Io triumphe, così si acclamava a Roma l’elezione dell’imperatore e così scriveva Gianni Brera nel 1982, dopo la vittoria dell’Italia ai mondiali di calcio. Uso anch’io quest’acclamazione con la riconferma deldue Mattarella-Draghi, innanzi tutto perché comporta garanzia di stabilità politica e istituzionale di cui il Paese ha bisogno, e anche perché, modestamente, era ciò che avevo indicato il 18 gennaio scorso con la mia nota: prevalga il buon senso.
Il buon senso ha prevalso e pure c’è stato l’appello al Presidente Mattarella di Mario Draghi a nome della maggioranza di governo; appello confermato dalla visita processionale dei gruppi parlamentari al Quirinale nel primo pomeriggio di oggi. I tentativi di Salvini di imporre un presidente di centro destra sono falliti, così come quelli operati sino all’ultimo dalla Meloni di rompere l’unità della maggioranza di governo.
Il centro destra ha vissuto la difficoltà del gruppo di Forza Italia privata della presenza del suo leader, insieme alla serie di errori tattici di Salvini, stretto nella morsa tra restare dentro la maggioranza di governo e conservare l’unità del centro destra, sempre più egemonizzato dalla Meloni e Fratelli d’Italia.
Il centro destra esce distrutto da questa vicenda, con la Meloni che si riconferma nel suo ruolo di unica opposizione parlamentare, mentre si sta costruendo una proposta di nuovo centro politico (Toti, Calenda, Renzi, Brugnaro) facilitato dalla saggia decisione di Pierferdinando Casini di ritirare la sua candidatura, nel momento in cui la maggioranza di governo, comprensiva del suo partito, il PD, ha deciso di fare appello alla disponibilità di Mattarella per il reincarico.
Un centro al quale anche noi DC e Popolari dovremo guardare con interesse, dato che serve concorrere alla costruzione di un centro democratico popolare, liberale e riformista, ampio e plurale, alternativo alla destra nazionalista e populista, distinto e distante dalla sinistra ancora alla ricerca della sua identità
Forti tensioni anche nel M5S dove Conte dovrà tenere presenti le dissonanze del giovane rampante Di Maio che, in una fase delicata come quella di ieri, all’annuncio di una possibile candidatura della Belloni, con un comunicato improvvido è riuscito a smarcarsi insieme da Conte e dallo stesso capo spirituale Beppe Grillo.
Insomma un’elezione che rappresenta un momento di svolta rilevante della politica italiana per la quale non si può applicare la formula gattopardesca del: cambiare tutto perché tutto resti come prima, dato che nelle prossime settimane assisteremo a processi seri e, in taluni casi dolorosi, di scomposizione e ricomposizione nelle e tra le forze politiche.
Resta confermata la maggioranza di governo che potrà/dovrà impegnarsi a risolvere le grandi questioni aperte: pandemia, energia, inflazione, disoccupazione, debito pubblico con tutti gli adempimenti connessi al PNRR, sino alla scadenza naturale della Legislatura. Ancora una volta, alla fine, nonostante lo spettacolo di questa settimana, amplificato da una copertura mediatica (radio, TV e social media) senza precedenti, il buon senso è riuscito a prevalere, anche se sarà molto difficile restare fedeli al mandato costituzionale dell’elezione indiretta del presidente della Repubblica.
Anche a chi come molti di noi sono fedeli, senza se e senza ma, alla Repubblica parlamentare, un serio approfondimento su questa delicata materia si imporrà. Avendo ereditato dai nostri padri “la più bella Costituzione del mondo”, qualora si mettesse mano a uno stravolgimento istituzionale clamoroso come quello del passaggio a una Repubblica di tipo presidenziale, è evidente che l’intero assetto repubblicano andrebbe rivisto.
Un cambiamento per il quale solo un’assemblea costituente eletta ad hoc potrebbe por mano. Prima di un tale rivolgimento, però, serviranno ben altri partiti da organizzarsi e consolidarsi su basi autenticamente democratiche secondo i dettami dell’art. 49 della Costituzione.
Ettore Bonalberti