sottolineare, poi, le numerose pubblicazioni dedicate ad Anghiari, alla sua gente, ai suoi monumenti, alla sua storia.

E scavando nell'attività di governo vengono fuori anche sorprese, come quella che vide Bartolomei, in qualità di Ministro dell'Agricoltura, come sostenitore intelligente ed ante-litteram delle colture biologiche, che prendeva il via proprio nelle terre di Arezzo.

La centralità delle istituzioni

Alla sua morte,il presidente del Senato Nicola Mancino ne volle rievocare «le grandi capacità e l'impegno di lavoro profusi per lunghi anni nell'assemblea di palazzo Madama».

“Da parte mia posso assicurare – scriveva Mancino - che ancora oggi, in Senato, è vivo il ricordo di Bartolomei e grande la considerazione per l'autorevolezza del parlamentare e del presidente di gruppo.La  sua lunga stagione vissuta in Parlamento e la dedizione al compito assegnatogli dagli elettori e poi dai senatori della Democrazia cristiana ci portano, in una fase assai delicata degli equilibri istituzionali del nostro Paese, a sottolineare la centralità del Parlamento e il ruolo decisivo che svolge nella nostra democrazia perché essa corrisponda pienamente ai caratteri delineati dalla Carta Costituzionale”.

Il miglior tributo alla  sua memoria è quello indirizzato a  compiere ogni sforzo proprio per onorare quanti come Bartolomei hanno avuto e vissuto quest'alta considerazione per il Parlamento, perché le assemblee legislative adeguino le proprie strutture e procedure al mutare dei tempi e delle esigenze della società.

 

Franco Banchi