È una affermazione attribuita al grande campione italiano, asso del ciclismo, Gino Bartali che calza a pennello alla politica e ai politici che nella settimana delle elezioni del Presidente della Repubblica hanno dato, inconcepibilmente, il peggio di sé.
La gente che mi ha incontrato si poneva domande elementari e perfino ovvie:
- Lo sapevano sette anni fa che sarebbe giunto il 24 gennaio 2022.
- Perché, anche solo un mese prima, non si sono incontrati per condividere una scelta così significativa e importante, di fare un nome alternativo serio, di andare oltre gli interessi di parte e di proporre una figura di alto profilo.
- È possibile nonché concepibile che in Italia non vi sia 1 solo uomo o donna degni, meritevoli e capaci di esercitare l’ufficio di Capo dello Stato?
- Deludente, avevamo l’occasione di scrivere la storia, di avere un presidente donna che avrebbe dato il suo inestimabile contributo, peccato …
- Questa elezione presidenziale ha rappresentato il momento più basso della politica italiana degli ultimi 30 anni.
Sui social, il 98% dei commenti sono di questo tenore: “indegni”, “vergogna”, “desolante”, “classe politica imbarazzante”, ecc.
Potrei continuare, poiché le osservazioni che formula la gente comune sono infinite, ma il “bordone” è sempre il medesimo. «Gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare».
Certo è che quello che si è visto, ostinatamente teletrasmesso minuto per minuto, è quanto di squallido si abbia visto.
Incominciamo con il dire che condividiamo gli interrogativi del Popolo Italiano, e non possiamo non aggiungere che ha sorpreso molto che il Parlamento non abbia votato neppure un candidato per eleggerlo e si sia rivolto subito al Presidente della Repubblica uscente.
L’asino è cascato di fronte all’incapacità dei partiti di selezionare qualsiasi candidata/o di livello. L’art. 84 della Costituzione recita: “Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d’età e goda dei diritti civili e politici”.
Il risultato è stato fallimentare! Un’occasione persa per la politica che avrebbe dovuto e potuto misurarsi con se stessa, verificare le proprie capacità di dialogo, di sintesi e di compromesso. Un’occasione davvero mancata clamorosamente.
La conferma del presidente uscente non è tanto un regalo fatto al Paese ma un tornaconto per i politici perché essi possano conservare le proprie posizioni. Ma non è difficile profetizzare che la crisi politica registrata in occasione della elezione del Capo dello Stato si presenterà comunque fra un anno alle prossime elezioni.
Il momento più alto della vita politica italiana ha rivelato tutto il dilettantismo della classe dirigente che siede nell’attuale Parlamento, ivi compresi i leader che stanno in politica da decenni e che hanno manifestato una pochezza e una visione strategica disarmanti. Codesta tornata per la elezione del Capo dello Stato ha mostrato tutta l’incapacità del sistema politico di far funzionare in maniera fisiologica la nostra democrazia.
Questa è una politica che ha scelto di non decidere. Ma questa politica (non intendo essere profeta di sventura!) dovrà certamente fare i conti con l’astensionismo – già per altro altissimo – in occasione delle elezioni politiche del 2023.
Il Parlamento ha dato pessima prova di sé; è stata evidentissima la mancanza di qualità dei parlamentari; sotto gli occhi di tutti i modi sbagliati con cui sono selezionati; umiliante la loro disponibilità a obbedire ciecamente al leader di turno che li ha fatti eleggere. 1009 grandi elettori (?) alla mercé di 4/5 capetti! Qualcuno ha parlato della “paralisi senile dei partiti”.
Il Parlamento si è auto-esautorato per salvare stipendi, pensioni, piccoli privilegi e narcisismi. lnsomma, il duopolio Draghi-Mattarella è frutto del suicidio della politica.
E che dire della figuraccia internazionale consumata in quest’ultima settimana? L'agenzia France Press ha riferito che "il Presidente italiano Sergio Mattarella è stato rieletto dopo una maratona parlamentare che ha rivelato profonde divisioni tra i partiti al governo, in un periodo cruciale per la ripresa”. Secondo La Vanguardia, «lo spettacolo di questa settimana è una sconfitta monumentale della politica italiana». D'accordo anche El Mundo, secondo il quale: il bis di Mattarella rappresenta «un sospiro di sollievo per il Paese, ma una sconfitta assoluta della politica».
In verità, sul terreno restano le macerie di iniziative partitiche suicide. Infatti, tutta questa inconcepibile vicenda non fa altro che sancire il fallimento della classe politica italiana incapace di proporre una costruttiva strategia politica ed eleggere alla Presidenza della Repubblica Italiana un vero protagonista di alto profilo presente oggi nel nostro Paese, che incarni i valori costituzionali, campione di democrazia e di unità, al di sopra delle parti per essere il garante di tutti e del Paese Italia in questo frangente così critico.
