Con salari e stipendi minimi sempre di più in caduta libera da circa 30 anni (risultando il Paese peggiore d’Europa), il cui potere d’acquisto si è sempre di più ridotto a causa di un’inflazione che nei suoi effetti pratici punisce le famiglie e arricchisce sempre di più le solite banche - le quali nel solo trimestre Aprile/Giugno di quest’anno hanno avuto un utile di 5,6 miliardi di euro - parlare di un minimo salariale a 9 euro lordi l’ora è non riconoscere alcuna dignità al lavoro e a chi lo esercità.
In pratica, considerando un reddito annuo fino a 15 mila euro e applicando la relativa aliquota al 23% i 9 euro/lordi/ora diventano poco meno di 7 euro netti che calcolando una giornata media di un parasubordinato, un commesso e quant’altro, - poco o non tutelati da CCNL - a 8 ore si giunge all’equivalente settimanale di 280 euro su una stima di 40 ore lavorate, corrispondenti a circa 1232 euro netti mensili, poco sopra la soglia di povertà che per il 2022 l’ISTAT ha stabilito in euro 11.152 annui.
Ma in realtà chi già ha la “fortuna” di prendere questa somma, rispetto ai 3 milioni e 600 mila lavoratori italiani che, a tutt’oggi, non la percepiscono, avendo salari da mero sfruttamento, e anch’esso povero. E non è vero che non si arriva a fine mese, perchè percependo lo “stipendio” il 27 (la gran parte), fino al 31 ci si arriva e fin dalla prima settimana del mese che non si arriva. E se devi mantenere i figli a scuola, pagare un mutuo e curarti, non hai scelta, trascuri la tua salute. Altissime sono le percentuali di italiani che sono costretti alla caudina scelta di mangiare o curarsi a discapito di quest’ultima.
Il timore che il salario minimo possa sostituire la contrattazione collettiva spostando al ribasso i salari, non può e non deve rappresentare un freno ad una rivendicazione per un salario minimo garantito per tutti. Un salario che certamente non può essere rappresentato dai 9 euro lordi l’ora ma dovrebbe essere almeno di 9 euro netti, overo di circa 11 euro lordi.
Una migliore distribuzione delle ricchezze, proveniente dagli utili dell’impresa e dalla catena di distribuzione, deve tenere in maggior considerazione la dignità del lavoratore. E su questo punto bene fa la CISL ( e mi auguro si possano unire anche le altre sigle sindacali) a promuovere una raccolta di firme per riconosceere il diritto alla partecipazione del lavoratore all’impresa.
La riduzione del cuneo fiscale e il conseguente aumento in busta paga sono certamente segnali positivi e mi auguro si possa raggiungere un’intesa tra le varie componenti politiche, tra governo e opposizione, nell’interesse comune dei lavoratori per giungere si ad “un salario ricco” ma ancor prima ad “un salario dignitoso”.
Giuseppe Previti
Componente Direzione Nazionale DC
V. Segretario Comunale DC