Ho forti perplessità sia sul fatto che si ritenga di essere nel tempo giusto, sia nel reputare che sussistono le condizioni minime per mettere in campo l’iniziativa di presentare il partito a Roma e nel Lazio senza avere un'idea comune su ciò che intendiamo ciascuno realmente su quei contenuti guida che si andranno ad esplicitare nel presentare il partito pubblicamente.
Preoccupazione non solo mia, ma anche, per quello che ho potuto cogliere nella riunione di martedì scorso,anche di altri amici, pur se con sfumature diverse.
Il problema centrale è che, sebbene da tempo ne chiediamo l’elaborazione, manca ancora un vero programma attualizzato ai temi, quantomeno essenziali che affliggono l’Italia ed il mondo.
Così se andiamo a parlare di pace, se non individuiamo unitariamente, e questo lo si può fare in seno agli organi a ciò deputati, in primis il C.N. e poi la Direzione nazionale, quale contenuto, dimensione e piegatura vogliamo dare, per poter parlare tutti all’unisono, su quello che può essere un certo lessico e una semantica comune sui temi essenziali,rischieremmo di fare un concerto a mille voci, ove come una Babele, ognuno dice la sua.
Preoccupazione resa ancora più cogente dal fatto che nel nostro interno, abbiamo amiche ed amici appena arrivati, qualcuno/a con un background, ed un profilo che continua a connotare l’attività diciamo in qualche modo, in questa legislatura europea, di antisistema e di antipolitica, (almeno nelle funzioni di parlamentare, ove come gruppo non appartiene né alla DC (Italia),che nella rappresentanza europea non c’è, ne’ al Ppe), poco compatibile con le tradizionali posizioni che ha saputo esprimere il partito, dall’europeismo di cui è stato protagonista cofondatore, alla cultura e al rispetto delle Istituzioni senza mai cadere nella demagogia e nel populismo parlamentare e di piazza.
L’iniziativa pertanto, che in tutta fretta si vuole fare, di presentare pubblicamente il partito a Roma e nel Lazio,senza che neanche noi riusciamo ad essere nelle riunioni in un numero che vada oltre le dita di una mano, quando ci va bene, mi pare un azzardo assai avventuroso.
Un flop ci farebbe chiudere bottega.
Di certo non aiuta un Commissariamento che non riesce a cogliere nei dibattiti interni il giusto focus sulle tematiche interne, organizzative e di contenuti.
Proponendo a proposito dell’iniziativa di presentare il partito in conferenza all’esterno, slogan illogici e bizzarri come “Vogliamo avere il diritto di fare il proprio dovere”.
Un vero e proprio ossimoro, perché fare il proprio dovere significa adempiere ad un obbligo, mentre se lo si mette come diritto diviene facoltativo, nel senso che quel compito o quella funzione si può esercitare o no a discrezione del titolare: così lasciando intendere che anche adempiere ad un dovere sarebbe appunto affidato alla mercé di ogni persona, con tutte le conseguenze di un messaggio devastante per un consorzio civile e un buon governo della cosa pubblica, finendo per dare all’opinione pubblica la percezione di un progetto che persegue sostanzialmente il caos e l’anarchia nelle istituzioni.
Slogan che non aiutano a cogliere davvero i veri problemi che attendono urgenti soluzioni.
Nel nostro paese il problema è al contrario e cioè proprio chi ne è obbligato per funzione, spesso non fa il proprio dovere: dalla PA a tanti altri comparti, tant’è che la magistratura amministrativa ha coniato da tempo la figura dell’eccesso di potere.
Ancora più stupefacente l’insistenza mostrata, sul focus dei diritti oltre che dei doveri.
Di paladina dei diritti abbiamo già la Schlein, e per questo basta ed avanza, impegnata, con determinatezza a tentare di introdurne di nuovi, tesi ad alterare l’istituto della famiglia e tanto altro, poco compatibili, con il nostro impianto costituzionale, quando oggi la questione focale è che la maggior parte delle famiglie e delle persone stenta sempre di più, di giorno in giorno, a mettere insieme in casa il pranzo e la cena, e a formarsi una famiglia, tra lavoro precario e retribuzioni sotto quei livelli che a norma di Costituzione possiamo osare di affermare di non essere minimamente dignitose.
E che dire dello sprofondo in cui stanno portando la sanità?
E della deleteria conseguenza che si riesce a curare nei tempi ragionevoli solo chi ha la fortuna di potersi permettere un'assicurazione sulla salute?
Non parliamo poi delle fosche prospettive per le nuove generazioni, già frustrate da un clima generale che induce al pessimismo nel pensare al futuro e alle preoccupazioni per i tanti tamburi di guerra che stanno echeggiando in diverse aree del mondo, e tanto più minacciosi per l’Europa quei fronti che si sono aperti sotto i nostri confini europei.
In questa chiave e non solo riusciamo a leggere con più aderenza la ragione della profonda disaffezioni dei giovane, e non solo, nella funzione della politica e nella affidabilità dei partiti, (il sempre più clamoroso astensionismo, appunto, la dice lunga)apparendo sempre più evidente lo iato tra ciò che si promette in campagna elettorale e quello che poi si fa una volta conquistate le stanze del potere, attraverso un impudente trasformismo che ha pervaso tutto il sistema dei partiti.