Anche alla luce di codesti accadimenti sono molti, ormai, coloro che pensano seriamente e risolutamente di far eleggere il prossimo Presidente della Repubblica dagli italiani con una elezione diretta del Capo dello Stato. (Anche se per stabilire l’elezione diretta del Presidente della Repubblica sarebbe necessario un rinnovamento radicale della seconda parte della Costituzione).
Ho stima dell’onorevole Sergio Mattarella: nel settennato appena trascorso si è rivelato una persona retta, equilibrata, capace. Con il suo fare apparentemente impacciato e timido, sfuggente e introverso, ha saputo colmare la frattura tra il Popolo e le Istituzioni recuperando in qualche modo anche il mondo ondivago dei giovani d’oggi.
Tuttavia il mandato bis di Mattarella è stato una forzatura in quanto i 1009 grandi elettori non hanno messo alla prova neppure un solo candidato credibile. E questo la dice lunga sulla “capacità” dei nostri politici.
Quante volte davanti allo schermo della TV mi sono chiesto (ricordando perfettamente i limiti di ciascuno!) dove fossero (senza bisogno di risalire ai Padri dei singoli Partiti) i Rumor, i Fanfani, i Moro, i Taviani …. Donat Cattin, Andreotti, Piccoli, Forlani, Zaccagnini. Ma ho curiosato anche in casa d’altri domandandomi dove fossero i Berlinguer, la signora Nilde Iotti, i Nenni … Francesco De Martino, Craxi, Malagodi, Merzagora, La Malfa, Spadolini…. (non vorrei scordare altri e forse più sificativi!).
Non intendo tessere le lodi di chicchessia (se i loro partiti non ci sono più, un perché ci sarà!), ma quello che si è visto la scorsa settimana fa pensare e fa pensare male.
L’esercizio della politica di questo inizio secolo è tutta sbagliata ed è tutta da rifare. I giorni delle votazioni hanno rivelato una sconfitta del sistema. Il sistema politico ha registrato un generale flop.
A questa politica manca un’anima. È urgente riprendere il cammino della politica! A questa politica manca un sussulto di etica. L’etica della politica è troppo poco vissuta.
L’etica delle responsabilità mira alle conseguenze dell’agire.
Non v’è dubbio che la politica si basi soprattutto sul proclamare i principi e considerare di meno le conseguenze delle proprie scelte. Si tratta indubbiamente di una difficile impresa, ma non si potrà prescindere dal concepire e attuare un programma fatto di priorità, di risorse, di regole necessarie a mettere in pratica e contemperare sempre meglio, nel tempo e nei diversi ambiti sociali e territoriali, principi che siano universalmente accettati.
La politica potrà arginare le ambiguità cui sembra destinata se porrà a fondamento di se stessa il rispetto di leggi comuni e l’osservanza di principi etici, rimettendo in gioco la nozione stessa di “coscienza morale”.
Mi ha sempre colpito il fatto che Aristotele avesse chiamato la filosofia pratica complessivamente "scienza politica", in quanto il bene della pólis comprende quello del singolo individuo. Essa contiene dunque anche l'etica, che è la parte dedicata al bene del singolo. La politica, infatti, trova la sua ragion d’essere nel costruire il bene della “polis”, ossia della città in cui gli uomini e le donne quotidianamente abitano.
Nella vita come nella politica, il bene si riconosce dai frutti, non dalle radici; dalle realizzazioni, non dai proclami. La qualità̀ della politica è legata alla qualità̀ umana di chi si impegna in essa.
Non dimenticando mai che anche dopo aver responsabilmente soppesato le probabili conseguenze, rimangono elementi di rischio ai quali, in ultima analisi, risponde la coscienza etica di chi deve prendere una decisione, alla luce dei principi che la ispirano.
Si innesta qui un altro tema assolutamente imprescindibile: il bene comune che è il fine supremo della politica; ossia quel bene della comunità che, considerata nel suo complesso organico, trascende i beni particolari.
Secondo il concetto aristotelico la politica ha proprio come fine il bene comune, ossia la totalità delle condizioni che permettono il progresso di tutti i cittadini. Se dunque la politica è la capacità di produrre il bene comune, qual è il suo rapporto con l’etica?
Occorrerà ricordare sempre che l’intenzione di perseguire il bene comune non basta a determinare univocamente l’azione politica. La politica non è solo volere il bene comune, ma anche scegliere il percorso con cui raggiungerlo.
Per un rapporto sano fra etica e politica non basta avere come fine il bene comune, si deve anche possedere una buona conoscenza dei problemi di cui ci si deve occupare e una buona competenza per la loro soluzione.
Etica e politica debbono tornare a recuperare la loro funzione primaria, tenendo sempre ben presente che la questione del rapporto fra etica e politica non è diverso dal problema del rapporto fra la morale e tutte le altre attività dell’uomo. In fondo si tratta della vexata quaestio della distinzione fra ciò che è moralmente lecito e ciò che è moralmente illecito.
Teofilo