Pesa poi il fatto che il partito non ha trovato finora nessuna visibilità su alcuno degli argomenti base che connotano la vita economica e sociale del paese in riferimento ad un progetto generale, che purtroppo ancora di stenta a varare: tra l’altro a Roma e nel Lazio non abbiamo ancora un termine di paragone sufficiente riguardo ad un ipotetico gradimento dell’elettorato non essendosi presentato il partito con proprio simbolo in nessuna delle competizioni che ci sono stati in questi ultimi tre anni.
Mentre agli occhi dell’opinione pubblica si è sempre più assimilati al profilo di quelle forze politiche con cui finora ci siamo apparentati(FI e Udc)
L’unica visibilità la trova nei media Totò Cuffaro.
Di certo pesa il fatto di essere stato governatore della Regione Sicilia per quasi due legislature,
Ma, a parte la stampa locale che può immaginarsi più indulgente, l'attenzione sottende spesso alla base un’ostilità preconcetta( consideriamo che la carta stampata è prevalentemente in mano a potentati della sinistra radical chic e lobby dei diritti “allargati” che non nascondono una visione di parte, talora anche “giustizialista” che si annida nei report informativi, soprattutto, come dicevo, in buona parte della stampa nazionale, al punto da chiedersi quanto quella visibilità faccia bene al partito.
Va da se’ pertanto che occorre un confronto serio e approfondito che ci dia la reale situazione del paese e degli attuali bisogni, istanze e aspettative che attraversano le nostre comunità, e ci consenta anche di cogliere nella sua cruda realtà le complesse conflittualità che si stanno profilando in vaste aree del mondo, con due guerre in corso, oltre a quelle endemiche - che di tanto in tanto, si rinfocolano in tante regioni continentali - per trarre un progetto e un programma aderente e coerente con quella che può essere la visione del partito sulla scia di quanto affermiamo essere i nostri principi ispiratori: dal pensiero di don Sturzo, alla dottrina sociale della Chiesa, per quale convivenza geopolitica ed ecosostenibile,( con tutti questi venti di guerra)quale visione di Europa e quale qualità della vita nel nostro paese vogliamo.
Al contempo come ridare linfa all’idea di fare una famiglia, quale futuro vogliamo assicurare alle giovani generazioni, spesso costrette a trovare il giusto riconoscimento delle proprie competenze e dei propri meriti fuori dall’Italia, oltre ad un sistema produttivo meno distratto sulle perequazioni salariali tra uomo e donna e sui livelli di retribuzione in generale, stante una inflazione che non accenna a invertire la rotta: in questo i sindacati dovrebbero essere più uniti.
Insomma ce n’è tanto perché non sia inappropriata la cogente esigenza di affrettarci ad elaborare un nuovo modello di società sulla scia dei principi e valori, cui ho fatto prima cenno,in versione attualizzata, se non vogliamo mettere a repentaglio la nostra credibilità di partito e trovare poco ascolto o peggio indifferenza da parte dell’elettorato più o meno avveduto( come è successo la settimana scorsa in Trentino, dove per superare la difficoltà di non riuscire a raccogliere le firme, la lista con l’Udc ha portato il partito ad un flop impietoso).
Ma lo stesso sarebbe stato se ci si fosse messi sotto l’ombrello di FI, che mi pare anch’essa non abbia superato lo sbarramento della percentuale minima di voti.
Di certo sia l’Udc in misura maggiore, che esiste oramai come supporto a qualche resistente ambizione personale, che FI, sono oramai in una fase di crepuscolo avanzato e non potranno essere i nostri partner o sponsor, perché oltre a trasmetterci una identità che poco ha a che vedere con i nostri principi, ci trascinerebbero con il loro tracollo verso una sconfitta irreversibile, perché sarà poi difficile scrollarsi da una certa percezione identitaria deformata.
E al Segretario Totò Cuffaro che afferma che “Il centro rinascerà attorno a FI e al Ppe", rispondo che è una previsione ingenua perché la DC non è forza gregaria, per lo più di una formazione politica che è in liquefazione come peraltro dimostrano questi ultimi esiti elettorali (lo stesso Galliani nel collegio che fu di Berlusconi ha vinto in un quadro di partecipazione che ha appena superato il 10 per cento di elettorato), ma propulsiva e lungimirante e non ha nulla a che spartire con partiti padronali e aziendalisti, senza una vera democrazia interna, come Forza Italia.
Quanto al Ppe, intanto ancora non ne facciamo parte, quindi attendiamo che ci accolgano, ma teniamo presente che anche lì c’è da tempo la tentazione, da parte del presidente Manfred Weber, di uno spostamento a destra dell’asse, con il rischio di trovarsi vicini di banco le formazioni dell’altra destra dell’Afd tedesca, in forte rimonta in Germania, di M. Le Pen e dello stesso Orban, fuoruscito dal Ppe, anche se le diverse diverse critiche da parte di altri partner in seno al Ppe stanno facendo ricredere Weber da questo avventuroso progetto.
Penso che la prossima Direzione potrà essere il luogo dove discutere di queste cose.
Luigi Rapisarda